Si trattava di una sfida secondo tutti i crismi: prima di tutto con il Covid e le paure che genera in tantissime persone. Ma anche una sfida contro i pregiudizi degli italiani, ogni giorno a criticare le scelte di San Marino, molto più equilibrate e controllate di quelle esterne. Di più: una sfida contro i pregiudizi e le critiche interne, di gente (politici compresi) che non ha ancora capito quale battaglia si sta combattendo, e quelle di tante persone che pensano che ci siano categorie immuni (i bambini ad esempio). Poi si sono sentiti anche quelli che gridavano “vergogna” andare a votare nelle scuole, che sono tutte infette. E non pensano che vanno al bar, in palestra, nei centri commerciali, dove la sicurezza c’è, ma non al livello previsto dal protocollo sanitario per tutti i seggi. Più disinfettati di una sala operatoria. Solo, puro, inutile disfattismo. Di cui il Paese, specialmente in questo momento, non ha bisogno. Nessuno ha speso una parola di encomio per lo sforzo organizzativo che ha garantito il diritto di voto anche ai cittadini in quarantena o in isolamento a casa. Tutto l’insieme, tratteggia una pagina storica.
Di questo vanno sicuramente ringraziate le persone che hanno lavorato nei ruolo più disparati e, prima di ogni altro, la Segreteria Interni, che ha coordinato l’immenso lavoro che sta dietro ad una tornata elettorale. Tra l’altro all’insegna del risparmio, non perché siano stati fatti dei tagli, ma perché sono state ottimizzate procedure vecchie, farraginose e dispersive.
Questo è stato possibile grazie alla legge di riforma, che dopo tanto tempo, finalmente è arrivata in Consiglio nel settembre scorso ed è stata approvata quasi all’unanimità (solo un voto contrario). Una legge che era stata caldeggiata in primis dalle stesse Giunte, che da anni vivevano un disagio e problemi ormai insostenibili, ma anche dalla Commissione del Consiglio d’Europa dedicata alle autonomie locali, la quale aveva più volte ribadito la necessità di valorizzare i Castelli di San Marino sia come enti territoriali sia come punto di riferimento imprescindibile all’interno del tessuto sociale sammarinese. Il risultato politico non è piovuto dal cielo, e non era certamente scontato, perché è stato ottenuto grazie ad un vasto lavoro di confronto, approfondimento e condivisione con i partiti di maggioranza e con tutte le parti, dai Capitani di Castello agli uffici pubblici fino al Comites. Qualche esponente delle vecchie giunte ha commentato in questi ultimi giorni: è un peccato non essere candidati, perché finalmente c’è qualcuno che si interessa di noi.
La legge ha in sé molte novità perché avrebbe dovuto rivedere completamente la composizione e lo scopo degli enti territoriali o dare loro maggiore incisività e autonomia di intervento. Il governo e la maggioranza hanno optato per la seconda via, conferendo maggiore dignità, autonomia ed evidenza alle amministrazioni locali. Le Giunte avranno dunque maggiore potere decisionale e d’intervento, soprattutto per quanto riguarda la gestione territoriale di loro pertinenza, le opere di piccola manutenzione, la viabilità e soprattutto avranno la possibilità di esprimere pareri vincolanti sui progetti ordinari di interesse pubblico.
Le Giunte inoltre potranno costituirsi parte civile di fronte ad episodi di inquinamento ambientale. La composizione è cambiata con il taglio di qualche unità: si scenderà a 8 componenti nei Castelli con popolazione superiore ai 2.500 abitanti e a 6 in quelli meno popolosi come Chiesanuova, Acquaviva, Montegiardino e Faetano. Sono stati adeguati al rialzo gli emolumenti annuali del Capitano e del segretario di giunta, fino ad un massimo di 6mila euro, nei castelli più grandi. Aumenta anche l’importo dei gettoni di presenza per tutti i membri, fissato a 70 euro. Il leggero aumento dei costi viene compensato dalla diminuzione del numero complessivo dei membri di giunta.
Storica è anche la scelta del voto passivo per i cittadini non sammarinesi, residenti da almeno dieci anni in territorio. Secondo i numeri, resi pubblici dal Segretario agli Interni, si tratta di 2.977 neo-elettori, in gran parte italiani ma anche di altre nazionalità. La novità era stata richiesta a gran voce dal Comites, che si è speso in una campagna elettorale importante e capillare, perché tutti andassero a votare. Stesso grande impegno, anche da parte della Segreteria di Stato. Dietro, il vuoto. È vero che i partiti sono quasi scomparsi dalle liste per le Giunte, ma il dovere di andare a votare ci dovrebbe essere sempre e comunque. Non solo perché ripetere la tornata elettorale avrebbe voluto dire mettere nuovamente in campo risorse umane e risorse economiche, in un momento in cui c’è davvero ben altro a cui pensare!
Nelle riflessioni del post voto, il leggero calo di affluenza in termini generali, nonostante l’aumento del corpo elettorale grazie ai residenti. Ma questi sofismi li lasciamo ai politologi. Quello che importa ai comuni mortali è che le elezioni hanno raggiunto il quorum ovunque. I nuovi organismi eletti saranno in carica per i prossimi cinque anni.
a/f