San Marino e i dazi USA per l’UE: un’occasione d’oro da cavalcare… Ma con la giusta dose di furbizia! … di Enrico Lazzari

Cari sammarinesi, preparate i calici, ma non di quel vinello da osteria: qui si brinda a un’opportunità che potrebbe trasformare il Titano in un piccolo Davide contro il Golia globale, sempre che non ci si accontenti di fare la comparsa in questo gran teatro commerciale!

L’accordo USA-UE del 28 luglio scorso, con i suoi dazi al 15% per l’Europa e il non modificato “misero” 10% per voi sammarinesi, vi pone su un palcoscenico dorato: saprete ballarci sopra senza pestarvi i piedi? O finirete – come al solito, verrebbe da dire – a guardare lo spettacolo con i popcorn in mano, mentre altri recitano ruoli da protagonisti beccandosi fragorosi applausi? 

Enrico Lazzari

L’Europa, con il suo biglietto da 15% su quasi tutto ciò che spedisce oltreoceano – dalle auto di lusso, scese dal 27,5% al 15%, al Prosecco che i newyorkesi sorseggiano nei loro loft – si becca una mazzata extra, al 50%, su acciaio, alluminio e rame, come se fosse una punizione divina per aver inventato l’euro. E voi? Grazie a un colpo di scena degno di un film di Tarantino, pagate solo il 10%, su tutto, ricercatissimi metalli inclusi. Tradotto: un vantaggio del 5% su vini, formaggi e macchinari, e un colossale 40% su acciaio, alluminio e, soprattutto, rame rispetto ai cugini italiani, toscani ed emiliani, che già – sono pronto a scommetterci – vi guardano con l’invidia di chi è rimasto fuori dalla discoteca.

Parliamo, ad esempio, di agroalimentare e vini, visto che il Titano si erge al cielo tra la Toscana del Chianti e l’Emilia-Romagna del Lambrusco. Un produttore italiano di vino paga il 15% per avere le sue bottiglie a Manhattan; un sammarinese, con la stessa tipologia di vino, se la cava con il 10%. Questo significa prezzi più competitivi del 5% circa, che in un mercato dove un calice dei vigneti dello “Stivale” è ammirato come un pozzo nel Sahara, può fare la differenza. E non dimentichiamo, poi, i formaggi, i salumi, le marmellate, i tartufi… Il “Made in San Marino” potrebbe infilarsi nelle tavole yankee come un coltello nel burro, d’arachidi nel caso, se solo si avesse la lungimiranza di non limitarsi a vendere caciotte al mercato di Borgo Maggiore. 

Ma attenzione, cari miei: guai a fare i fenomeni con gli States e il loro “capo-testa-calda” Donald Trump! Se vi mettete a giocare ai moralisti internazionali, magari accodandovi alle sirene del riconoscimento della Palestina o lanciando strali contro Israele, alleato di ferro degli americani, rischiate di far saltare il banco. Trump non è tipo da porgere l’altra guancia: un tweet al vetriolo e il vostro bel 10% potrebbe diventare un ricordo. Quindi, con un occhio al miliardo e passa di debito pubblico – che non sono quisquiglie per un piccolo Stato come San Marino – meglio tenere la bocca chiusa sulle crociate geopolitiche e concentrarsi sul fare cassa, che di prediche ne avete già abbastanza la domenica in Basilica.

Fino ad oggi, il mercato americano non è stato esattamente il vostro El Dorado. Nel 2024, secondo dati freschi, San Marino ha esportato verso gli USA circa 54 milioni di euro, un balzo rispetto ai 18,5 milioni del 2022, ma briciole rispetto al potenziale che si apre ora. Macchinari industriali, ceramiche, vini, integratori e qualche mobile di design: questo è il vostro biglietto da visita oltreoceano. Non stiamo parlando di cifre da far tremare Wall Street, ma di un flusso che, con un dazio al 10%, potrebbe crescere più velocemente di un cinghiale affamato in un campo di mais, mangiando sereno e senza il timore di finire nel mezzo di una “braccata”.

L’Italia, per confronto, spedisce 67 miliardi di euro l’anno negli USA, con un avanzo commerciale di 42 miliardi. Voi siete, rispetto a questi, una goccia nel loro mare, ma una goccia che, con il giusto vento, potrebbe diventare un’onda.

E allora, cosa può fare il Titano, senza chilometri di vigneti o fabbriche da Silicon Valley? Non serve essere giganti per giocare a scacchi con i grandi. La via più breve sarebbe diventare un hub di re-export, un asso nella manica per aziende italiane ed europee: un produttore di acciaio romagnolo apre una filiale sul Titano, spedisce da lì e risparmia il 40% sui dazi. È come invitare qualcuno a cena e farsi pagare il conto! Ma è inutile farlo così: non creerebbe indotto né darebbe un impulso importante all’economia sammarinese. Meglio seguire una strada diversa: vuoi spedire da San Marino? Produci, davvero, a San Marino… E ciò eviterebbe anche possibili tensioni con l’Italia e con l’Ue.

Poi c’è l’agroalimentare di nicchia: vini e prodotti biologici, con cooperative locali e un marketing che non sembri uscito da un volantino del macellaio sotto casa. Farmaceutica e semiconduttori? Con il 5% di vantaggio, diventa più facile attirare startup tecnologiche che vogliono esportare senza svenarsi. Ma qui torniamo al ragionamento solito su San Marino Innovation, che comunque oggi sembra essersi data una scossa, almeno a livello di organizzazione dirigenziale. 

San Marino potrebbe diventare “la porta d’accesso agli USA”, con il tappeto rosso steso. Un “paradiso” per aziende che vogliono “sfondare” nel mercato americano senza pagare il prezzo pieno dei dazi. Sembra facile, no?  Ma non lo è: non basta aprire le porte: servono infrastrutture moderne, burocrazia snella, realtà di supporto efficienti, incentivi fiscali e contributivi, logistiche decenti, non stradine dove i camion fanno la gincana fra le auto parcheggiate. Poi, la promozione internazionale, magari affidata anche ai non pochi ambasciatori sparsi per il mondo, che non sia un cartellone sbiadito lungo l’A14. E, soprattutto, serve un governo che non si accontenti di fare il compitino, ma che giochi d’azzardo con la furbizia di chi sa bluffare al tavolo e al momento giusto.

Cari sammarinesi, il dazio al 10% è come un biglietto della lotteria: potrebbe cambiarvi la vita, ma solo se lo giocate bene. Potete diventare il piccolo genio che dribbla i colossi europei, trasformando il Titano in un hub commerciale da fare invidia ad Amburgo o Barcellona, oltre che a mezza Penisola. Oppure potete starvene seduti, a guardare l’Italia e l’Europa litigare con Trump, continuando a limitarvi a vendere qualche bottiglia di rosso ai turisti di passaggio. 

La scelta è vostra: o vi rimboccate le maniche e costruite un futuro che profuma di dollari, o vi preparate a un altro spettacolo di del nulla o di capriole senza rete. Io, fossi in voi, inizierei a lucidare gli scacchi e a studiare le mosse. Per poi stappare una bottiglia di quel Sangiovese che piace tanto agli yankee e a brindare a un Titano che, per una volta, smette di essere un nano tra i giganti e diventa il genio del tavolo, quello che vince la partita.

Enrico Lazzari