“Ho tanti fiori bellissimi,” diceva il Gigante egoista di Oscar Wilde “ma i bambini sono i fiori più belli di tutti.” Tuttavia rinchiusi da troppo tempo nelle case, quei fiori corrono il serio rischio di appassire. Ne abbiamo parlato con il responsabile del servizio minori, il dott. William Giardi.
Dottore, abbiamo appreso dalle sue parole che il servizio minori non ha chiuso i battenti e che continua a seguire i casi che aveva in carico. Il rischio però è che i bimbi chiusi in casa senza vedere i compagni diventino tutti problematici. In redazione ci giungono notizie di bambini che non avevano alcun problema e che improvvisamente regrediscono arrivando a non parlare più o ad essere violenti. Quali consigli può dare alle famiglie?
“In questa situazione dettata dal Covid 19, come in altre situazioni difficili, i bambini possono rispondere in diversi modi: aumentando la dipendenza dagli adulti di riferimento, manifestando ansia, rabbia o agitazione, ritirandosi, presentando incubi, enuresi notturna, frequenti cambiamenti d’umore, ecc. Tra la miriade di informazioni e consigli ritengo tra i più attendibili siano quelli forniti dalle linee guida della Rete per la Salute Mentale e il Supporto Psicosociale: selezionare le informazioni ed evitare il sovraccarico di notizie ansiogene perché i bambini hanno bisogno di informazioni chiare e semplici. Le notizie vanno filtrate e spiegate in base all’età. Incoraggiare l’ascolto attivo e un atteggiamento comprensivo con i bambini, perché i bambini si sentono sollevati se possono esprimere e comunicare la loro inquietudine in un ambiente sicuro e supportivo. Fondamentale è anche la congruenza tra le nostre parole e i nostri comportamenti: se alle parole “Andrà tutto bene, non c’è da preoccuparsi” farà seguito una spesa al supermercato come se non ci fosse un domani, il bambino inizierà a chiedersi se fa bene a credere e fidarsi dell’adulto. Conservare le abitudini e i riti quotidiani mantenendo il più possibile orari regolari per ciò che concerne i pasti e il sonno ed essere guidati in attività scolastiche, di gioco, di relax e altre attività sociali.
Domandare aiuto per noi stessi. Se non si riesce a gestire le proprie ansie e tensioni, non si può dare sicurezza ai nostri figli”.
Non sempre i genitori sono all’altezza della situazione, già prima dell’emergenza in tantissimi non si rendevano assolutamente conto dei rischi legati all’esposizione prolungata dei bambini ai dispositivi elettronici. Oggi è addirittura la scuola che lo richiede e c’è persino chi parla di modello da seguire anche per il futuro. Non sono opportune riflessioni in questo senso?
“La protratta esposizione ai dispositivi elettronici è sicuramente un problema che, anche se antecedente alla pandemia da coronavirus, si è acuito con l’obbligo di passare tanto tempo a casa. La direttiva dell’OMS vieta completamente l’esposizione a televisione o al computer per bimbi d’età inferiore ai due anni mentre, i più autorevoli esperti, consigliano per i più grandi un tempo massimo di 1 – 2 ore al giorno. Nella necessità di dover stare molto tempo al pc per esigenze didattiche, si consiglia l’assunzione di una postura corretta ed il mantenimento di una distanza di 40 – 60 cm dal video, in una stanza senza fonti di luce dietro allo schermo. Tuttavia, a mio parere, l’attività didattica viene svolta sotto la guida di professionisti che propongono una qualità di contenuti ben diversa dai programmi visti ininterrottamente dai bambini, spesso soli davanti allo schermo. Le lezioni di didattica per i temi trattati e per le modalità con cui sono svolte non genereranno sicuramente mai una dipendenza. Se mi si permette una battuta, tra i tanti problemi che l’utilizzo dei dispositivi elettronici possono determinare, non sarei affatto preoccupato se i miei figli sviluppassero una dipendenza dalle lezioni di matematica, storia o geografia”.
