San Marino. EVOLUZIONE, INVOLUZIONE, CONFUSIONE … di Pasquale Marino De Biagi

Dalla finanza d’assalto alla finanza creativa; dalla finanza creativa alla contabilizzazione delle speranze. Dalle speranze al salto nel vuoto.

Il tutto, quasi sempre, esplode nelle mani degli “artificieri” con grande sconquasso nella comunità dentro la quale operano.

Della finanza d’assalto, dea incantatrice che per lungo tempo ha condizionato la vita politica ed economica del paese, oggi subiamo le conseguenze.

Produceva, l’albero del malaffare, frutti copiosi e gustosi. E tutti, chi più chi meno, ne mangiavano in quantità. Il grande guaio era rappresentato dal fatto che tali frutti contenevano sostanze allucinogene.

Ma nessuno voleva vedere e capire e molti di loro si atteggiarono a difensori dell’albero mentre, oggi, si atteggiano a promotori della moralizzazione da tanti scranni del potere che tutt’ora occupano.

Della finanza creativa tanti sono gli esempi. Dalle banche che prestavano, e probabilmente tutt’ora prestano, i soldi dei loro clienti allo Stato. Il quale, a sua volta, li riprestava o li investiva nelle stesse banche.

Ma, nel contempo, il debito pubblico cresceva e la salute del sistema bancario peggiorava.

Dei vari decreti che il Congresso di Stato ha recentemente varato con l’intento di tenere in piedi il claudicante sistema, cresciuto nel tempo malforme e a dismisura per le reali necessità del Paese, giova evidenziarne uno.

Il Governo, animato dalla volontà politica, per certi versi apprezzabile, se non fosse utopica, di salvare “capra e cavoli”, si indebita con le stesse banche che vuole togliere dai guai emettendo obbligazioni che vanno a sommarsi al già consistente debito pubblico.

Così facendo altro non fa che aumentare la velocità di scivolamento dell’intero sistema paese sul piano inclinato sul quale da tempo si trova.

Anziché lasciare l’Asset banca, della quale ne sono state accertate notevoli difficoltà, nelle mani della giustizia, affinché faccia il suo corso, briga per fonderla con la Cassa di Risparmio.

Due entità di salute cagionevole, entrambe affette da “bronchite cronica” che fuse in un’unica entità potranno precipitare solo nella “broncopolmonite”. Che tanti soldi richiede per tentare di curarla.

Nessuno può dire che i commissari, nominati dal giudice, non potessero trovare un accordo con i creditori per salvare il salvabile.

Chi lo dice che qualcuno non si sarebbe presentato per rilevarla, tirandola fuori dai guai, seppure con leggero sacrificio dei risparmiatori, ma con totale sacrificio degli azionisti?

E veniamo, e questo è l’aspetto più interessante, al decreto credito d’imposta (ultimissimamente dal Governo ritirato). Lo Stato, probabilmente in accordo con le banche a cui a suo tempo venne riconosciuto il credito medesimo (credito d’imposta in parole povere significa: non paghi le imposte sui guadagni per un certo importo e per un periodo di tempo determinato) sostituisce tale credito con obbligazioni emesse dallo Stato per, si legge, un complessivo importo di 150 milioni di euro.

Una pacchia per quei banchieri che, oltre ad avere bisogno di liquidità, necessitavano di patrimonializzare la loro banca.

Se si tiene conto che da tempo diverse banche di San Marino registravano solo forti perdite, il continuare a vantare verso lo Stato il credito d’imposta non portava loro alcun beneficio.

Si dice che una banca vantasse un credito d’imposta di circa euro 74 milioni.

Riceverà quindi 74 milioni di obbligazioni emesse dallo Stato, che, insieme agli altri, raggiungono la somma di circa 150 milioni.

Un vantaggio non da poco, ai fini del valore patrimoniale della banca. Soprattutto se tale banca interessasse a potenziali acquirenti.

Dalla finanza creativa alla contabilizzazione delle speranze. Il Segretario di Stato alle Finanze, ma non solo, si esercita in una contabilità dai risultati illusori e soprattutto avulsi dalla realtà del Paese. Afferma “col credito d’imposta lo Stato avrebbe rinunciato ad avere introiti fiscali per decine, decine di anni”. Il che significa, ed è fatto auspicabile, che le banche, quasi da subito, cominceranno a produrre utili versando allo Stato il 17% di imposte.

Chi ci capisce è bravo.

Se ciò dovesse avvenire, e non fosse solo l’utopica convinzione della politica, non si capisce la ragione per la quale lo Stato annulla il debito rappresentato dal credito d’imposta sostituendolo col debito obbligazionario.

Che la politica, per sua natura portata alla demagogia, voglia salvare tutti i risparmi dei cittadini ed i posti di lavoro può avere un senso, a condizione che si disponga delle necessarie risorse che, a quanto vedo, non risultano disponibili.

Un chirurgo messo di fronte ad un arto che sta andando in cancrena decide di tagliarlo per salvare il paziente, impedendo così alla cancrena di contaminare tutto il corpo. Questo dice la scienza e non l’incoscienza.

E’ pur vero che l’Italia, e non solo l’Italia, spesso si indebita per salvare banche in difficoltà, ma fra San Marino e loro vi è una grande e sostanziale differenza. San Marino non ha un Draghi alle spalle; non ha grandi banche che possano andare in soccorso di altre; non dispone di istituzioni all’uopo create; non dispone di un’economia che possa consentire allo Stato di rimborsare un debito, anche se, in rapporto al PIL, è molto più basso di quello di grandi nazioni.

Marino Pasquale De Biagi