San Marino. ”Ecco come ti getto “merda” sul Tribunale” … di David Oddone

robertiNegli incontri fra i “congiurati” viene elaborata una strategia scabrosa per fermare le indagini.

Punto di forza avrebbe dovuto essere la vicenda relativa all’evasione di La Pietra.

Gabriele Gatti, Claudio Podeschi e Giuseppe Roberti si incontrano a tale scopo per quelli che vengono definiti dai magistrati quali disegni di restaurazione. Roberti vuole «delegittimare il tribunale», usando argomenti scabrosi che possano insinuare il dubbio sull’operato dei magistrati. I colloqui sono registrati da Roberti all’insaputa di Podeschi e Gatti. Roberti ha piu? volte dichiarato di poter disporre di documenti a sostegno delle sue affermazioni, ma non avendo le prove, le fabbrica abusivamente. I suoi interlocutori, ammansiti dal vittimismo di Roberti, si lasciano avvolgere dalle sue spirali, ne assorbono i veleni, che sortiranno effetti a distanza di mesi, o anni.

Negli incontri viene elaborata la strategia per fermare le indagini. Roberti ha arruolato tra le fila dei suoi sostenitori Alvaro Selva, con il compito di organizzare il depistaggio.

Con sorprendente banalita? e brutale cinismo, gli associati descrivano, allarmati, lo svolgimento delle indagini penali come una sorta di indebito commissariamento della politica da parte dei giudici – con un refrain costantemente riproposto, anche in tempi recentissimi. Il ragionamento (pedissequamente ripetuto in ogni dove) e? volto a fomentare una reazione dei partiti che, negli auspici degli indagati, dovrebbe invertire bruscamente la rotta, revocando ogni possibile appoggio alla magistratura: dobbiamo […] se questi non si fermano… [fare] commissione di inchiesta sul tribunale, ma questi cosa cazzo si credono di poter fare?» (Roberti). La volonta? e? quella di rovesciare i ruoli, sottraendo le indagini al Tribunale, per affidarle al potere politico.

E? la politica a dover giudicare i giudici.

La brutalita? delle parole usate all’indirizzo dei giudici e? pari alla ferocia del fine perseguito: «in tribunale non si fermano […] bisogna buttargli la stessa merda che ci buttano loro […] Noi non possiamo risparmiare ne? Buriani, ne? la Pierfelici a me, me ne sbatte il cazzo di tutti e due» (Roberti).

I partecipanti ai vari incontri cercano di far leva sulle insicurezze, sul clima di disaffezione e di sfiducia nelle istituzioni tutte, compresa la magistratura. Vogliono condizionare, a loro vantaggio, un’opinione pubblica disorientata, in apprensione per il suo futuro, timorosa di perdere il benessere conquistato con fatica e sacrifici per pagare il conto di anni di malgoverno.

Perche? il disegno riesca, occorre cercare l’aiuto di qualche fiancheggiatore esterno. Ed ecco la soluzione proposta da Gatti: «Sulla Vannucci, [Augusto] Casali puo? dire qualcosa. Pero? poi si perde … pero? lui potrebbe dire, con Giarrusso ha buoni rapporti».

Insomma, non bisogna lasciare nulla di intentato. A questo punto Gatti millanta buoni rapporti con qualche magistrato italiano, che, nel suo disegno, dovrebbe essere «raggiunto» per «rendere credibile» una ricostruzione spericolata, cosi? da creare «un crescendo nel quale loro si trovano in braghe di tela». Bastera? farsi introdurre dicendo «c’era un commissario della legge che faceva le rogatorie che e? stato mandato via perche? non prendeva ordini dal governo …non mi sembra sia la cosa giusta».

Secondo gli auspici dei nostri, la macchina era stata effettivamente avviata, alimentata dalle “prove casalinghe” elaborate da Roberti. Risentimento, cinismo, disperazione e interpretazione offuscata della realta? fanno da humus del concertato attacco ai giudici.

Il punto di forza avrebbero dovuto essere la vicenda relativa all’evasione di La Pietra. In spregio alle risultanze processuali, Roberti elabora una sua verita? “duble face”: bisogna far dire a Gatti che la vicenda giudiziaria e? stata un atto persecutorio ordito nei suoi confronti da Buriani e, al tempo stesso, occorre far credere all’opinione pubblica che ci sia stato un ingiustificato lassismo di Buriani per avvantaggiare Gatti.

Secondo l’intenzione di Roberti, Gatti si dovrebbe prestare a testimoniare di aver concordato con Buriani l’esito dell’indagine, durante un incontro avvenuto «alla Fin Project», alla presenza, appunto anche di Roberti. Sennonche? la “trovata” di Roberti, appare a Gatti un’inutile calunnia (Gatti: «E? una cazzata questa qui. Ti mettono dentro… no dall’Italia… non si possono fare le cose cosi?… non possiamo dire noi eravamo li?, abbiam parlato di sta roba… ci vogliono gli elementi ragazzi… io incomincio a capire… Ma secondo te, io sono proprio imbecille? [Roberti: No tu non sei imbecille per niente] allora non mi far passare da imbecille eh.. ok… Messa cosi? no… non si puo?….

Le certezze di Roberti si incrinano («questa qui di Buriani dici che non regge?»), ma lui non si da? per vinto, anche perche? la prova fabbricata a tavolino l’ha gia? “registrata”. In un precedente incontro, con audio perfetto, lo stesso Roberti e il fido Menicucci inscenano una recita a soggetto, per dimostrare che il giudice ha ceduto alle minacce di Gatti: «Gatti mi chiamo? e saltava per il soffitto, ho preso paura, “c’ho venti fucili in casa”, faceva da matto. Mi aveva spaventato… E? intervenuto il micio furioso con me, diceva io ammazzo tutti, perche? gli deve aver detto qualcosa una specie di, non cancelliere .. sai te… che deve registrare queste archiviazioni…. un procuratore…» (Roberti).

Resta il fatto che Gatti, pur non condividendo l’invenzione dell’incontro a tre, si dice ben disposto a coltivare l’argomento “La Pietra”. Solo che va dosato ed evocato al momento giusto.

David Oddone, La Tribuna