Eccellenze, Colleghi Consiglieri, la discussione del bilancio di previsione dello Stato e degli Enti Pubblici per l’esercizio finanziario 2014 e dei bilanci pluriennali 2014, 2015 e 2016, rappresenta un passaggio politico di estrema importanza in considerazione del delicatissimo contesto economico e sociale in cui si trova il nostro Paese. I dati di sistema, riportati all’interno dei documenti tecnico-contabili allegati, confermano infatti la prosecuzione della fase di pesantissima recessione iniziata nel corso dell’ultimo trimestre del 2008, che ha determinato – al 31 dicembre 2012 – la perdita di ben 31 punti percentuali di prodotto interno lordo. Un amarissimo record del mondo detenuto da San Marino, che trova la sua origine non solo – come qualcuno superficialmente di frequente afferma – nella crisi internazionale, ma anche – e probabilmente soprattutto – nella mancanza di una politica economica e finanziaria capace di delineare la cornice del nuovo modello di sviluppo, dopo aver giustamente aderito, senza alcuna resistenza, al percorso di adeguamento normativo agli standards, imposti dalla comunità internazionale, in materia di trasparenza, legalità e collaborazione in ambito fiscale e finanziario.
Tutti i principali indicatori economici, a fine 2012, portano il segno meno. Per il 2013 la tendenza negativa dovrebbe essere sostanzialmente confermata. Le proiezioni per il 2014 sono tutt’altro che incoraggianti. Mi sia concessa una riflessione particolare sui dati relativi al tasso di disoccupazione che – purtroppo – segnalano un progressivo allineamento alla media dell’Eurozona. Le quasi 1.500 persone disoccupate incarnano l’esistenza di una dramma sociale di proporzioni, fino a qualche tempo fa, inimmaginabili per una realtà come quella sammarinese. Attualmente il nostro sistema economico riesce a generare circa 2.000 posti di lavoro in meno rispetto al periodo che precedeva l’inizio della crisi. Sono numeri che impongono l’immediata attivazione di un confronto politico serio e responsabile sulla definizione di un piano generale per l’occupazione che sia in grado di dare risposte concrete alle aspirazioni e alle necessità di tanti sammarinesi che oggi sono senza un posto di lavoro. Non sono infatti più sufficienti misure straordinarie. Serve invece un intervento organico che affronti ad ampio raggio il problema del rilancio economico ed occupazionale.
Inevitabilmente la recessione ha prodotto conseguenze negative sulla stabilità della finanza pubblica. Il risultato del Bilancio Consuntivo del 2012 – su cui successivamente farò alcuni rilievi – offre la portata della disastrosa situazione finanziaria dello Stato. Al 30 giugno 2013 il debito pubblico, in chiaro, ammonta a 95.769.092,90 euro, ma è destinato a lievitare notevolmente, in quanto la politica dell’indebitamento prosegue senza sosta, nonostante gli annunci – forse un po’ superficiali – del raggiungimento del pareggio di bilancio per l’esercizio finanziario 2014. Infatti, non solo le previsioni per il 2014 indicano un cospicuo disavanzo di amministrazione di oltre 25 milioni di euro – che tra l’altro senza alcuni evidenti artifici contabili sarebbero molto di più –, ma anche per il 2015 e 2016 si ipotizza un saldo negativo.
E’ urgente interrompere la deriva finanziaria causata dalla mancanza, da parte del governo, di un progetto complessivo di risanamento dei conti pubblici e di rilancio economico. Il nostro Stato non è nelle condizioni di poter reggere un elevato debito strutturale, quindi – attraverso una programmazione economica innovativa – è imprescindibile agire in due direzioni:
– riduzione della spesa pubblica corrente;
– incremento delle fonti strutturali di entrata.
Bisogna coniugare, in modo efficace, rigore e crescita. Cosa che, fino ad oggi, governo e maggioranza hanno abbondantemente dimostrato di non riuscire a fare.
E’ sufficiente soffermarsi sui dati relativi alla spesa corrente e alla spesa in conto capitale per gli esercizi finanziari 2014, 2015 e 2016, per comprendere facilmente che il governo non ha una precisa linea di indirizzo politico in ambito economico.
Se da un lato infatti la spesa corrente, in termini percentuali, passa al 92,39% del 2014, al 92,78% del 2015 e al 92,84% del 2016; dall’altro lato la spesa in conto capitale passa dal 7,61% del 2014, al 7,22% del 2015 e al 7,16% del 2016. Pertanto, mentre l’incidenza della spesa corrente aumenta, diminuisce quella della spesa in conto capitale. Ditemi voi, colleghi consiglieri di maggioranza, se questa impostazione è in linea con le esigenze di sviluppo del nostro Paese. Personalmente sono davvero sconcertato dalla mancanza di una chiara visione di prospettiva da parte del governo.
