San Marino, la più antica Repubblica del mondo, ha un “vizio” che non invecchia mai: riesce a finire sempre nei pasticci altrui, come il parente scomodo chiamato a giustificare un litigio che non ha visto. Stavolta a lederne l’immagine è una maxi frode fiscale sull’importazione di auto di lusso – Ferrari, Porsche, Lamborghini, roba da far sbavare – smantellata dalla Guardia di Finanza in Italia. E tra i trucchi del mestiere, spunta il solito colpo da maestro: una fantomatica società sammarinese, mai esistita, ma pronta a falsificare e produrre attestati di pagamento atti a coprire un’evasione IVA da 15 milioni. San Marino, ovviamente, non c’entra un tubo, anche se qualcuno, sul Titano, ne sono certo, già si lecca i baffi per cavalcare il solito risonante e populista nulla cosmico.
Partiamo dai fatti, che sono quasi comici nella loro banalità. Una società che non esiste è una premessa da film di Totò, ma usarla come specchietto per le allodole in una truffa fiscale è un classico che non invecchia mai. Fatture false, timbri contraffatti, un nome sammarinese buttato lì per dare un tocco esotico al giochetto. Ma che sistema è quello italiano, quello comunitario, dove come per magia basta scrivere “San Marino” su un foglio di carta per far sparire l’IVA? È come accusare il Comune di Rimini perché un tizio ha falsificato un certificato con Photoshop: ridicolo, ma fa scena.
San Marino non ha responsabilità, zero, nada. Le autorità del Titano non hanno firmato nulla, autorizzato nulla, ospitato nulla. È una truffa tutta italiana, con i soliti furbetti che giocano a Monopoli con le regole del fisco: fatture tarocche, imposta evaporata e un timbro sammarinese fatto in casa per dare un’aria di rispettabilità. Per fortuna non hanno in “cassa” le uscite gratis di prigione… Eppure, per i geni della frode, dire “viene da San Marino” ha ancora quel sapore di Far West fiscale che fa comodo. Peccato che il Titano non sia più la terra dei balocchi che certi nostalgici si sognano la notte.
Negli ultimi dieci anni, San Marino ha fatto i compiti. E li ha fatti bene: addio segreto bancario, benvenuto agli standard OCSE, accordi con l’UE, con l’Italia, normative antiriciclaggio che farebbero impallidire qualche vicina più blasonata. Oggi ogni operazione tracciata passa sotto una lente che non perdona, altro che rifugio per furbetti col timbro facile. Ma, ovviamente, ciò che non esiste non si può certo controllare. Questa truffa non è passata attraverso San Marino: ci è passata sopra, come un pennarello su un foglio, per poi finire alla Motorizzazione Civile italiana con un “tutto a posto, viene dal Titano”. Un giochetto da 15 milioni che con San Marino c’entra quanto io con la guerra in Ucraina.
Ma ecco il colpo di teatro – scommettiamo? È già successo – che non manca mai: vuoi vedere che sul Titano c’è già chi si sfrega le mani per trasformare questa non-notizia in un’arma politica? Parlo di quella frangia di opposizione distruttiva che, nella prima fase di questa legislatura, ha brillato per l’arte di urlare al lupo senza mai trovarne uno. “San Marino tirato in ballo, vergogna!”, mi sembra di sentirli già, pronti a montare un caso sul nulla, come se il Titano avesse organizzato un corso serale per falsari in garage. Ma non li sentiremo… questa volta ho fatto prima io!
Non ci mancherà, cari sammarinesi, quella solita musica: cavalcare ogni refolo per fare casino, senza un’idea, un progetto, un briciolo di concretezza, solo il gusto di buttare benzina su un fuoco che è quello “disegnato” di una stufetta elettrica. Intanto, la Guardia di Finanza italiana ride e San Marino resta a guardare, con la faccia di chi si chiede perché debba sempre giustificarsi per le furbate altrui.
La verità è – mettiamocelo bene in testa – che questa è una truffa tutta italiana, un balletto di fatture false che sfrutta la credulità del fisco, mentre San Marino è solo lo specchietto per le allodole, tirato in ballo da un timbro tarocco. Accusare il Titano è come prendersela con la stampante perché qualcuno ci ha stampato un biglietto da 500 falso. San Marino ha fatto la sua parte – trasparenza, accordi, controlli – ma non può fermare un falsario col pennarello in un garage di Cerignola. E chi vuole ricamarci sopra, qui sul Monte, farebbe meglio a cercarsi uno specchio: il futuro non si costruisce con le urla, ma con i fatti e le proposte, con i progetti di ampio respiro temporale.
Questo editoriale finisce qui, ma la commedia tragicomica e la distruzione dell’immagine di San Marino no…
Enrico Lazzari