San Marino. Giornata della Memoria, una sorta di atto riparatore della fatica del ricordo nei sopravvissuti … di Alberto Forcellini

La piccola Repubblica del Titano era un paese neutrale, eppure, durante la II Guerra Mondiale fu bombardata e subì il passaggio del fronte. Ma sul suo territorio trovarono rifugio circa 100 mila sfollati e un numero non precisato di ebrei. Fu una pagina terribile e superbamente nobile quella scritta in quel periodo da una piccola popolazione, che non aveva nulla, ma ha saputo condividere quel nulla con tante persone ancora più bisognose.

Il 27 gennaio tutta l’Europa ricorda le vittime dell’Olocausto, cadute per la brutalità dei regimi nazista e fascista, ma anche per l’indifferenza di quanti “rivolsero lo sguardo altrove” ignorando volutamente quanto stava avvenendo.

L’istituzione di questa giornata è stata, in qualche modo, riparatrice della fatica del ricordo nei sopravvissuti e della sottovalutazione del fenomeno che almeno fino agli anni Sessanta ha attraversato anche il panorama italiano. Ancora oggi, purtroppo, esistono i “negazionisti” cioè coloro che negano l’Olocausto, e i “nostalgici” cioè coloro che si ispirano ai gerarchi nazi-fascisti. Ma quello che è successo con la proclamazione delle leggi razziali è davvero qualcosa che ha scritto la pagina più buia della storia dell’umanità.

L’internamento nel lager è stata un’esperienza estrema, una discesa negli abissi, inconcepibile per chi ritiene che la storia sia un progressivo cammino di evoluzione e civiltà. Auschwitz dimostra proprio il contrario: esiste il lato disumano del progresso che può essere utilizzato per l’umiliazione e l’annientamento dell’individuo. I fascismi, da questo punto di vista, furono dittature moderne.

Alcune fonti storiche spiegano infatti   che lo sterminio di massa discende da un disegno pianificato che utilizza la razionalità industriale. All’interno di questo processo l’uomo è assimilato a un manufatto. Nelle menti degli aguzzini la deportazione è come il trasporto della merce, l’internamento è il trattamento del prodotto da spremere. I deportati sono la forza lavoro da sfruttare fino alla consunzione e alla morte. Per questo, veniva usato un gas frutto della ricerca chimica, lo Zyklon B, un composto a base di cianuro prodotto dalla I. G. Farben, colosso dell’industria tedesca specializzata in antiparassitari. E sempre per la logica industriale, quei corpi che occupavano troppo spazio venivano inceneriti nei forni crematori, fabbricati dalla ditta Topf di Wiesbaden, che dopo la guerra ha continuato a operare, senza nemmeno sentire lo scrupolo di cambiare denominazione sociale.

Ogni essere umano: uomo, donna, bambino, che varcava la soglia del lager, veniva privato di abiti, scarpe, occhiali, orologi, perfino dei capelli, delle catenine, dei denti d’oro e delle protesi degli arti. Tutti questi oggetti venivano riutilizzati dalle industrie o distribuiti in Germania. Il destino di chi subiva il distacco della protesi era poi quello di essere subito condotto nelle stanze della morte poiché inabile al lavoro. Privati di ogni possesso materiale, venivano poi declassificati da individuo a numero, una sigla incisa nella carne che stabiliva la sua degradazione totale, cioè meno di uno schiavo.

La privazione dell’identità diventava, con il passare dei giorni, progressiva perdita del proprio corpo sino a che le persone non erano ridotte a fantasmi di ossa barcollanti. A quel punto, quando le guardie constatavano che la capacità lavorativa dei prigionieri era esaurita, venivano condotti nelle camere a gas dove anche la morte non avveniva in maniera indolore, ma era lenta nel patimento dell’asfissia.

Nei campi di sterminio nazisti trovarono la morte oltre 3 milioni di ebrei, che tra fucilati e morti nei ghetti sono diventati circa 6 milioni; 3 milioni e 300 mila prigionieri di guerra sovietici (compresi gli slavi su cui era piombata la politica di annientamento); 1 milione di oppositori politici; 500 mila zingari Rom; circa 9 mila omosessuali, 2.250 testimoni di Geova oltre a 270 mila morti tra disabili e malati di mente.

Purtroppo, la politica dello sterminio nel Novecento non è né cominciata né terminata con Auschwitz: il genocidio degli armeni, le vittime dei gulag, la pulizia di classe dei Khmer rossi in Cambogia e, negli anni Novanta, le pulizie etniche in Jugoslavia e in Ruanda, oltre ai gas di Saddam Hussein contro i curdi, definiti un popolo che non esiste.

Tuttavia, quello nazista rimane il più sanguinoso, pedissequo e pianificato genocidio di massa. Il nazismo ha sacrificato obiettivi bellici pur di continuare a uccidere nei campi, si pensi che a Mauthausen le camere a gas hanno operato fino al 28 aprile 1945, cioè tre mesi dopo l’ingresso delle truppe dell’Armata Rossa ad Auschwitz.

Alla base di ogni politica di sterminio ci sono sempre: l’assenza di democrazia e la deriva ideologica, nazionalista e razziale innalzata a metro dell’agire politico. Allora bisogna ricordare perché la memoria serve a sentire le cose vicine, presenti, possibili. Ma serve soprattutto a capire, per evitare che la storia si ripeta.

a/f