San Marino. Don Gabriele Mangiarotti: “Tra i piccoli stati, segno di un speranza affidabile”

San Marino, tra i «piccoli stati», segno di una speranza affidabile

 

Leggo questo titolo sui notiziari sammarinesi: «Cop26, bilancio per San Marino: “Il Paese ne esce arricchito, piccoli Stati terreno di sperimentazione”».

Capisco che è questa la nostra caratteristica: concretizzare, nella consistenza della nostra esperienza, delle realizzazioni che possono diventare una ricchezza per tutti. Già lo ricordava il Ministro degli Affari Esteri di Malta, all’incontro in occasione dell’insediamento dei Capitani Reggenti nel 2017, così dichiarando: «Non ho mai smesso di credere che i piccoli Stati svolgano un ruolo importante sulla scena internazionale. Non tanto nel determinare situazioni difficili in materia di sicurezza, ma sicuramente nel contribuire ad un’agenda mirata, autentica e basata sui valori.

Come Ministro degli Affari Esteri ho imparato ad apprezzare appieno questa caratteristica.

In larga misura, il successo della politica estera di Malta nel corso dei decenni e? stato determinato dal principio secondo cui le dimensioni territoriali non possono limitarne in alcun modo la visione e l’efficacia.»

L’avere meno vincoli burocratici, il contesto «familiare» della nostra convivenza civile, le relazioni articolate e vivaci tra le varie componenti della vita comune, rendono possibile che il tentativo sia sostenuto dall’interesse comune e dalla possibilità rapida di correzione. Certo, senza nascondersi i limiti generati dalla comunanza di interessi concreti, ma certi che la prossimità aiuta anche nella rettifica.

La ricchezza che può venire al Paese mi ha sollecitato a ripensare la grandiosa esperienza dei giovani della Rosa Bianca, con il loro impegno per promuovere, nel terribile tempo del nazismo, una proposta di libertà rivolta a tutto il popolo tedesco. Erano una piccolissima minoranza, ma ha segnato, anche col loro sacrificio, la storia intera, non solo della loro nazione ma, in qualche modo, dell’intera Europa.

Ricordare la loro esperienza potrà dare al nostro cammino comune la consapevolezza della responsabilità che ci è affidata e il coraggio per intraprendere vie nuove e antiche di azione sociale e politica. Ma non dobbiamo pensare che ci voglia l’eroismo di questi grandi giovani per rendere possibile quella bellezza della vita che ci rende fieri di appartenere a questo nostro mondo.

San Giovanni Paolo II, parlando di s. Benedetto, ricordava che il santo aveva reso quotidiano l’eroico e che aveva vissuto eroicamente il quotidiano. E per fare questo basta solo avere una grande umanità, con queste parole: «Benedetto, leggendo i segni dei tempi, vide che era necessario realizzare il programma radicale della santità evangelica, espresso con le parole di san Paolo, in una forma ordinaria, nelle dimensioni della vita quotidiana di tutti gli uomini. Era necessario che l’eroico diventasse normale, quotidiano, e che il normale, quotidiano diventasse eroico.»

In questi giorni, la liturgia della Chiesa ci ha mostrato la figura di quella povera vedova che aveva messo i pochi spiccioli che possedeva nelle casse del tempio di Gerusalemme, e Gesù, vedendola, disse di lei cha aveva dato più di tutti, tutti quei grandi ricchi che avevano gettato parte del loro superfluo nella cassetta delle offerte.

I Capitani Reggenti hanno parlato dei «piccoli Stati terreno di sperimentazione». Sarà questa la «sperimentazione» di noi, piccoli stati? Sarà certo un contributo insostituibile, e in questi giorni ci sembra così necessario.

Ed è contributo non solo necessario, ma anche possibile, se pensiamo a quanto abbiamo appreso in questi giorni, quando Giuseppe Conte ha così parlato sul suo profilo Facebook della mamma di Bryan Toccaceli: «Sabrina assiste suo figlio Bryan 26enne, rimasto paralizzato dopo un incidente, 24 ore su 24. Per permetterle di farlo, in molti le hanno “regalato” i propri giorni di ferie retribuiti. Colleghi, conoscenti, ma anche persone che non la conoscevano personalmente. Si chiama solidarietà. Questa storia che arriva da San Marino ci racconta che i gesti delle persone comuni, di chi vive fuori dal Palazzo, sono spesso più avanti di certa politica.»

Lontani o vicini, eroici o quotidiani, i gesti dell’umanità sono l’unica possibilità di ripresa di un popolo, del nostro popolo. L’inno alla vita della Rosa Bianca col sacrificio dei loro giovani protagonisti e l’umile e concreta solidarietà dei colleghi e colleghe di Sabrina ci mostrano che in questo mondo può crescere un altro mondo, quello che tutti noi desideriamo. Il fatto che sia possibile rafforza la speranza.

 

Gabriele Mangiarotti