La riduzione della spesa pubblica corrente deve assolutamente concretizzarsi tramite scelte politiche orientate al rigore selettivo. I tagli lineari, portati avanti sino ad ora e riproposti anche nel bilancio previsionale 2014, sono senza dubbio la strada più semplice da perseguire, ma sono fonte di iniquità e discriminazioni e rischiano di compromettere la qualità di alcuni servizi pubblici strategici. E’ completamente sbagliato ciò che sta facendo il governo, bisogna avere il coraggio di andare a colpire la spesa improduttiva, a partire da sprechi, inefficienze e privilegi, largamente diffusi nell’amministrazione statale.
Coraggio significa realizzare un piano pluriennale di diminuzione strutturale della spesa che non produce alcun effetto positivo per la comunità.
Coraggio significa dire con chiarezza che non solo è necessario ma è urgente rivedere complessivamente il modello organizzativo della pubblica amministrazione, perché i lodevoli tentativi di riforma messi in campo sino ad oggi purtroppo hanno confermato l’impostazione basata su una degradante cultura burocratica. Si deve passare ad una impostazione basata sui risultati e sulla loro effettiva e puntuale misurazione. Merito, qualità e risultati, devono essere le parole d’ordine di un settore pubblico al servizio di cittadini e imprese.
E’ giunto il tempo di superare la legge organica e di unificare progressivamente il mercato del lavoro pubblico con quello privato.
Gli stanziamenti delle risorse finanziarie previsti dal Bilancio dello Stato debbono essere gestiti in funzione dei programmi e degli obiettivi che i dipartimenti e i singoli uffici hanno il compito di realizzare nello svolgimento della loro attività e non in funzione della conservazione del regime clientelare.
Le indennità, o almeno parte di esse, dovrebbero essere riviste legandone l’attribuzione al raggiungimento di risultati pre-determinati. Basta con le indennità a pioggia e troppo spesso non giustificate.
E’ indispensabile introdurre appositi meccanismi di controllo e di verifica sulla qualità dell’impiego delle risorse e sull’efficienza dei servizi erogati. La pubblica amministrazione può e deve diventare la locomotiva del nuovo modello di sviluppo, ma per far si che questo accada si deve eliminare la visione di una pubblica amministrazione come Terra di nessuno.
Coraggio significa anche riformare radicalmente le normative che regolamentano la gestione dell’assegnazione di appalti pubblici e della concessione di forniture da parte della pubblica amministrazione e del settore pubblico allargato. Sono anni che la Commissione di Controllo della Finanza Pubblica segnala, anche con una certa apprensione, il grave problema delle distorsioni e delle inefficienze relative alla gestione degli appalti e delle forniture. Partito Socialista e Unione per la Repubblica da tempo avanzano la proposta di revisionare l’impianto legislativo attualmente in vigore, con l’obbiettivo di ridurre drasticamente la discrezionalità e la burocrazia e di abbattere lo spreco di risorse che ai più risulta evidente.
Coraggio significa riconoscere che gli eccessivi costi della pachidermica burocrazia della macchina statale, di cui praticamente tutti in quest’Aula siamo consapevoli, vengono mantenuti per non ledere le sensibilità delle clientele. Nell’era dell’informatica, in cui con un click si può fare quasi tutto, è assurdo continuare ad alimentare un sistema fonte di inefficienza e di spreco di risorse pubbliche.
Ma di solo rigore si muore. Parallelamente ad un processo di riduzione della spesa pubblica, è quindi necessario adottare politiche che vadano ad incrementare sostanzialmente le fonti strutturali di entrata.
A partire dalla riforma delle imposte indirette attraverso il passaggio dall’imposta monofase all’imposta sul valore aggiunto. L’introduzione del regime Iva sul modello europeo, su cui il governo ha inspiegabilmente accumulato ritardo violando persino quanto disposto dall’articolo 35 della legge di bilancio 2013, è una tappa fondamentale per materializzare un corposo consolidamento del gettito tributario. D’altra parte, quasi tutti gli Stati del mondo fondano la struttura dei loro bilanci sull’entrate derivanti dalle imposte indirette. Per questo invito il governo a passare al più presto dalle parole e dai buoni propositi ai fatti.
E poi c’è il tema della crescita, su cui di parole ne sono state spese davvero troppe da parte del governo. Peccato che a queste parole non siano corrisposti altrettanti risultati in questo primo anno di legislatura. Il Decreto Attuativo della Legge in materia di sostegno allo sviluppo economico è la cartina di tornasole della visione burocratica e discrezionale dell’economia che hanno diversi settori della maggioranza. Sono presenti paletti, asticelle e vincoli del tutto fuori luogo per una realtà, come la nostra, che ha urgente bisogno di rilanciare l’economia e l’occupazione attirando investimenti e progetti imprenditoriali di livello internazionale. Mi pare che qualcuno nella maggioranza, consentitemi colleghi consiglieri questa piccola provocazione, sia convinto che ai nostri confini ci sia la fila di investitori e imprenditori che desiderano insediarsi a San Marino. Cari colleghi, non è così!!!. Anzi, la fila ai confini c’è, ma in uscita!!!.
