Da Piazza San Pietro Papa Francesco chiede che la Comunità Internazionale non assista muta e inerte di fronte al massacro di cristiani. Per approfondire la situazione abbiamo contattato il vicedirettore della Sala Stampa della Santa Sede in Vaticano, il sammarinese padre Ciro Benedettini, per un commento:
“Sulla gioia della Pasqua del Santo Padre è sceso un velo di mestizia per i noti fatti in Africa e Medioriente. Più volte in passato Papa Francesco aveva lamentato che i cristiani sono il gruppo religioso più perseguitato del Pianeta, come attestato da osservatori indipendenti. Già domenica 15 marzo all’Angelus con tono accorato, quasi piangente, denunciava: ‘I cristiani sono perseguitati, i nostri fratelli versano il sangue soltanto perché sono cristiani… Che questa persecuzione contro i cristiani, che il mondo cerca di nascondere, finisca e ci sia la pace’.
E nella preghiera al termine della Via Crucis al Colosseo, il 3 aprile scorso, aveva parlato di ‘complici silenzi’.
La denuncia del Papa è diventata accusa palese il lunedì dell’Angelo, quando parlando ‘dei nostri fratelli e delle nostre sorelle, perseguitati, esiliati, uccisi, decapitati per il solo fatto di essere cristiani… i nostri martiri di oggi’, ha chiesto: ‘Auspico che la Comunità Internazionale non assista muta e inerte di fronte a tale inaccettabile crimine, che costituisce una preoccupante deriva dei diritti umani più elementari. Auspico veramente che la Comunità Internazionale non volga lo sguardo dall’altra parte’.
Mai il Papa aveva parlato con tanta chiarezza nell’invocare l’intervento della Comunità Internazionale, anche se la diplomazia della Santa Sede, per esempio Mons. Silvano Tommasi, rappresentante del Papa agli organismi Onu di Ginevra, aveva già chiesto un intervento delle Autorità internazionali per fermare gli aggressori.
Il problema è proprio questo: impedire che la strage continui, e per cominciare, per esempio bloccando, come ha ricordato il papa ‘i trafficanti di armi, che guadagnano con il sangue degli uomini e delle donne’”. Prosegue padre Ciro: “Quanto accaduto in Kenya è di una brutalità senza, ma vorrei far notare che il Papa nella sua accusa e richiesta fa riferimento ai ‘diritti umani più elementari’ e quindi si fa paladino non solo dei cristiani, ma anche degli fedeli delle altre confessioni religiose e soprattutto dei musulmani, divisi in fazioni, vittime della stessa crudeltà più ancora dei cristiani”.
Ma quale effetto ha prodotto l’appello del Papa?
“Grande sotto l’aspetto mediatico. Domina le pagine di tutti i media. Forse è ancora presto per giudicare, ma alcuni osservatori fanno notare una certa ‘solitudi- ne’ del Papa, nel senso che non si vedono ancora significative prese di posizione di politici e
associazioni e tanto meno voglia di mobilitazioni. Per drammi ‘minori’ – se così si può dire – il nostro Occidente si è mobilitato in massa.
Sulle misure di sicurezza in Vaticano
“In Vaticano l’attenzione per la sicurezza è certamente maggiore che in passato, ma è anche vero che, a parte dichiarazioni generiche e propagandistiche dei siti dell’Isis e affini, non si ha conoscenza di minacce specifiche. La vita scorre normale e il Santo Padre ha detto chiaramente che non vuole essere minimamente frenato nel suo desiderio di incontrare e parlare con i fedeli. Come è noto, Piazza S. Pietro è sotto la competenza della Sicurezza Italiana che svolge un egregio lavoro”.
Molto chiara anche la posizione dell’ambasciatore sammarinese presso la Santa Sede, Clelio Galassi:
“Credo sia importante ed auspicabile che la comunità sammarinese prenda una chiara posizione a livello internazionale contro questi atteggiamenti nei confronti dei cristiani. Non è accettabile che in alcuni Paesi si debba essere dei martiri per essere cristiani e professare la propria fede. San Marino ha il dovere non solo di fare pervenire la propria solidarietà a quelli che sono dei veri e propri martiri, ma anche di fare sentire la propria voce. Lo auspico come sammarinese, come diplomatico e come cristiano”. David Oddone, La Tribuna