• Screenshot
  • San Marino e “Racket-Badanti”: quando l’omertà “alimenta” il crimine in una Repubblica silente… di Enrico Lazzari

    Si avvia alla sua conclusione, prevista per il prossimo tre febbraio, il processo di primo grado incentrato sul cosiddetto “racket delle badanti”, secondo l’accusa un sistema di “pesante” caporalato portato avanti da due cittadine straniere con il “supporto” di una sammarinese, all’epoca dei fatti nel ruolo di coordinatrice delle professioni infermieristiche presso l’Ospedale di Stato.

    Il quadro presentato negli atti istruttori appariva più che inquietante. Non solo per il sistema di vessazione a cui sarebbero state sottoposte le -chiamiamole- badanti “indipendenti”, non assoggettate al rapporto illecito con il vertice del sistema criminoso creato attorno all’assistenza ospedaliera dei degenti non autosufficienti, ma anche per il non rarissimo ricorso a minacce e intimidazioni verso chi osteggiava gli interessi dei fautori di questa degenerazione criminosa. E, soprattutto, per il -presunto, si ricordi- coinvolgimento di una professionalità con compiti gestionali nel nosocomio sammarinese, la cui azione -come descritta negli atti di accusa- appare aver avuto un ruolo importante nell’affermazione di questa sorta di caporalato.

    Abbiamo evidenziato ed approfondito, nei giorni scorsi su queste stesse pagine, gli aspetti più inquietanti e controversi accertati in fase inquirente e alla base del dibattimento:

    – 15 novembre 2024: San Marino. Racket Badanti: dal processo emergono aspetti davvero inquietanti. Ampia ed eloquente testimonianza di Alba Montanari che porta una affilata freccia all’arco dell’accusa

    – 16 novembre 2024: San Marino. Processo “Racket Badanti”. Agli atti inquietanti minacce: “Qualcuno può dare a tua nonna una pillola e morirà. E ti accuseranno”! Anche un infermiere provò a denunciare ma…

    – 18 novembre 2024: San Marino. Processo “Racket Badanti”: minacce di morte e intimidazioni! complicità sammarinesi interne all’Ospedale determinanti per l’affermazione del sistema criminoso

    L’aspetto non doverosamente evidenziato fino ad ora è, forse, l’incredibile longevità di questo sistema vessatorio, consumato ai danni di donne “deboli” (immigrate, quindi inserite in un contesto per loro estraneo) e spesso sole. Incredibile, innazitutto, perchè realizzato in una realtà piccola come la Repubblica di San Marino…

    Ma di quanto accadeva all’Ospedale di Stato, nessuno, per anni e anni, sembra essersi accorto di nulla… E chi ha provato ad insinuare il dubbio che qualcosa non filasse per il verso giusto nelle corsie di medicina e geriatria, si è ritrovato a “cozzare” contro un muro di gomma, in sella al suo fedele mulo chiamato “Rocinante”… “La politica è al corrente di tutto -scrisse un infermiere-, io ho già pagato salato …la lotta ai mulini a vento, non la faccio più”… 

    Dunque, il quadro che emerge dal fascicolo istruttorio, base degli atti di accusa -seppure in alcuni aspetti “sfumato” dai non ricordo” o da precisazioni dei testimoni durante la fase dibattimentale in coso- lascia poco spazio all’immaginazione. Il Commissario inquirente ha definito una trama intricata, fatta di manipolazioni e intimidazioni, perdipiù alimentata da una rete di complicità. Ha ricostruito un sistema criminoso che ha avuto modo di consolidarsi, affermarsi in un contesto che avrebbe dovuto essere dedicato alla cura e alla dignità umana. 

    Come anticipato, sconcerta pensare che in una realtà così ristretta, come è San Marino, una piaga così radicata abbia trovato terreno fertile nientemeno che nell’Ospedale di Stato, protetta non da chissà quale omertà mafiosa, ma piuttosto da un’indifferenza diffusa e da un sistema che troppo spesso sembra essersi girato a guardare dall’altra parte.

    Ogni elemento istruttorio aggiunge dettagli agghiaccianti. Minacce che evocano scenari degni dei peggiori racconti “crime”, e non si tratta solo di suggestioni: “…Qualcuno può dare a tua nonna una pillola e morirà. E ti accuseranno”. Frasi così non sono soltanto minacce. Frasi così appaiono come sentenze, emesse per intimidire e stroncare sul nascere qualunque idea di ribellione.

    Ciò che rende la questione ancora più drammatica, però, come detto, è la durata di questo sistema criminoso. Anni interi, durante i quali si è finto di non vedere, si è preferito il quieto vivere, lasciando le badanti -se le ipotesi accusatorie troveranno conferma nelle conclusioni processuali- vulnerabili preda di un caporalato spietato. 

    In un paese piccolo come San Marino, dove la velocità delle “chiacchiere”, dei pettegolezzi supera persino quella della luce, com’è possibile che nessuno sapesse? O, meglio, che nessuno facesse nulla?

    E qui si arriva al cuore della riflessione. Non basta puntare il dito contro due cittadine straniere e una sammarinese in una posizione chiave, quello è compito del sistema giudiziario. No, non basta, perchè bisogna chiedersi cosa non ha funzionato a livello sistemico, quale fosse il livello di tolleranza sociale a questi soprusi. E, soprattutto, quale sia il prezzo della nostra indifferenza. Perché, se è vero che il crimine prospera quando i buoni stanno a guardare, è altrettanto vero che in questa storia non ci sono solo vittime o eventuali colpevoli: ci siamo anche noi, come ci sono gli “spettatori” in camice bianco che hanno accettato troppo a lungo che l’ingiustizia diventasse normalità.

    Il fascicolo istruttorio ci mostra una realtà brutale, che non possiamo più permetterci di ignorare. Se San Marino vuole continuare a presentarsi al mondo come una Repubblica fondata sui diritti e sul rispetto, è tempo che i muri di gomma vengano abbattuti e che si rifletta seriamente sul valore del coraggio civile. Perché, alla fine, la vera giustizia non si afferma soltanto nelle aule di un tribunale, ma necessita imprescindibilmente di un impegno collettivo a non abbassare mai più lo sguardo davanti a realtà per certi versi macabre come il “Racket delle Badanti”. 

    Se non lo faremo, allora, saremo tutti complici.

    Enrico Lazzari