Invecchiare è un privilegio, ma anche una sfida. La vecchiaia è esplosa in tutti i Paesi industrializzati ed è diventata un fenomeno di cui, ormai, non si può non tenere conto.
Il progressivo invecchiamento della popolazione è ormai noto a tutti, esperti e non. Ciò che colpisce maggiormente nel panorama del 21esimo secolo è il fatto di assistere a una ridistribuzione demografica senza precedenti, in cui entro il 2050 la proporzione di anziani tenderà a raddoppiare, passando dall’11% al 22% della popolazione totale. Nei prossimi 5 anni, per la prima volta nella storia dell’umanità, il numero di individui di età uguale o superiore a 65 anni supererà quello dei bambini al di sotto dei 5 anni. L’incremento della popolazione anziana sarà più evidente nei Paesi in via di sviluppo, ma soprattutto nei Paesi industrializzati il segmento di popolazione che aumenterà maggiormente sarà quello degli ultraottantenni, il cui numero assoluto, entro il 2050, risulterà praticamente quadruplicato
Se da un lato l’aumento della longevità rappresenta indubbiamente una grande conquista, in quanto testimonia il crescente miglioramento delle condizioni di vita e i progressi della medicina, dall’altro potrebbe trasformarsi in una minaccia per l’immediato futuro, nel caso in cui non fosse controbilanciato da una rinnovata capacità di programmazione di interventi di politica sanitaria che investano la ricerca, l’assistenza e il benessere degli anziani, tenendo in considerazione l’evoluzione del concetto stesso di invecchiamento.
In effetti, sono ampiamenti superati i tempi in cui l’andare in pensione coincideva con la fine di tutto: la persona si chiudeva in casa, non aveva più interessi, né relazioni e dopo un po’ si spegneva completamente. Oggi, tutto questo non succede più (o quasi). L’anziano riempie il suo tempo con lo studio, lo sport, il volontariato, con attività artistiche o culturali, con maggiore impegno in famiglia, coltivando maggiormente le amicizie. Insomma, nessuno si immagina più la vecchiaia come una fascia sociale che ha solo problemi di salute.
Un celebre aforisma dice: “Non dispiacerti di invecchiare, è un privilegio negato a molti”, ma per invecchiare felicemente non basta solo accumulare più anni. Occorre dare qualità a questa nuova fase della vita, che sarà sicuramente diversa da quella precedente, ma non per questo meno piena di interessi. Sempre più spesso si trovano pensionati che sfruttano la loro esperienza professionale per rimanere comunque attivi nel mondo del lavoro, che si dedicano ai viaggi, che hanno più tempo per la famiglia o per i loro hobby, altri che intrecciano una nuova relazione affettiva. Questa infatti è un’ottima arma per combattere la solitudine, che è una delle malattie più diffuse tra gli anziani. Molti sono vedovi, o separati/divorziati, lontani dai figli che, ovviamente, hanno una loro vita. Da questi nuovi modelli di vita, si formano nuovi modelli di vecchiaia, quasi sempre mirati alla riappropriazione di un ruolo. Il che non vuol dire: gerontocrazia, ma avere un ruolo attivo all’interno della società.
Non è certamente un caso che i consumatori della terza età rappresentano sempre di più un target di riferimento per le aziende di molti settori. In termini monetari, secondo alcune stime entro il 2025 il valore generato dalla silver economy – vale a dire il complesso di attività economiche rivolte alla popolazione con 65 anni o più – raggiungerà i 5,7 trilioni di euro solo in Europa: un giro d’affari che rappresenterà quasi un terzo del PIL della UE.
Parafrasando il titolo di un celebre libro del 2005 di Cormac McCarthy: “Non è un paese per vecchi”, ormai “i paesi sono tutti vecchi”. E la società dovrà adeguarsi, accettandoli, convivendo loro, adeguando i suoi sistemi sociosanitari e perfino il mercato. Il concetto nuovo è: la vecchiaia è una risorsa per tutti. È meglio capirlo subito perché, a dio piacendo, tutti dovremo diventare vecchi.
a/f