San Marino. Emergenze ambientali: si possono prevedere e, soprattutto, si possono prevenire? … di Alberto Forcellini

Le immagini del disastro ancora negli occhi di tutti. Sollevare lo sguardo dal fango, dalle macerie di abitazioni e attività, dai corpi travolti dalla furia degli elementi, non è facile. Eppure è doveroso perché è importante capire cosa è successo e come si possano prevenire disastri come quelli avvenuti nella zona tra Ancona e Pesaro, sulla cosiddetta “spiaggia di velluto” e nei comuni dell’interno.

Capricci del tempo, eventi prevedibili o imprevedibili, responsabilità umane? Le cronache dei giorni dopo puntano il dito su tutti i fattori, nessuno escluso.

Il nubifragio avvenuto sulle Marche è stato innescato da un’estate caldissima, durante la quale la temperatura del mare è stata di 4-5 gradi superiore alla media. C’è stato così un accumulo di energia che il sistema micro-ambientale doveva scaricare per tornare in equilibrio. Si tratta di situazioni piuttosto frequenti sul territorio nazionale a seguito appunto di molte settimane di caldo anomalo e di assenza di precipitazioni, pertanto l’autunno potrebbe essere particolarmente complesso anche in altre zone.

In particolare, la tempesta sulle Marche è arrivata con un flusso di correnti umide e miti da sud-ovest, che al suo interno aveva condizioni idonee per dare luogo a temporali localmente molto intensi. Il flusso d’aria spinto verso l’Appennino è stato costretto a sollevarsi e, salendo di quota, si è trovato in una situazione migliore per innescare il temporale. Per questo, la quantità delle precipitazioni è stata “incredibile”, praticamente equivalente alla quantità che in quelle zone cade in 4-5 mesi. Un evento impossibile da prevedere.

Ed è proprio per queste ragioni che la prevenzione diventa obbligatoria e fondamentale. La pulizia dei canali di scolo e dei tombini; l’allargamento e il rinforzo degli argini dei corsi d’acqua; la creazione di invasi dove un’eventuale piena possa allargarsi senza danneggiare campi, abitazioni e infrastrutture come strade e ponti; bloccare tutte le concessioni edilizie sull’argine dei fiumi, tenere sotto stratta sorveglianza i terreni franosi.  Molti Comuni e Regioni hanno ricevuto fondi per questo tipo di interventi. Soldi che non sono stati spesi e interventi che non sono stati mai eseguiti, come nelle Marche, in Sardegna, in Campania, eccetera. Il problema dunque è politico, non sempre e non solo burocratico. Basti vedere come nelle campagne elettorali (anche sammarinesi) l’ambiente sia un argomento desaparecido: non tocca le tasche dei cittadini e comporta questioni che richiedono tempi lunghi e un’accurata programmazione. L’ambiente sembra solo una questione simbolica, di cui parlare solo se conviene.

Anche nella campagna elettorale attuale, ormai agli sgoccioli, nonostante il problema energetico, l’ambiente non sfiora che in minima parte il dibattito tra le forze in lizza.

Purtroppo invece, molti cittadini si stanno rendendo conto ogni giorno di più che l’ambiente è legato alle più stringenti questioni di attualità: dalle energie allo sviluppo economico agli squilibri sociali. Pertanto sarebbe ora di riprendere in mano il quasi dimenticato “Green Deal europeo” cioè l’obiettivo che vuole raggiungere zero emissioni nette entro il 2050. La domanda di fondo è: l’ambiente è un problema, o no? Se lo è, allora bisogna cambiare il sistema produttivo, il sistema di sviluppo che abbiamo conosciuto finora; bisogna cambiare i nostri comportamenti quotidiani e bisogna cambiare la politica. Il problema non è tagliare un albero, ma piantarne mille, tenere in salute i corsi d’acqua e le aree selvagge, salvaguardare i boschi dagli incendi estivi. Invece siamo tutti pronti a commuoverci di fronte alle disgrazie e a dimenticarcene un minuto dopo.

Esempi paradigmatici, ma ancora troppo poco frequenti, ci sono nei numerosi progetti pubblico-privati uniti nella lotta al cambiamento climatico, nel ruolo dell’università e della pubblica amministrazione per incentivare il cambio delle cultura e dei comportamenti. L’impatto climatico e le strategie per il cambiamento oggi sono “top of mind” per un’azienda su due. Le aziende intelligenti stanno scoprendo che la sostenibilità non è più una scelta tra diventare verdi e aumentare i profitti a lungo termine, ma è la strada verso la prosperità.

L’intera società deve fare rete per il clima: imprese, istituzioni e cittadini possono combattere la crisi climatica ed evitare i disastri che ormai si rincorrono con una progressione inaccettabile, solo se si porranno insieme lo stesso obiettivo. Questo è il vero aiuto che si può offrire alle popolazioni marchigiane, ma anche a quelle delle molte altre località colpite pesantemente da eventi estremi. Che si ripresenteranno, siamone certi, con la stessa forza distruttrice. Se si continuerà a non fare nulla.

a/f