Quando l’arte diventa propaganda
I manifesti la cui descrizione varia continuamente, da «immagini pornografiche gay» a «immagini stampate su manifesti» hanno invaso il nostro spazio pubblico, che però, crediamo non possa essere spazio di propaganda unilaterale.
Stupisce che la spiegazione dell’operazione continui a cambiare e le parole più provocatorie compaiono e scompaiono con velocità variabile, (da memoria «inconscia» a memoria sic et simpliciter) per cui la presenza di tali immagini in particolare ai lati della superstrada (l’arteria di collegamento che recide la viabilità pedonale e polarizza i luoghi di ritrovo dei cittadini) diventa occasione di propaganda omosessualista.
Come sempre, ciascuno ha il diritto di pensare come vuole, ma non quello di invadere la coscienza dei cittadini usando lo spazio pubblico, come grida senza contraddittorio.
Per cui accade che i piccoli, che non sono abituati a queste immagini che, nel particolare, sembrano senza senso, continuino a chiedere che cosa significano? E, se si scandalizzano i piccoli, viene in mente la terribile affermazione di Gesù: «Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare. Guai al mondo per gli scandali!»
Lo scopo di tale «ostensione» è forse quello di rivolgersi «alla memoria dei primi avvicinamenti umbratili e a tutti coloro i quali vivono (o hanno vissuto) difficoltà a compiere coming out nel contesto Sammarinese. Dal 2019 San Marino ha avviato un processo di tutela dei diritti della comunità LGBTIQ+ ancora in corso che allinea il piccolo stato alle altre democrazie occidentali»?
Allora sia chiaro che non di mostra o «opera d’arte pubblica» si tratta, ma di pura propaganda. Sia chiaro lo scopo e siano chiari e dichiarati gli strumenti per ottenerlo.
Don Gabriele Mangiarotti