San Marino. Figli? No grazie! Dal baby boom al baby crack e l’ipotesi negletta del dato culturale … di Angela Venturini

Allarme rosso in Asia e Europa per la denatalità. Da Tokyo a Parigi, il calo delle nascite segna un trend preoccupante e una crisi demografica senza precedenti. Ai minimi storici il Giappone e la Corea del Sud, un trend che non risparmia neanche la Cina. 

Di fronte a questa sfida, i governi asiatici stanno cercando soluzioni creative. Tokyo e Seul hanno elevato il calo demografico tra le priorità nazionali, introducendo sussidi, incentivi fiscali per le famiglie e facilitando l’incontro tra single. Anche la Cina, testimone di un forte calo demografico, ha adottato misure originali, come la distribuzione di biglietti della lotteria a chi si sposa. Tuttavia, le iniziative per contrastare questa tendenza, finora non hanno dato i frutti sperati.

Ma se Atene piange, Sparta non ride. L’Europa, da nord a sud, vive da un paio di decenni lo stesso fenomeno, che anche a San Marino ormai sembra avere un trend ineluttabile: solo 100 nati in quest’anno, erano sopra i 300 circa tre lustri fa. Quindi, tutti i Paesi, specialmente quelli più ricchi e sviluppati, si sono rimboccati le maniche per invertire la tendenza. Per prima cosa hanno aumentato gli aiuti pro-capite per la natalità: assegni familiari, asili nido gratuiti, permessi di maternità-paternità e altri sussidi pubblici. Nello stesso periodo il numero di nascite è sceso inesorabilmente: in media da 1,85 a 1,53 per ogni donna.

A ben vedere, il legame tra le nascite e la spesa pubblica per politiche in favore della famiglia, è trascurabile. Si scopre che la decisione se avere figli oppure no, è influenzata da molte altre cose anziché dal denaro. Questo non significa che sia sbagliato dare aiuti alle mamme o future mamme. Anzi, è sicuramente bene continuare su questa strada, ma siamo consapevoli che l’inverno demografico è “figlio” di tante ragioni. Gli ultimi dati Istat disponibili raccontano che in Italia il 45,4% delle donne di età compresa tra i 18 e i 49 anni è senza figli. Di queste, il 22,2% non intende averne nei prossimi 3 anni né in futuro, il 17,4% è dichiaratamente childfree. Tutte affermano di non volere figli perché la maternità non rientra nei propri progetti di vita. 

Ciò viene confermato navigando tra gli ormai numerosi gruppi childfree sui social, dove emerge sin dal primo impatto una consapevolezza degli utenti riguardo la propria volontà più profonda, che spesso non viene considerata nelle analisi ufficiali, del fenomeno in atto: fare figli non è più percepito dalle donne e dagli uomini come un imperativo biologico e sociale a cui è difficile sottrarsi. 

I sondaggi che vogliono riflettere il clima di opinione generale (come ad esempio una recente rilevazione EMG per Adnkronos) evidenziano che, secondo i cittadini, le principali motivazioni del declino della natalità includono l’aumento del costo della vita (37%) e la precarietà del lavoro (35%), seguite dalle basse retribuzioni (29%) e dalla mancanza di servizi per i figli (28%).

Sono opinioni in linea con le spiegazioni offerte dai politici. Anche a San Marino, dove non c’è il problema della precarietà (se non in percentuali minime), né quello delle retribuzioni (mediamente assai più alte di quelle italiane). 

Il punto è che questa è solo una parte della spiegazione, mentre altri dati e altre motivazioni tendono ad essere trascurati nella comunicazione mediatica. Si tratta di un fatto rilevante, perché la spiegazione economica si può applicare solo a quelle persone che figli ne vorrebbero avere.
 Il dato trascurato è dunque quello di chi invece non vuole avere figli, a prescindere dalle condizioni economiche in cui versa. Un articolo recentemente pubblicato su Repubblica ha dato spazio al dato delle persone child free, registrato ormai da più rilevazioni. Non stiamo parlando di una minoranza. A dimostrarlo è anche la quota sempre più ampia individuata da una ricerca commissionata da Plasmon e pubblicata nel febbraio 2023, secondo la quale il 59,3% di chi non ha figli non desidererebbe averne. Analogo risultato emerge dal rapporto Coop 2023 secondo il quale il 51% delle persone tra i 20 e i 40 anni non è interessato a diventare genitore. 

I figli che non vogliamo e che non nasceranno mai, cambieranno comunque in maniera determinante la struttura sociale, destinata inesorabilmente ad invecchiare, mettendo sempre più in crisi tutti i sistemi previdenziali. Pertanto, invece, di soffermarci sulle mille banalità politiche che sentiamo sull’argomento, sulle posizioni inutilmente ideologiche o sconsolatamente qualunquiste, si metta mano alla riforma pensionistica perché quei pochi bambini che nasceranno oggi, o domani, da vecchi si troveranno in estrema povertà.

Angela Venturini