San Marino. Dr Manzaroli: “Necessario patto fra generazioni”

Negli ultimi decenni si è fatta una gran confusione fra PREVIDENZA e PENSIONI, quasi fossero la stessa cosa.
Non lo sono.
Previdenza significa letteralmente” qualità di chi o di ciò che è previdente”, vale dire ”di chi prevede prima che avvenga“.
La pensione è una rendita a vita frutto della previdenza che ognuno dovrebbe esercitare direttamente o, attualmente, tramite la contribuzione obbligatoria statale che scatta dal primo giorno che un cittadino inizia a lavorare.
Si tratta cioè di un risparmio obbligatorio in previsione del futuro.
In altre parole, ciascun lavoratore mette da parte mese dopo mese le risorse che gli serviranno quando smetterà di lavorare. Queste risorse ovviamente devono essere adeguate a garantire un vitalizio compatibile allo stile di vita che ci si vuole garantire.
Risparmiamo oggi per garantirci finanziariamente domani.
Non ci sono alternative a questo perché è alla base di un patto fra le generazioni che garantisce una equità fra le stesse e quindi una solidarietà sostenibile ed accettabile per tutti.
L’idea di avere pensioni più elevate rispetto ai contributi realmente versati è un furto verso i giovani che quando diverranno anziani non troveranno più le risorse adeguate a fornirgli pensioni corrispondenti ai loro versamenti e così pure l’idea di andare in pensione sempre più presto.
L’elemento chiave da considerare è naturalmente l’aspettativa di vita che, come noto e per fortuna, è notevolmente aumentata rasentando attualmente i novanta anni nelle donne e superando gli ottanta nei maschi.
Aspettativa di vita ed età di pensionamento ovviamente non possono essere disgiunte. è proprio l’aspettativa di vita che deve determinare l’età di pensionamento e non semplicemente il numero di anni di contribuzione perché se si vive di più, si percepirà la pensione più a lungo e quindi il sistema andrà rapidamente verso la insostenibilità.
E’ questo l’unico modo equo che può consentire un rinnovato patto fra le generazioni.
Fra l’altro, con l’introduzione del sistema contributivo, nulla impedisce sia la possibilità per chi lo desidera di continuare a lavorare oltre il limite di età previsto, o, al contrario, di andarsene in pensione prima, riscuotendo però un vitalizio più basso in quanto il cumulo di versamenti versati si dovrà spalmare su un numero maggiore di anni di pensionamento.
La Previdenza non è solo un sistema di risparmio obbligatorio che consente di pagare vitalizi ai pensionati tramite i contributi versati dagli attuali lavoratori.
E’ molto altro.
Si tratta di un complesso apparato dello Stato che ha istituzionalizzato una serie di provvedimenti sempre più estesi ed onerosi previsti per l’assistenza pubblica: indennità di malattia, indennità di gravidanza, pensioni sociali ai portatori di handicap, alle casalinghe, permessi sindacali, permessi sportivi, permessi per assistere figli minori o famigliari fragili e molto altro che non cito per non dilungarmi.
Tutti questi interventi hanno finito per determinare un modello di welfare state elefantiaco ed estremamente assistenziale che non ha il solo difetto della non attuale sostenibilità finanziaria.
A mio modesto parere, ne ha uno ben più grave e pericoloso: ha contribuito alla formazione di una sottocultura del tutto dovuto, dell’irresponsabilità, del disprezzo del lavoro e del fare come strumenti essenziali della propria dignità e soddisfazione.
Ne è derivato un vulnus sempre più grave ed evidente alla capacità dell’individuo di sentirsi protagonista ed artefici della propria vita.
Lo Stato mamma con il suo assistenzialismo pervadente ed ubiquitario produce cittadini-bambini, mai adulti, mai responsabili, sempre insoddisfatti e rancorosi.
Rivedere anche questa selva di prebende statali, razionalizzandole, riducendole all’essenziale, rimotivandole, sarebbe non semplicemente un’operazione finanziaria dettata dalla crisi economica ma un’operazione di rifondazione della Repubblica e dei valori condivisi dei suoi cittadini.

Dario Manzaroli su Repubblica Sm