Mi sia permessa una valutazione di carattere preliminare. L’uscita dalla black-list italiana rappresenta un passaggio di importanza strategica per ridare competitività al sistema economico sammarinese. Non sono più accettabili ulteriori rinvii. Il Governo ha il dovere di dare precise risposte a questo problema. La passività mostrata fino ad oggi non è più tollerabile. E’ ora di dire come stanno le cose. Non si fa impresa con le rassicurazioni e con le promesse. Servono atti e fatti concreti. Il silenzio del Segretario di Stato Valentini sul tema del rapporto bilaterale italo-sammarinese è sconcertante. Nel suo intervento non ha speso nemmeno una parole su questo argomento. Dico una parola! E’ davvero una vergogna.
Come servono atti e fatti concreti sul fronte interno. E’ necessario:
Abbattere la burocrazia, snellendo le pratiche amministrative necessarie ad avviare un’attività imprenditoriale.
Eliminare la discrezionalità, introducendo specifici automatismi per l’accesso a regimi incentivanti per chi investe a San Marino. Basta con le interferenze della politica nella gestione dell’economia.
Realizzare un piano delle opere pubbliche e delle infrastrutture tecnologiche a supporto del nuovo modello di sviluppo. Da questo punto di vista siamo rimasti indietro di almeno venti anni rispetto ai Paesi più evoluti. Si deve recuperare il terreno perduto.
Togliere i vincoli ancor oggi presenti per gli investimenti in un settore chiave come quello commerciale. Liberalizzare l’esercizio del commercio al dettaglio, abolendo la barriera dell’intestazione obbligatoria del 51% a persona residente in territorio sammarinese, e aprire alla possibilità di svolgere attività commerciale anche in immobili ad uso industriale in presenza di certi requisiti urbanistici, sono interventi fondamentali per generare, nel medio-breve periodo, ricchezza e occupazione.
Mi chiedo però come sia possibile finanziare efficacemente un piano di rilancio economico e occupazionale se le risorse sono quelle stanziate dal governo nei bilanci pluriennali 2014, 2015 e 2016. Poco più di 60 milioni in tre anni. Poco più di 7 punti percentuali di tutta la spesa pubblica, che nella parte restante è impegnata in spesa corrente. Serve una impostazione diametralmente opposta se vogliamo invertire la rotta in favore della crescita e del risanamento della finanza pubblica. Serve una visione altamente innovativa che il governo fino ad oggi ha dimostrato di non riuscire a mettere in campo. Serve un netto cambiamento culturale nella gestione dello Stato se vogliamo tornare ad essere un Paese competitivo e in grado di affrontare le sfide proposte dal mercato globale.
Cambiamento culturale di cui non c’è neppure traccia. Basti rilevare due aspetti relativi al consuntivo dell’esercizio finanziario 2012.
E’ gravissimo quanto avvenuto con l’articolo 5 della Legge 18 luglio 2012 n. 85. Si sono violate le disposizioni vigenti sui residui con l’obiettivo di autorizzare 40 spese per opere pubbliche a fini elettorali, nel secondo semestre per un importo superiore a 18 milioni di euro. Poi il trappolone elettorale è stato coperto con l’articolo 14 della Legge 150 del 21 dicembre 2012, quando le elezioni erano state vinte. E’ davvero una vergogna.
Inoltre il disavanzo è stato ridotto in modo irregolare e contro le norme generali accendendo un residuo attivo inesistente di 10 milioni di euro relativo all’imposta straordinaria sugli immobili. Infatti un residuo si può iscrivere solo se è accertato. E questo non poteva essere accertato. La posta doveva entrare nel Bilancio 2013, ma il governo – non è la prima volta – fa quello che gli pare.
Eccellenze, Colleghi Consiglieri,
concludo il mio intervento esprimendo forti perplessità rispetto alla proposta di bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2014 avanzata dal governo. Manca una visione di insieme ed emerge una clamorosa distanza concettuale dalla terribile situazione economica, finanziaria e sociale che sta attraversando la nostra Repubblica. Sono debolissimi gli interventi per ridurre la spesa pubblica e sono del tutto insufficienti le risorse stanziate per imprimere un effettivo rilancio economico e occupazionale. Non è sicuramente questa la strada giusta per favorire la ripresa, per conservare adeguati livelli di protezione sociale e per mettere in sicurezza i conti pubblici.
Per queste ragioni il Partito Socialista, insieme ai colleghi di coalizione dell’Unione per la Repubblica, in sede di discussione dell’articolato metterà a disposizione dell’Aula un pacchetto di emendamenti per modificare radicalmente l’impostazione delle legge di bilancio 2014, che allo stato attuale delle cose non può che far registrare la nostra posizione di ferma contrarietà.
Confido che possa essere prestata la dovuta attenzione alle nostre proposte, attuando un confronto democratico serio e costruttivo sui contenuti.
Grazie.
San Marino, lì 16 dicembre 2013
Simone Celli
