San Marino. Entrare in Europa, col nostro volto … di Don Gabriele Mangiarotti

Ho partecipato, nei giorni scorsi, a un dibattito interessante riguardante l’Europa e San Marino. Forse per distrazione mia non ho visto il crescere di un dibattito che mi pare necessario, per l’imponenza dell’argomento e per la necessaria criticità che dobbiamo avere. Il processo europeo chiede, oggi più che mai, un confronto serio e motivato. La questione «Europa» ci deve trovare seriamente protagonisti e il motto qualificante della nostra Repubblica, «relinquo vos liberos ab utroque homine», non può certo valere per sostenere tesi laiciste (prendendo distanza dalla storia cristiana che ci costituisce) senza peraltro entrare nel merito di una concezione culturale che, lasciando al potere dell’altro «homine» il predominio di pensiero e di intervento, snaturerebbe la nostra amata identità.

Ripensando a quell’incontro, mi sono ricordato delle lucide riflessioni del Card. Ratzinger, in una delle sue considerazioni sull’Europa e i suoi ideali, e mi sono parse parole adatte all’impegno di tutti noi nel nostro oggi sammarinese: «Il principio di comportamento, secondo cui è lecito all’uomo fare tutto ciò che è in grado di fare, si afferma sempre di più. La possibilità come tale diviene un criterio per sé sufficiente. In un mondo pensato in modo evoluzionistico è anche di per sé evidente che non possono esistere valori assoluti, ciò che è sempre cattivo e ciò che è sempre buono, ma la ponderazione dei beni rappresenta l’unica via per il discernimento di norme morali…

Ultimamente, del destino degli altri uomini, decidono coloro che dispongono del potere scientifico e coloro che amministrano i mezzi…

Quale consiglio si può dare all’Europa ed al mondo in questa situazione? Come specificamente europea in questa situazione appare oggi proprio la separazione da ogni tradizione etica e il puntare solo sulla razionalità tecnica e le sue possibilità. Ma un ordine mondiale con questi fondamenti non diverrà in realtà un’utopia dell’orrore? Non ha forse bisogno l’Europa, non ha forse bisogno il mondo proprio di elementi correttivi a partire dalla sua grande tradizione e dalle grandi tradizioni etiche dell’umanità? L’intangibilità della dignità umana dovrebbe diventare il pilastro fondamentale degli ordinamenti etici, che non dovrebbe essere toccato… Intangibilità della dignità umana – ciò significa anche che questa dignità vale per ogni essere umano, che questa dignità vale per ciascuno che abbia un volto umano e appartenga biologicamente alla specie umana.

Criteri di funzionalità non possono qui avere alcun valore. Anche l’essere umano sofferente, disabile, non ancora nato è un essere umano.

Vorrei aggiungere che a questo deve essere unito anche il rispetto per l’origine dell’uomo dalla comunione di un uomo e di una donna.

L’essere umano non può divenire un prodotto. Egli non può essere prodotto, può solo essere generato. E perciò la protezione della particolare dignità della comunione fra uomo e donna, sulla quale si fonda il futuro dell’umanità, deve essere annoverata fra le costanti etiche di ogni società umana.

[…]

È vero: la razionalità è un contrassegno essenziale della cultura europea.

Con questa, da un certo punto di vista, essa ha conquistato il mondo, perché la forma di razionalità sviluppatasi innanzitutto in Europa informa oggi la vita di tutti i continenti. Ma questa razionalità può divenire devastante se essa si separa dalle sue radici e innalza ad unico criterio la possibilità tecnica.» (La vera Europa. Identità e missione, pp. 214-215)

In questo tempo, in cui il problema Europa, con le sue luci e le sue drammatiche contraddizioni, si fa pressante, questo contributo può darci linee di pensiero e di azione irrinunciabili. Soprattutto in ordine alla difesa della vita, della famiglia e delle convinzioni morali e religiose del nostro popolo, se vediamo con chiarezza una Europa che dimenticando le proprie radici ha cercato di cancellare persino i nomi cristiani dal linguaggio pubblico, oltre che a irridere al senso sacro della festa del Natale per costruire immagini di volgare propaganda trasgressiva.

 

Gabriele Mangiarotti