L’incontro tecnico tenutosi a Roma venerdì, è stato la resa di un Paese, con la richiesta di una pace onorevole ed equa.
Forse non è bastato.
Avremo in ogni caso le nostre forche caudine da attraversare, con le condizioni che ci saranno dettate da Roma.
San Marino è oramai, volente o nolente, una società cambiata nel profondo, velocemente, ma non abbastanza per i nostri interlocutori.
C’è un nuovo futuro da costruire.
Un futuro che va immaginato e pensato in un’unità di intenti da parte di tutte le componenti della nostra comunità.
Non si può pensare in un momento così determinante che qualcuno faccia da solo.
Abbiamo dovuto azzerare tante situazioni per avere oggi l’opportunità di ricostruire in maniera migliore.
La responsabilità della situazione in cui ci troviamo è da ritenersi collettiva così come lo è la responsabilità di dover trovare un cammino di sviluppo alternativo e innovativo.
Urge individuare nuovi modelli di sviluppo, non solo economici ma anche sociali e culturali.
Un’economia che veda i sammarinesi tornare protagonisti, tutti e non solo alcuni, anche in partnership con imprenditori forensi, ma sempre e comunque coinvolti e presenti.
Necessita lo sviluppo di una rete di solidarietà interna al Paese che unisca e non divida i suoi cittadini, che riparta dall’uomo per dare risposte all’uomo.
Occorre uno sforzo di tutti per cambiare la cultura del Paese.
La politica torni a fare politica per il gusto di trovare soluzioni ed inventare nuovi modelli di convivenza finalizzati a superare le difficoltà: non solo quindi per logiche di potere!
Vi è quindi l’esigenza di guardare oltre, di elevare il nostro spirito ricordandoci che siamo la più antica Repubblica del mondo, rappresentante comunque i valori di uguaglianza, fraternità e libertà. Valori alla base del vivere sociale.
Alberto Chezzi