Il paradosso dei risparmi
Il governo ha scelto di chiudere la scuola elementare di Città perché, dice, il numero dei bambini è diminuito. Eppure anche per l’anno scolastico che si aprirà a settembre i 28 bambini residenti dovranno formare due classi. Perché non una a Murata e una in Città? Il governo dice che deve diminuire i soldi spesi, cioè fare dei risparmi. Ma quali sarebbero questi risparmi se tutto il personale necessario in Città dovrà essere comunque trasferito a Murata?
Il paradosso urbanistico
Il governo sostiene che Città non verrà privata di un servizio fondamentale. Eppure è naturale, lo capisce chiunque, se un servizio essenziale viene chiuso ciò influisce negativamente sulla residenza. Se si chiude La Sorgente, Città perderà abitanti, la conseguenza è inevitabile.
Il paradosso culturale
Il Governo ha messo l’una contro l’altra due agenzie culturali di grande rilevanza, la scuola elementare e l’istituto musicale. Come se la morte della prima possa rappresentare la vita della seconda. “Mors tua vita mea”, siamo di nuovo ai tempi dei gladiatori e questa logica fa del male, molto male, sia all’una che all’altra istituzione. Se il governo vuole dare forza e sostanza all’Istituto Musicale il modo è semplice: occorre liberare gli insegnanti dal sistema della precarietà, creando i presupposti per trasformarlo in una vera e propria scuola curriculare. Un progetto serio ha bisogno di aule di musica, che sono cosa diversa dalle aule di una scuola elementare, ed almeno un auditorium che è molto diverso da una palestra.
Il paradosso demografico
Il governo vuol chiudere Città perché c’è il calo delle nascite. Il crollo di un terzo della natalità negli ultimi 10 anni non riguarda solo Città e Murata, ma apre una ferita che riguarda già da domani i Castelli di Faetano, Chiesanuova e Montegiardino e nel prossimo futuro anche altri plessi. Di fatto la scelta che il Governo ci propone avrà come logica conseguenza quello della chiusura di altre scuole elementari e dell’infanzia sul territorio. Basare queste scelte su questioni numeriche impedisce alla scuola di fare un passo avanti verso una nuova didattica.
Il quinto paradosso, il più grave, quello didattico
Il governo dice di voler chiudere Città basandosi su un documento che invece è stato scritto per l’esatto contrario e cioè per tenere aperta Città, ma anche Faetano, Montegiardino, Chiesanuova.
Un documento che mira espressamente a dare le indicazioni per un modello di scuola a classi aperte e gruppi misti che affronti il problema demografico e contemporaneamente avvii la scuola verso le opportunità che apre la nuova didattica.
Il progetto non è la chiusura dei plessi, ma l’avvio di una sperimentazione didattica dove i bambini possono usufruire di un ambiente di apprendimento più favorevole rispetto alle classi chiuse di vecchia concezione, ed acquisire competenze relazionali e non solo nozioni.
Questo è l’orientamento espresso non solo per rispondere al calo demografico e alla formazione di classi con pochi alunni, ma soprattutto per far fare alla scuola un passo in avanti verso l’apprendimento autonomo, l’analisi e la riflessione critica, l’ascolto e l’osservazione, l’empatia, la riflessione critica, la flessibilità e l’adattabilità, le attitudini linguistiche comunicative e plurilingui, l’attitudine alla cooperazione e alla risoluzione dei conflitti.
Nulla di tutto questo nelle motivazioni del Governo, ma solo un’apparente esigenza di conservazione dei numeri minimi che poco ha a che fare con il futuro dei bambini.
Giuseppe Morganti – Libera