La notizia della morte ieri mattina di Fabiano Antoniani, in arte DJ Fabo, ha scosso l’opinione pubblica, sia in Italia che a San Marino.
“Fabo è morto alle 11.40. Ha scelto di andarsene rispettando le regole di un Paese che non è il suo”. Con queste parole Marco Cappato, dell’associazione Luca Coscioni ha annunciato dalla Svizzera con un tweet ieri mattina il decesso di Fabiano Antoniani, 40 anni compiuti il 9 febbraio scorso, il dj cieco e tetraplegico “immobilizzato in una lunga notte senza fine” in seguito a un grave incidente stradale.
Dopo anni di terapie senza esito, Fabo aveva chiesto alle istituzioni di intervenire per regolamentare l’eutanasia e permettere a ciascun individuo di essere libero di scegliere fino alla fine. Aveva inoltre inviato un video-appello al presidente della Repubblica Mattarella, realizzato grazie all’aiuto della sua fidanzata e dell’Associazione.
L’ultimo messaggio di Fabo dalla Svizzera, dove era ricoverato in una clinica per ricevere il suicidio assistito, arrivato via Twitter attraverso l’associazione Coscioni, è da pelle d’oca: “Sono finalmente arrivato in Svizzera e ci sono arrivato, purtroppo, con le mie forze e non con l’aiuto del mio Stato. Volevo ringraziare una persona che ha potuto sollevarmi da questo inferno di dolore, di dolore, di dolore. Questa persona si chiama Marco Cappato e lo ringrazierò fino alla morte. Grazie Marco. Grazie mille”.
Ieri mattina Fabo era stato sottoposto a un’ultima visita medica e psicologica per confermare la sua volontà, determinazione che il 40enne italiano ha mantenuto fino alla fine, decidendo, perciò, di fermare la propria vita alle 11.40 di ieri mattina.
“Fabo è libero, la politica ha perso”, hanno inoltre dichiarato ieri mattina Marco Cappato e Filomena Gallo della Associazione Luca Coscioni. “L’esilio della morte è una condanna incivile – hanno sottolineato – Compito dello Stato è assistere i cittadini, non costringerli a rifugiarsi in soluzioni illegali per affrontare una disperazione data dall’impossibilità di decidere della propria vita morte. Chiediamo che il Parlamento affronti la questione del fine vita per ridurre le conseguenze devastanti che questo vuoto normativo ha sulla pelle della gente”.
Cappato “rischia 12 anni di carcere”, ha detto ieri a Sky Tg24 Filomena Gallo che ha evidenziato come Cappato si sia “preso la responsabilità” di tale atto e ha ricordato come molti malati siano “costretti ad emigrare per ottenere l’eutanasia e ciò è discriminatorio anche per i costi che ciò richiede, fino a 10mila euro”.
In merito agli italiani che scelgono di recarsi in Svizzera per usufruire del servizio di suicidio assistito, non esistono per ora delle vere e proprie statistiche ma solo delle stime. Si valuta che ogni anno partano dall’Italia in 200 e che quelli che non fanno ritorno siano una cinquantina. La meta è la Svizzera, l’unico Stato europeo che, dal 1942, ammette alla pratica della morte volontaria anche cittadini di altri Paesi. In Italia, l’aiuto al suicidio, come l’istigazione, è punito con condanne da 5 a 12 anni di reclusione, 16 anni in caso di minori.
Una delle più note associazione che fa da tramite tra il Belpaese e lo Stato elvetico si chiama Exit Italia, nata nel 1996 come centro studi e documentazione, oggi un’onlus. Una volta accertato il requisito base di una patologia incurabile, provvede a mettere la persona in contatto con le associazioni svizzere, Lifecircle-Eternal Spirit di Basilea, Ex-Internationl di Berna e Dignitas, la più conosciuta.
Il costo dell’assistenza da parte della Dignitas varia da 10 a 13mila euro. Si versano una tassa d’iscrizione di 208 e una quota annua di 84 euro. Altri 3.570 euro sono il costo per le operazioni amministrative, soprattutto la raccolta e la verifica della documentazione sanitaria. Per ciascuna delle due visite mediche la spesa è di 1.020 euro. L’accompagnamento vero e proprio alla morte volontaria costa 2.550 euro. In caso di cremazione altri 2.550 euro, che coprono anche il trasporto e gli adempimenti burocratici. Per le pratiche legate al decesso di un cittadino straniero è prevista per i soci una quota di 1.020 euro.
E nel resto d’Europa?
Sono 4, secondo gli ultimi aggiornamenti del Centre d’information sur l’Europe, i Paesi europei che hanno legalizzato il suicidio assistito e l’eutanasia attiva. In Svizzera, Olanda, Belgio e Lussemburgo si aggiungono, nel resto del mondo, Cina, Colombia e Giappone. Ecco alcuni esempi delle legislazioni nei diversi Paesi.
Olanda – La prima legge che legalizza l’eutanasia e’ stata approvata nell’aprile del 2001 in Olanda, che diventa il primo paese al mondo a consentire eutanasia e suicidio assistito.
Belgio – La legge che legalizza l’eutanasia è entrata in vigore nel settembre 2002. È legale anche l’eutanasia sui minori.
Lussemburgo – La normativa è entrata in vigore nel marzo 2009. Prevede che non venga sanzionato penalmente e non possa dar luogo ad un’azione civile per danni “il fatto che un medico risponda ad una richiesta di eutanasia’’.
