In un “oceano” affollato di capitani alla deriva, impegnati a navigare a vista e senza meta, c’è qualche nave che procede dritta e spedita verso la destinazione finale. Una metafora, questa, che si addice alla perfezione allo stato del Governo sammarinese.
Non ho mai nascosto le mie preoccupazioni per la scarsa progettualità e pressochè inesistente sinergia fa le dieci Segreterie di Stato del Titano. Una problematica che, se non verrà superata, potrebbe compromettere il futuro -non solo economico e finanziario- della Repubblica e della sua comunità.
In questo contesto, però, mentre l’azione di alcune Segreterie di Stato appare controversa -ad esempio in ambito sanitario, come evidenziato dal successo di una iniziativa referendaria propinata per rimediare a scelte politiche e peggiorative del servizio in ambito di assistenza medica extraospedaliera-, pur in un progetto “scollegato” e non proprio di un piano globale, c’è chi fa fare passi da gigante a certi comparti. Come, per citarne uno, la Giustizia.
Dal 2020 ad oggi, sotto la guida di Massimo Andrea Ugolini (Pdcs), grazie all’azione della Segreteria di Stato competente, l’ordinamento giudiziario sammarinese sembra aver fatto passi da gigante, in un cammino che non accenna a terminare. Se sono già “a regime” riforme come quella Costituzionale dell’Ordinamento Giudiziario, quella del Codice di Procedura Penale, quella sulle astensioni e ricusazioni dei giudici e quella di modifica al Codice di Procedura Civile, si appresta a varcare la soglia del Consiglio del Consiglio Grande e Generale una ennesima Legge in materia, finalizzata a superare la annosa problematica della durata talvolta irragionevole dei processi. Una problematica che espone la Repubblica di San Marino a ricorsi Cedu, con tutto ciò che in termini economici e di immagine internazionale questo comporta.
Si tratterà di un articolato di legge mirato a concretizzare il principio -oggi latente- di ragionevole durata del processo, ovvero quel diritto di ricevere equa sentenza definitiva in tempi ragionevoli, che la Carta dei Diritti dell’Uomo -che anche la Repubblica ha sottoscritto- riconosce ad ogni individuo.
Ma perchè si tratta di un provvedimento così importante, che non interessa soltanto coloro che ne andranno direttamente a beneficiare, ma l’intera Repubblica? Semplice, perchè ogni condanna inflitta ad un Paese dalla CEDU ha ripercussioni pesanti sia sulla reputazione internazionale dello stesso Paese. Perdipiù, oltre a determinare più o meno ingenti oneri finanziari, ogni sentenza di questa Corte sovranazionale può rappresentare un -per certi versi- “pericoloso” precedente giurisprudenziale capace in casi limite di inficiare l’effetto una norma, creando così un mai auspicabile vuoto normativo.
Era necessario intervenire… E finalmente il Governo interviene. Sarà in grado di farlo, in tempi “ragionevoli”su altrettante impellenti necessità? Purtroppo, credo di no… Ma questa è un’altra storia. Oggi concentriamoci su una azione concreta messa in campo.
Non è dato a sapere come, tecnicamente, il legislatore -o meglio i tecnici della Segreteria di Stato alla Giustizia- intendano concretizzare questo importante principio di “ragionevole” durata dei processi. La bozza sembra essere a buon punto, come ha spiegato ieri -nella conferenza stampa del Congresso di Stato- lo stesso Ministro Ugolini.
A rigor di logica dovrebbe venire fissato un termine massimo di durata dei processi civili e penali che dovrebbe prevedere, con precise tappe temporali per ogni grado di giudizio, un massimo di circa 6 anni fra l’avvio del procedimento e la sentenza definitiva. Tempi più ristretti, invece, saranno concessi per le vicende di ambito amministrativo. Il tutto messo nero su bianco, con precise disposizioni che permettano a chi non vede soddisfatta questa aspettativa di giudizio, di ricorrere in sede sammarinese per ottenere ciò che, con le norme attuali, avrebbe potuto ottenere solo con un costoso ricorso alla Corte Internazionale.
Ma, una norma simile non potrà prescindere dal rappresentare un imperativo anche per la Magistratura. Del resto, la “lungaggine” dei processi è determinata dall’inefficienza di un “ufficio” o dal sovraccarico di pratiche affidate allo stesso. Ragion per cui, se ben fatta -e non c’è motivo di dubitarne viste le riforme precedenti- questa nuova normativa dovrà prevedere anche una sorta di verifica sull’efficienza e l’operato del giudice titolare di un procedimento che non ha rispettato le tempistiche imposte.
Al tempo stesso, dovrà saper prevenire la “furbizia” di certi legali difensori, spesso capaci di procrastinare all’infinito con artifici più o meno moralmente legittimi, la durata dei processi fino alla loro naturale prescrizione del reato.
Da questa norma, se ben fatta, ne uscirà una Giustizia più -si scusi il bisticcio dialettico- giusta. Dove diritti e doveri saranno chiari e invalicabili. E dove anche il Giudice -come l’avvocato o chiunque altro- potrebbe subire un giudizio… Ma, soprattutto, si ridurrà sensibilmente il rischio di vedere la Repubblica di San Marino, con la sua storia e il suo prestigio di più antica terra della libertà, alla “sbarra” in un “processo” internazionale.
Enrico Lazzari