San Marino. Gozi, consulente di Bcsm in lista con Macron. Articolo completo

In passato avrebbe già avuto modo di conoscere l’attuale presidente di Bcsm Catia Tomasetti: sarebbe stato proprio lui a caldeggiarne la nomina alla guida di CariCesena. Lo si legge in un articolo apparso nel 2017 su L’Espresso che ne ripercorre le vicende.

Sandro Gozi, già sottosegretario agli affari europei nei governi Renzi e Gentiloni ha annunciato ieri di candidarsi nella lista per le europee de La République En Marche, il partito di Emmanuel Macron.

Gozi ha con San Marino un rapporto privilegiaTo visto che dal 2018 è consulente di Bcsm – che gli ha riconosciuto un corrispettivo di 120mila euro – e lo sarà fino al termine della collaborazione, ovvero il prossimo 29 giugno. Gozi in passato avrebbe già avuto modo di conoscere l’attuale presidente di Bcsm Catia Tomasetti, sarebbe stato proprio lui a caldeggiarne la nomina alla guida di CariCesena.

Lo si legge in un articolo apparso nel 2017 su L’Espresso a firma Giuseppe Oddo che ne ripercorre le vicende. “Al termine dell’ispezione del 2015, Bankitalia sembrava certa di poter salvare CariCesena con un duplice aumento di capitale: uno di 50-70 milioni riservato ai soci romagnoli e uno riservato a un “cavaliere bianco”, probabilmente Credit Agricole-Cariparma, che avrebbe dovuto apportare altri 100-120 milioni. Per realizzare questo piano, nel febbraio 2016, era stata chiamata a presiedere la banca Catia Tomasetti, presidente di Acea di Roma e partner dello studio legale milanese Bonelli, Erede, Pappalardo. A caldeggiarne la nomina era stato il democratico Sandro Gozi, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega agli Affari europei, originario del luogo.

Poi i conti di CariCesena sono precipitati: è intervenuto il Fondo interbancario dopo avere modificato il proprio statuto, costituendo lo “schema volontario di intervento”, e a fine settembre 2016 la Tomasetti ha rassegnato le dimissioni con altri sei amministratori.

Da quel momento la crisi è esplosa. Le Fondazioni bancarie di Cesena, Faenza e Lugo, che avevano i due terzi del capitale della banca, si sono ritrovate con un pugno di mosche. Oggi detengono, insieme ai piccoli soci, il 5 per cento. Il 95 per cento fa capo al Fondo interbancario.

Al 31 dicembre 2016 le perdite sono scese a 66 milioni imputabili a oneri straordinari per interventi di efficienza, per l’uscita volontaria di 156 persone e per la chiusura di 27 filiali”. Una situazione certamente difficile da fronteggiare.

Qui sul Titano gli scenari non paiono essere meno foschi, a fare le spese della crisi del sistema sono come sempre i risparmiatori.

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