Svezia – Nell’aprile 2010 l’autorità nazionale dà il via libera all’eutanasia passiva (con interruzione-omissione di trattamenti medici). L’eutanasia attiva è proibita.
Svizzera – Nel Paese elvetico la legge consente l’aiuto al suicidio se prestato senza motivi “egoistici”. Una prestazione garantita anche ai cittadini stranieri.
Germania – La Corte di giustizia tedesca si è espressa nel giugno 2010 a favore dell’eutanasia passiva. Pur non essendoci una legge specifica anche l’eutanasia attiva è ammessa se è chiara la volontà del paziente.
Spagna – Sono ammessi eutanasia passiva e suicidio assistito, ma non l’eutanasia attiva.
Danimarca – In Danimarca sono ammesse solo le direttive anticipate di trattamento.
Francia – L’eutanasia attiva è vietata, mentre è parzialmente ammessa quella passiva.
Gran Bretagna – Anche l’aiuto al suicidio e’ perseguito per legge, come ogni forma di eutanasia, ma un giudice può autorizzarlo in casi estremi.
Nel resto del mondo
Nel resto del mondo l’eutanasia è ammessa in Cina negli ospedali, mentre in Colombia è legale dal 1997. Nei paesi occidentali il più tollerante è l’Oregon, negli Usa, che l’ha ammessa anche in questo caso nel 1997 e la permette anche in caso di depressione dei pazienti. Successivamente hanno adottato legislazioni simili Vermont, Washington e Montana. In Canada, patria di uno dei film più famosi su questo tema, ‘Le invasioni barbariche’, una legge che la legalizza è stata bocciata e la situazione varia da provincia a provincia. Altri paesi, fra cui l’Australia, non ammettono l’eutanasia ma consentono le direttive anticipate di trattamento. In Giappone quando un paziente vuole accedere all’eutanasia viene avvicinato da una equipe che lo aiuta a prendere una decisione.
In Italia, al momento, la legge sul Biotestamento ha subito l’ennesimo rinvio: era prevista a gennaio, poi a febbraio e ora è slittata a marzo. Sono quattro le proposte di legge sull’eutanasia:
– proposta di legge d’iniziativa popolare, “Rifiuto di trattamenti sanitari e liceità dell’eutanasia” (1582), presentata il 13 settembre 2013;
– proposta di legge Di Salvo, “Norme in materia di eutanasia” (2218), presentata il 24 marzo 2014;
– proposta di legge Nicchi, “Norme in materia di eutanasia” (2973), presentata il 19 marzo 2015;
– proposta di legge Bechis, “Disposizioni in materia di eutanasia e rifiuto dei trattamenti sanitari” (3336), presentata il 30 settembre 2015.
A San Marino, a livello normativo, non siamo nemmeno nell’ordine delle proposte legislative. Un vuoto normativo che ci auguriamo venga presto affrontato dalle istituzioni competenti, come il Comitato sammarinese di bioetica e dalla stessa politica.
Per il dirigente generale dell’Iss Andrea Gualtieri l’argomento dell’accanimento terapeutico, dell’eutanasia e più in generale del fine vita, ricordando che il Comitato sammarinese di bioetica (Csb) non se n’è mai occupato prima, “sono tutti temi da sottoporre agli organismi competenti, a partire dalla politica, visto che a San Marino non abbiamo ancora nessun tipo di norma a riguardo”.
Dall’ Authority sanitaria e socio-sanitaria dell’ospedale di Stato fanno sapere che in merito all’argomento del fine vita “non esistono né comunicazioni né documenti ufficiali da parte del Comitato sammarinese di bioetica”.
Il Comitato tornerà a riunirsi verso metà marzo e in quell’occasione, forse, verrà affrontato l’argomento dell’accanimento terapeutico.
Sulla questione è intervenuta, a titolo personale, anche Vanessa Muratori, che fa parte del Comitato per i diritti civili e le libertà individuali: “DJ Fabo con molto coraggio ha portato a compimento la sua scelta di eutanasia. Il coraggio non del gesto in sé, ma dell’essersi impegnato pubblicamente su questo, per tutti. Ci indica che un Paese civile non costringe all’agonia e che ciascuno è il solo giudice della quantità di dolore che può sostenere. È una vergogna – incalza Vanessa Muratori – che sia stato costretto ad andare via dall’Italia, costringendolo, inoltre a subire una pesante tortura e ad andarsene dal proprio Paese per mettere fine a una sofferenza dolorosissima. L’Eutanasia è una morte che rispetta la libertà della persona. Nessuno può essere giudice della quantità di dolore che ognuno può sopportare. La questione eutanasia, controllando che non ci siano abusi, ovviamente con tutte le accortezze del caso, è un argomento che deve necessariamente essere affrontato anche a San Marino. È fondamentale che venga data la possibilità di morire senza sofferenza. Purtroppo noi abbiamo la Chiesa in casa che vuol decretare il valore alla sofferenza, mentre ognuno deve essere libero di mettere fine al proprio dolore.
La Chiesa, come spesso accade, cerca di imporre il proprio pensiero senza lasciare libertà di scelta personale e civile. San Marino è molto in ritardo. Il fine vita è un argomento da affrontare al più presto. Il gruppo sostenendo ogni aspetto civile e sociale legato all’autodeterminazione individuale, non può, quindi, che sostenere l’eutanasia”, conclude Vanessa Muratori. La Tribuna Sammarinese