Ieri il Consiglio Grande e Generale ha discusso decisamente in ritardo, per poi respingerla, l’istanza d’Arengo con la quale si chiedeva di non procedere con la vendita dei crediti Delta che come purtroppo ormai tutti sanno sono però già stati svenduti. E parliamo di una cifra che si aggirava oltre al miliardo di euro. “Si è deciso di regalare – ha detto in aula il consigliere del Pdcs Mariella Mularoni – centinaia di milioni di euro andando avanti nonostante le evidenze portate in luce dalle forze di opposizione”. “Se almeno la maggioranza – le ha fatto eco il collega di partito Marco Gatti – avesse fermato il governo nella spinta a vendere velocemente i crediti Delta, si sarebbe fatto un servizio al Paese sicuramente migliore e forse oggi avremmo minori necessità di chiedere prestiti all’estero. Avremmo potuto costruire un progetto di gestione di quei crediti che avrebbe garantito ritorni economici e benefici anche in termini di posti di lavoro”. Lo ha voluto ricordare con forza il consigliere di Md Federico Pedini Amati come gli ex dipendenti Asset, molti dei quali lasciati a casa dopo il passaggio in Carisp, abbiano tutti il contratto in scadenza. “E’ stata la politica a decidere per la svendita – ha precisato – si è fatta una commissione finanze per autorizzare Carisp nella quale un consigliere, Izzo, è arrivato all’ultimo e senza nemmeno sapere cosa avrebbe votato”. L’intervento più duro lo ha però pronunciato il consigliere di Rete Roberto Ciavatta: “prima di tutto vorrei sottolineare la mancanza di considerazione che si percepisce verso le istanze che un tempo si discutevano un po’ alla volta all’interno di ogni seduta consiliare e che ora invece vengono relegate in soffitta e poi discusse nell’ambito di sessioni consiliari convocate ad hoc con i costi che ciò comporta”. Entrando nel merito dell’istanza: “Qui era stata espressa la preoccupazione per la cessione dei crediti Delta. Pacchetto svenduto a 109 milioni di euro fittizi ad una percentuale forse vicina all’1%. Questi crediti sono già passati di mano dagli acquirenti a società di gestione, sono già stati cartolarizzati, potenzialmente valorizzati a cifre più alte. Io capisco che chi ha creato disastri avesse l’urgenza di far entrare liquidità, infatti una delle ragioni era che Carisp aveva necessità di avere liquidità. C’era bisogno di soldi. Ora quei soldi io non so che fine abbiano fatto, sono serviti probabilmente per le spese di gestione. Parliamo di una banca che è ancora in perdita. Noi ad oggi non abbiamo inserito all’interno della banca nessuno con esperienza nel recupero dei crediti. L’attuale presidente è stato inserito per meriti politici e l’unica attività che ha portato avanti è stata quella di aumentare le spese. Carisp pesa in maniera consistente sul bilancio dello stato e pesa sulla decisione di indebitarsi. L’istanza indicava delle priorità che andavano considerate. Oggi si inizia a parlare dell’eventuale allontanamento del presidente di Carisp per motivi unicamente politici. C’è un braccio di ferro sulle figure apicali. Ogni valutazione va fatta sulla tutela della stabilità finanziaria della banca non su quella delle figure apicali che forse hanno usato Carisp come bancomat. Motivo per cui si è arrivati alla vendita a quelle condizioni. Non capisco ancora oggi perché si è voluto addivenire alla svendita a quelle condizioni, solo perché c’era una comune visione tra direttore e presidente. Il ruolo della politica è quello della supervisione delle parti che sono in campo. Avete perso come sempre l’occasione”.
