
Finalmente, come scritto nei giorni scorsi, nonostante il muro che ha cercato di alzare Repubblica Futura, una parte del Consiglio Grande e Generale ha messo in campo una prima azione per impegnare “tutta la politica ad adoperarsi affinché vengano accertate a tutti i livelli le varie responsabilità” sui fatti attinenti Banca CIS.
In pratica, ciò è possibile, anche se Alleanza Riformista -la forza politica che ha presentato un ordine del giorno sul tema- non la cita esplicitamente, soltanto attraverso l’istituzione di una Commissione di Inchiesta Consigliare.
Ma, da una indagine limitata a fatti attinenti Banca CIS, seppure potrebbero emergere coinvolgimenti “pesanti” -come visto in queste ultime settimane-, ciò non basta per ricostruire l’ultimo decennio di storia sammarinese, né per cacciare le pesanti ombre che si sono abbattute su alcuni personaggi politici di primo piano del Governo AdessoSM, né, tantomeno, a far scemare i sospetti che il Titano, in quello stesso decennio, possa essere stato teatro di una sorta di colpo di stato. Non si dimentichino, infatti, le eclatanti indagini e processi che hanno coinvolto e spazzato via -senza alcuna condanna nei procedimenti arrivati a sentenza definitiva- una intera classe politica.
Proprio le cronache di questi ultimi giorni mi hanno riportato alla mente un fatto che, a mio parere, appare esser degno di un serio approfondimento: il Processo denominato “Podeschi-Bis”, una -almeno alla “vista” di chi come me non è un professionista del Foro- palese violazione del principio del “Ne bis in idem”, ovvero di quel principio che sancisce che un individuo non possa essere perseguito più volte per lo stesso fatto.
Ma, evitando ulteriori miei commenti che meritano lo spazio che trovano su vicende prettamente tecniche in materia giurisprudenziale, ricordiamo quei fatti, partendo da quel 24 giugno 2014, giorno in cui scattarono -su una indagine condotta (coincidenza?) dallo stesso Commissario Alberto Buriani, che compare in tante vicende relative alle cronache di Banca CIS ed è oggi a processo con l’ex Segretario delle Finanze Simone Celli) gli arresti cautelari ai Cappuccini per l’ex Segretario di Stato Podeschi e la sua compagna.
Anzi, da qualche mese prima, sembra nel 2012. Le Autorità elvetiche mettono sotto la lente di ingrandimento le movimentazione dell’uomo d’affari asiatico Paul Phua aprendo una procedura di accertamento sui suoi ingenti fondi e le frequenti movimentazioni di denaro che lo stesso effettua da conti a da società a lui riconducibili. Fra questo anche un bonifico che da Black Sea Pearl partì all’indirizzo della Cladi di Podeschi e compagna, ragion per chi dalla Svizzera parte una richiesta di verifica, o di chiarimento, su quella movimentazione.
Di questa richiesta non trapela nulla fino al 24 giugno, giorno dell’arresto di Podeschi. Indagato, secondo l’ipotesi accusatoria, per essersi prestato a riciclare quei soldi “sporchi” di Phua. Il malcapitato Ex Ministro, con quell’accusa, si sorbisce oltre un anno di custodia cautelare in carcere, più un altro periodo di arresti domiciliari. Poi il lungo processo chiuso nel marzo dello scorso anno senza alcuna condanna.
Ma c’è un aspetto che inquieta in questa vicenda. Mentre l’Ex Segretario di Stato veniva arrestato in quel 24 giugno 2014 si è ignorato un evento chiave: l’accertamento svizzero si era chiuso nel precedente mese di febbraio con l’archiviazione, ovvero l’accertamento della regolarità dei fondi di Phua e di Black Sea Pearl, tante scuse all’uomo d’affari e la restituzione del capitale che era stato bloccato più il rimborso delle spese legali. Da quel febbraio 2014, quindi, anche i 2,5 milioni finiti nelle casse di Clabi avevano il “bollino” di genuinità e regolarità sulla loro “pulizia”. Ma se non ci sono soldi “sporchi”, come può sostenersi una accusa -al pari di una sentenza di condanna di primo grado- per riciclaggio basato sulla movimentazione degli stessi?
Possibile che dal Tribunale sammarinese non si sia verificato l’esito dell’indagine elvetica prima di confezionare una accusa di reato e un’ordinanza di custodia cautelare? Di quell’atto svizzero non si sarebbe, probabilmente, saputo nulla se i legali difensori di Podeschi non lo avessero scoperto e poi acquisito autonomamente da fonti svizzere. Non doveva essere il lavoro degli inquirenti verificare le basi delle loro accuse?
Ma le stranezze non finiscono qui. Nonostante Podeschi sia stato mandato a processo con l’accusa di riciclaggio per aver movimentato quel 2,5 milioni di euro (bonifico relativo ad un progetto di investimento da realizzare sul Titano, si è sempre difeso), lo stesso Commissario della Legge che lo ha rinviato a giudizio per quel reato, Buriani, sembra cambiare idea e apre un’altra indagine, sempre a carico dello stesso Podeschi e sempre basata su quel bonifico da 2,5 milioni, ma con un’altra ipotesi di reato: corruzione. In pratica, quei soldi sarebbero finiti a San Marino per una compravendita di passaporto diplomatico.
Non vi pare logicamente assurdo?
Sta di fatto che un sammarinese era per aver riciclato, per conto di Phua, un paio di milioni e, nello stesso tempo, era a processo perchè quegli stessi milioni erano frutto di corruzione. Stessi soldi, due fatti diversi, due accuse diverse… Ma quale Segreteria di Stato -è lecito chiedersi- rilascia i passaporti diplomatici sammarinesi? La Segreteria degli Esteri, all’epoca retta Antonella Mularoni (Alleanza Popolare), che non mi risulta sia stata indagata e, di certo, non è stata rinviata a giudizio con Podeschi. Come si può, quindi, logicamente ipotizzare una compravendita di passaporti diplomatici senza indagare chi guida la Segreteria di Stato competente al rilascio degli stessi?
Questa vicenda, quindi, sembra essere un altro “puntino” da unire ai tanti già posati. Un altro tassello che -almeno apparentemente scollegato dalle vicende CIS, va comporre un puzzle inquietante sul quale, una volta completato, non si potrà non fare piena luce con una apposita Commissione di Inchiesta Consigliare.
Enrico Lazzari