San Marino. “Forum del Dialogo con la Comunità civile”. Lettera aperta al prof. Renato di Nubila….di Don Gabriele Mangiarotti

Carissimo Renato, mi permetto di scriverle dopo avere letto il suo Comunicato a proposito della prossima edizione del «Forum».

Sono convinto che nella nostra vita comune sia importante sempre un confronto serio e libero, aperto alle varie posizioni, nel rispetto delle persone e di quanto rappresentano.

In questi tempi mi pare che la consuetudine del confronto sia un poco “arrugginita”, si preferisce continuare con gli schemi amico/nemico, e quindi escludere dal confronto e dal “dialogo” coloro che non si ritengono adeguati.

Nel programma lei auspica: «In particolare, ci si rivolgerà alle componenti che sono fuori delle Istituzioni e che coinvolgono la vita, i bisogni, le richieste e le attività dei cittadini come singoli e come aggregazioni».

Mi auguro che questo intendimento diventi operativo, e che quindi, anche in Repubblica, si possano sentire voci libere e fuori dagli schemi istituzionali e partitici, che rendono “ingessata” la comunicazione e, francamente, noioso il confronto.

L’esperienza legata al Referendum per l’introduzione dell’aborto in Repubblica, che, secondo le parole dei proponenti, doveva “depenalizzare” questa pratica disumana, ha mostrato una informazione di parte, schierata solo contro la vita, con un servizio pubblico che, francamente, a parte rari ed encomiabili esempi, ha suonato una sola campana, o meglio, ha messo il “silenziatore” a coloro che volevano difendere la vita dal suo primo istante senza se e senza ma.

La nostra vita civile ha bisogno di libertà (e siamo tutti fieri di vivere nella «Antica terra della libertà») e credo che le varie iniziative, compreso il suo encomiabile impegno, debbano favorire un confronto senza schemi e senza ingiuste preclusioni.

Tempo fa mi è capitato di leggere questo racconto di un dissidente sovietico, che mi ha chiarito la necessità di un’aria nuova nei nostri rapporti. Glielo riporto, augurandomi che le varie iniziative che si realizzano qui tra noi servano non a dare lustro agli organizzatori, ma a realizzare uno spazio di autentica libertà, quel dialogo che lei, nel Forum, tanto insistentemente desidera.

Una domanda sconclusionata al medico

di Vladimir Bukovskij

Solo, dottore, non creda che sia qui per niente, senza una vera necessità. Non mi permetterei mai di disturbarla. Ma il fatto è che non ce la faccio più. Nei primi tempi ho cercato di non pensarci, niente da fare. Mi capitasse ogni tanto, ma è sempre così. No, non creda che sia una cosa di scarsa importanza. Mi desse qualche attimo di requie, non sarei neanche venuto a disturbarla. Non che mi lamenti. Lavorare posso. Da questo punto di vista è tutto in ordine. Ma la respirazione… Ecco, non è che non respiri proprio, no, l’inspirazione-espirazione funziona anche. È che non posso respirare come si deve, sa, con tutto il petto, a pieni polmoni, quando ci si sente liberi e leggeri, ma solo fino a un certo punto, come se ne fossi impedito da qualcosa o non ci fosse aria abbastanza. Ma non è che mi lamenti, per carità. Lavorare posso, e anche dare una mano a mia moglie, stare coi bambini. Sembrerebbe niente. Nel senso che per respirare, respiro. Inspiro l’aria, l’espiro anche. Ma forse non sono semplicemente capace di raccontare quello che mi succede. Forse è perché parlo in modo così sconclusionato che i medici non possono aiutarmi. Mi chiedono le malattie che ho avuto da bambino. Mi fan fare le analisi. Ma non credo che sia qui il punto. Solo non pensi che siano sciocchezze. Non sarei venuto a disturbarla, se solo avessi potuto sopportarlo. Se mi lasciasse requie. Delle volte si darebbe chissà cosa per fare un bel respiro, sa, a pieni polmoni. In primavera ad esempio. Il mio vicino mi dice sempre: «Ma piantala di correre dai dottori, son tutte scemenze, beviamoci piuttosto un bel litro assieme». Aiuta, dice. Cosa ne pensa dottore, magari non ha proprio torto? Se è ogni tanto? Solo non pensi che mi lamenti. Posso lavorare, e in fondo anche respirare come si deve, sa, con tutto il petto, così da sentirmi libero e leggero, ma solo fino a un certo punto, come se fossi impedito da qualche cosa o non ci fosse aria abbastanza. Come fare a spiegarglielo un po’ meglio?! (AA.VV., La primavera di Mosca, pp. 43-44)

C’è, nel nostro popolo, una ricchezza di umanità e di esperienze che non sempre trova spazio nel mondo della comunicazione, mentre costituisce la vera identità di una realtà sociale. Dare voce a coloro che Giovanni XXIII chiamava «gli uomini di buona volontà» costituisce senza dubbio la ripresa della vita comune, di quella partecipazione del NOI che in molti desiderano. Nella speranza che quanto attiene alla «vita reale» diventi sempre più argomento di confronto e dialogo. Per non soffocare!

don Gabriele Mangiarotti