Di questi rischi quasi nessuno parla come se l’emergenza imponesse di rimandare al dopo la ‘conta dei danni’. Non sarebbe meglio cercare di prevenirli?
“La prevenzione rappresenta sempre la miglior cura. I suggerimenti che ho in precedenza menzionato o il supporto che in questo momento può offrire il Servizio Minori non sono una terapia, ma certamente possono essere terapeutici.
Ritengo che i veri danni psicologici sui minori, sulle persone sottoposte a quarantena, sui sanitari in “prima linea” e su tutti noi, si sentiranno maggiormente a emergenza finita. E’indubbio che, con il protrarsi dei giorni e delle settimane, la perdita della propria dimensione di normalità e le limitazioni della propria libertà produrranno ripercussioni su un piano psicologico sempre più evidenti e ci saranno esiti e cicatrici di cui occorrerà occuparsi. In questo momento possiamo mettere in atto “strategie” per la riduzione dei danni e preparare delle task force in grado di poter ripristinare l’equilibrio psichico e la salute mentale di ognuno”.
Come si spiega a un bambino che deve rimanere lontano dai nonni?
“I bambini necessitano di informazioni chiare e veritiere che devono essere filtrate in base all’età per essere comprese. E’necessario mettere in pratica ed insegnare ai bambini le norme di comportamento indicate dagli esperti e, senza creare allarmismi, spiegare che alcune persone di una certa età, come quella del nonno, sono più esposte di altre ai pericoli di questo nemico invisibile, che il nonno va protetto e che per farlo per un po’ di tempo dobbiamo sentirlo per telefono o vederlo con videochiamate”.
E soprattutto di che genere di sostegno ha bisogno quando improvvisamente gli viene comunicato che il proprio nonno o la propria nonna è venuta a mancare e non può dirgli nemmeno addio il giorno del funerale?
“L’annuncio della morte di un familiare è un momento drammatico per tutti in ogni momento e può esserlo anche per i bambini. I bambini fino a tre anni difficilmente distinguono cose vive e non vive, ma percepiscono bene l’atmosfera e le emozioni, crescendo comprendono la differenza tra la vita e la morte, ma è difficile per loro coglierne la irreversibilità, in seguito, tra i nove e i dodici anni, sanno che ciò che vive può anche morire. Alcuni consigli: Avvicinare il bambino piccolo alla verità, se ancora non conosce il concetto di morte, in modo graduale, con frasi del tipo: “il nonno è partito per un lungo viaggio e per un po’ non lo rivedremo” non significa mentire ma affrontare l’evento rispettando i modi ed i tempi giusti. Non vedendo più il nonno si abituerà con il tempo alla sua assenza. La manifestazione della sofferenza legata alla perdita non va mai nascosta, anzi è opportuno restituire un significato di normalità ai vissuti di dolore, tristezza e rabbia che ne conseguono. La sofferenza va inoltre condivisa con frasi tipo: “Ti capisco, manca anche a me!”. E’ importante trasmettere al bambino il messaggio che la vita continua e che altri momenti felici ci attendono. E’ utile sottolineare che, anche se non rivedremo più il nonno, il suo ricordo rimarrà sempre con noi, così come i suoi insegnamenti, facendo passare l’idea che chi muore lascia comunque una traccia ed un’eredità nel presente.
Purtroppo le norme contro la diffusione del virus hanno portato al divieto della celebrazione dei funerali, rito estremamente utile per l’elaborazione del lutto e per la condivisione della sofferenza con la comunità soprattutto per gli adulti. Terminata l’emergenza ci sarà l’opportunità di portare i nostri bambini al cimitero per spiegare dove riposa adesso il loro caro, anche solo dicendo: “In questo momento dorme qui, ma continua a vivere in noi e attraverso di noi, che ne manteniamo vivo il pensiero anche andando a trovarlo”.
Olga Mattioli