San Marino. Eliminazione dell’obbligo di rinuncia della cittadinanza originaria: cosa chiede esattamente il Comites? … di Alberto Forcellini

Un tempo era forse più facile perderla che acquisire la cittadinanza sammarinese. Basti pensare a tutte le donne sposate con forensi che la perdevano all’atto del matrimonio, creando casi di forte discriminazione all’interno delle famiglie. La riacquisivano solo in caso di vedovanza, ma rimaneva un problema di materlinearità, cioè di trasmissione di cittadinanza ai figli. È un concetto molto moderno, almeno per San Marino, in quanto solo da poco tempo ha avuto una sua affermazione e riconoscimento. Insieme al ripristino della cittadinanza per le donne sposate con forensi.

Diverso il caso delle donne straniere che sposavano una sammarinese: in gran parte mantenevano la cittadinanza d’origine e acquisivano quella del marito. Il caso contrario, invece, il marito forense non la riceveva autonomamente, ma doveva risultare residente per un tot numero di anni.

Le donne italiane in qualche caso la perdevano appena si sposavano con un sammarinese e acquisivano automaticamente quella del marito, altre invece hanno sempre mantenuto la doppia cittadinanza. Una disparità di cui non si è mai capita la ragione.

Sono solo pochi esempi della complessità dell’argomento, a cui si può tranquillamente aggiungere il problema delle doppie, triple cittadinanze (ce ne sono molte) che non è mai stato sollevato, almeno in forma ufficiale. Invece, la rinuncia forzata alla cittadinanza d’origine, anche a seguito di naturalizzazione, sta suscitando un acceso dibattito a seguito di un ordine del giorno approvato all’unanimità dal Consiglio Grande e Generale nel luglio scorso. Nel testo, l’impegno a presentare entro fine novembre un progetto di legge che riveda in particolare un punto: quello della rinuncia alla propria cittadinanza in favore di quella sammarinese, definita discriminante dal Comites. Il quale propone piuttosto una concessione a seguito di una verifica di conoscenza della storia, degli usi e costumi della Repubblica, per dimostrare una reale appartenenza. Da alcuni giorni, il Comites chiede il rispetto degli impegni e anche prima della scadenza alza i toni dello scontro.

Come se intervenire sulla cittadinanza fosse una bazzecola, non solo per la complessità della materia, ma anche per l’atteggiamento conservatore che San Marino ha sempre avuto sulla materia. Basti vedere come abbia sempre rigettato lo Jus Soli, che riconosce il valore di cittadinanza al luogo di nascita, il che avviene in moltissimi Stati.

Se si supera la portata puramente giuridica, la cittadinanza comporta appartenenza (come senso di identità nel rapporto con la comunità politica); diritti e doveri (civili, politici e sociali); partecipazione (alla vita sociale e politica della comunità). Si tratta di profili tutti essenziali al concetto, strettamente legati l’uno all’altro. È ben comprensibile che un piccolo Stato tenga a difendere la propria identità anche attraverso i suoi cittadini e le sue tradizioni, come è comprensibile la serrata trattativa con l’Unione Europea per una deroga sulla libera circolazione delle persone.

Sarà una banalità, ma capire che le esigenze di un piccolo Stato sono ben diverse da quelle di una grande nazione, è sempre utile ribadirlo.

Qual è dunque il nodo del contendere tra il Comites e la Segreteria Interni: una data o il merito del pdl? O eventualmente la totale dimenticanza dell’impegno preso in Consiglio?

Le accuse pesantissime tramite stampa, senza chiedere neppure il confronto sullo stato dell’arte, tra l’altro non tengono conto che proprio l’attuale Segreteria Interni ha portato a termine e reso operativo, dopo anni e anni di promesse non mantenute, il voto dei residenti alle amministrative, per la qual cosa il Comites si era espresso in termini entusiastici.

Prendendo per buone le dichiarazioni del Segretario di Stato Elena Tonni (e non si può fare diversamente vista l’autorevolezza della fonte) il lavoro per la riforma è partito immediatamente con una ricognizione di tutte le parti in cui la normativa vigente, molto corposa e più volte modificata negli anni, prevede l’obbligo di rinuncia alla cittadinanza. Inoltre, la verifica dell’articolato ha riguardato anche le parti di normativa in cui ai sammarinesi è imposto l’obbligo di rinuncia alla cittadinanza a seguito di matrimonio con stranieri. Su ciascun aspetto si è quindi proceduto al confronto con gli uffici pubblici competenti per affrontare le implicazioni amministrative e cogliere le relative proposte. Dopo di che, con la bozza del pdl pronta si passa al confronto politico e di conseguenza al deposito per il passaggio consiliare. Questione di qualche settimana, o di un mese, vista la concomitanza degli impegni politici di fine anno? Visto che ne sono passati oltre 7 anni dall’inizio delle rivendicazioni, non si può certo parlare di inadempienza, di dimenticanza, di sottovalutazione della questione.

Quindi se non è una questione di lana caprina, forse il Comites dovrebbe essere più esplicito, perché per la prima volta da molto tempo a questa parte c’è un governo che ha preso a cuore quegli aspetti della cittadinanza che afferiscono precisamente ai diritti civili, con il preciso intento di riconoscerli eliminando ogni possibile discriminazione.

a/f