Una indagine penale attorno all’ufficio Smac, archiviata a inizio anno dal Tribunale di San Marino, che ha però fatto emergere una serie di problematiche, tanto che se ne è dovuto occupare anche il congresso di Stato.
In quella occasione infatti il governo, alla fine decise di non opporsi alla procedura di archiviazione ma registrò al proprio interno una spaccatura con un paio di voti contrari e la richiesta di ulteriori verifiche da demandare all’Avvocatura di Stato.
La vicenda, che è venuta alla luce solo di recente, riguarda un procedimento giudiziario aperto nel 2014 e che ha visto coinvolto appunto, proprio l’ufficio deputato alla gestione della Smac Card presso la segreteria di Stato alle Finanze. Vicenda che ha riguardato soprattutto il precedente personale.
Il tutto emerse a seguito di una denuncia presentata da un cittadino italiano che chiedeva di rientrare in possesso del credito presente nella sua Smac card ma che era stato richiesto dallo stesso titolare oltre il termine massimo consentito, in quanto – in quel periodo – era stato disposto il passaggio delle tessere da quelle con la sola banda magnetica a quelle nuove con il microchip, da effettuarsi entro date precise.
Per nulla soddisfatto delle risposte negative ricevute e intenzionato a rientrare in possesso del denaro contenuto nella card, il titolare si recò allora in tribunale presentando una denuncia per truffa.
Di qui il fascicolo che finì nelle mani del giudice inquirente Simon Luca Morsiani.
Dopo una accurata indagine, il Commissario modificò anche il capo di indagine in truffa aggravata, iscrivendo così i responsabili dell’ufficio Smac al tempo della vicenda, da teste a indagati. Nel corso degli interrogatori e del materiale acquisito, emersero una serie di problematiche, come carte utilizzate in modo provvisorio, anagrafiche sbagliate di alcuni titolari e anche errori in alcune procedure.
Da quanto si apprende, emerse anche che alcune spese sostenute dall’ufficio Smac furono effettuate attingendo a parte dei fondi provenienti proprio dalle tessere che non furono ritirare dai rispettivi titolari durante le sostituzioni con le Smac con microchip. E proprio tra le tessere coinvolte negli errori rientrò anche quella del titolare che aveva presentato la denuncia per truffa.
Fu comunque lo stesso personale dell’ufficio Smac a ripianare gli errori e rinfondendo le cifre utilizzate dalle carte per le spese dell’ufficio e inoltre, lo stesso autore della denuncia, in un secondo momento decise di ritirarla.
Il giudice inquirente alla fine dell’indagine chiuse quindi il fascicolo decidendo per l’archiviazione.
La vicenda, tuttavia, ebbe un seguito “politico” finendo sul tavolo del congresso di Stato. Ci fu, ma senza l’emanazione di una delibera specifica, una votazione durante la quale solo gli allora segretari di Stato Antonella Mularoni e Gian Carlo Capicchioni proposero di ricorrere contro l’archiviazione. Gli altri segretari, eccezion fatta per una astensione, concordarono con giudice. Ci fu però anche chi chiese alla segreteria competente di verificare con l’Avvocatura dello Stato se ci fossero elementi per procedere eventualmente in sede civile.
A spiegare che la questione è però ora da considerarsi conclusa è stato mercoledì scorso lo stesso segretario di Stato alle Finanze Capicchioni. Durante la conferenza stampa di fine mandato, proprio alla domanda specifica dei giornalisti presenti, ha assicurato che “la vicenda è chiusa e non ci sono stati danni o ammanchi per lo Stato”. San Marino news.sm
L’indagata per truffa ai danni dello stato era Marinella Chiaruzzi, compagna dell’ex capogruppo Dc Luigi Mazza.
Nel novembre 2015 l’Avvocatura dello Stato aveva presentato un esposto e vennero fuori dalle indagini altre sei posizioni, oltre alla prima che fece partire le indagini, per un totale di quasi 5.000 euro.
La stessa Marinella Chiaruzzi confessò in sede di interrogatorio di essere stata lei a sostituire con nomi fittizzi le carte con banda magnetica. Disse anche che solo una metà di questi importi furono reintegrati e che ”queste carte furono utilizzate per le spesi correnti dell’ufficio”.
Arturo Cicchetti, testimone, disse che queste carte furono anche usate al Bar Titano. Probabilmente per pagare le consumazioni e per un rinfresco.
Il Giudice Morsiani, comunque, non reputò penalmente significative le condotte della Chiaruzzi e archiviò il procedimento.