San Marino e il Kazakistan: turisti, tenge e un silenzio che puzza di manganellate ai diritti civili … di Enrico Lazzari

Immaginatevi il Monte Titano, con il suo profilo da cartolina, invaso da turisti kazaki che, armati di selfie stick e borselli pieni di tenge – sì, quella valuta che suona come un brindisi ma vale meno di un caffè a Serravalle – si arrampicano da Dogana al Guaita, incantati dalla nostra gloriosa Repubblica. È il sogno dorato dell’accordo bilaterale sbandierato ad Astana il 29 maggio 2025, con tanto di strette di mano tra il Vice Ministro kazako Roman Vassilenko e il nostro ambasciatore John Mazza. Più turisti, più euro, più Torte Titano vendute: chi potrebbe dire di no? Eppure, mentre i giornali kazaki nell’edizione di ieri mattina celebrano questo “matrimonio del secolo” (leggi qui o leggi qui) come se San Marino fosse la nuova Dubai delle steppe, sul Titano regna un silenzio assordante. La nostra Tv di Stato tace, nessun comunicato ufficiale sembra stato inviato alle redazioni locali, come se la notizia fosse meno interessante del menu della sagra di Acquaviva. Che succede, qualcuno ha paura di guardare troppo lontano o di scoprire cosa c’è sotto il tappeto kazako?

Non fraintendetemi: il Kazakistan, con le sue steppe infinite e il suo petrolio che fa gola al mondo, è un partner che promette bene. L’Accordo sull’esenzione dal visto, in vigore dal 5 gennaio scorso, spalanca le porte a scambi culturali e, soprattutto, a frotte di visitatori che potrebbero far respirare la nostra economia. Ogni tenge speso in un negozio di souvenir è un piccolo mattoncino per il Pil del Titano e, di questi tempi, con l’Europa che ci scruta mentre c’è sul tavolo l’Accordo di Associazione, ogni euro conta. Ma, cari sammarinesi, davvero vogliamo tapparci gli occhi e fingere che il Kazakistan sia solo un Paese di yurte pittoresche e danze folkloristiche? Perché, sotto quel tappeto che qui sembra si voglia ignorare, c’è un bel po’ di polvere: censura, manganelli e un sistema politico che fa sembrare il nostro Consiglio Grande e Generale un circolo di filosofi illuminati.

Parliamoci chiaro: il Kazakistan non è il poster boy dei diritti umani. Human Rights Watch ci ricorda che nel 2022, durante le proteste del “Gennaio Sanguinoso”, il governo ha spento internet e lasciato sul campo oltre 200 morti. Il World Press Freedom Index del 2024 piazza Astana al 142° posto, un po’ come se San Marino finisse ultima in un concorso di trasparenza. Giornalisti arrestati, oppositori zittiti, elezioni che sembrano più un copione di un reality show con un solo concorrente e con un solo vincitore: questo è il Kazakistan che tende la mano a San Marino. E i sammarinesi? Coloro che si vantano di essere la culla della libertà, la Repubblica più antica del mondo, stanno davvero pensando di stringere quella mano senza nemmeno un sopracciglio alzato? È come invitare a cena uno con la dispensa piena di scheletri e poi stupirsi se l’Italia, il nostro vicino di casa, ci lancia un’occhiata sospettosa.

Il punto non è chiudere le porte in faccia ai kazaki. Lungi da me dire che non vogliamo i loro tenge o i loro selfie davanti al Palazzo Pubblico. Il turismo è ossigeno puro per il Titano, e ogni volo che arriva da Astana è una boccata d’aria per albergatori e ristoratori. Ma c’è un confine tra accogliere turisti e fare finta che il Kazakistan sia un club di boy scout. San Marino non è così disperato da svendere la sua anima per un pugno di tenge. O almeno, voglio sperare di no, nonostante la voragine aperta nelle casse pubbliche ai tempi del governo AdessoSm. Perché se il prezzo per un po’ di presenze in più è abbassare la testa davanti a chi spegne internet o manganella e arresta i dissidenti, allora stiamo barattando il nostro orgoglio per un piatto di tortellini andati a male.

E poi c’è quel silenzio, che puzza più di una steppa dopo un temporale. Perché nessun comunicato e nessuna notizia sulla Tv di Stato? Paura di sollevare il caso, specie dopo aver violato una – fino ad allora – imperturbabile neutralità per compiacere chissà chi, distruggendo una collaborazione importante con la Russia? O forse è solo la solita pigrizia sammarinese, quella che ci fa preferire un pettegolezzo di contrada a una notizia che potrebbe cambiare il nostro posto nel mondo? 

Questo silenzio, a mio parere, è un segnale: vi stanno chiedendo di guardare altrove, di concentrarvi sull’inaugurazione di una nuova rotonda e non sulle ombre che si allungano da Astana. Ma San Marino non è sopravvissuta 1700 anni giocando a nascondino. Ogni sammarinese ha una voce, piccola ma tagliente, e deve usarla. Si stringa pure l’accordo “rafforzato”, si accolgano con un sorriso e un bicchiere di Sangiovese, ma si metta un paletto: il Titano non chiude gli occhi. Che ne dite, per esempio, di un sussurro diplomatico che dica: “Cari kazaki, i vostri turisti sono i benvenuti, ma lasciate che anche i vostri giornalisti respirino un po’?” Troppo audace? Forse. Ma se non ci prova San Marino con la sua storia di democrazia e libertà, chi potrà avere l’autorevolezza di farlo?

San Marino deve scegliere: essere un faro di libertà o un negozietto che vende souvenir a chiunque paghi, senza fare domande. Perchè nessuno è così ingenuo da credere che un accordo turistico cambi il mondo, ma nemmeno così cinico da girarsi dall’altra parte. Si aprano le porte ai kazaki, sì, ma non al loro bagaglio di silenzi. E magari, la prossima volta che Astana canta le lodi dell’accordo con San Marino, si chieda alla Tv di Stato di accendere un riflettore, invece di lasciare un popolo al buio, come un turista smarrito, di notte, nelle viuzze del Centro storico.

Enrico Lazzari