Le cicatrici del dominio russo si leggono nelle città, nelle case, nel paesaggio, nei visi delle persone che sono senza pane e senza riscaldamento. La guerra è qualcosa di terribile: povertà, paura, la distruzione lasciata dalle bombe, l’odore della morte. È qualcosa che non si può dimenticare. Ma anche qualcosa che non si può fare finta di non vedere per noi che stiamo al di qua del confine territoriale conteso.
Dal 24 febbraio scorso, l’ordine del mondo è cambiato: un Paese membro del Consiglio di Sicurezza dell’ONU decide di occupare un altro Paese sovrano prendendo a pretesto la storia e rivendicando un diritto divino sulla proprietà di quelle terre. Una vera guerra di invasione, che dovrebbe consumarsi tra soldati e invece usa tecniche terroristiche per colpire la popolazione, torturarla, minacciarla e costringerla ad accettare il regime.
Una mattina mi son svegliato e ho trovato l’invasor… Così probabilmente si sono sentiti gli ucraini e subito si sono rimboccati le maniche, hanno imbracciato le armi e hanno risposto al fuoco con il fuoco. A parte i motivi ideali, forse è stata questa reazione così forte e così determinata a smuovere le coscienze dell’Occidente per mandare quegli aiuti senza i quali l’Ucraina non ce l’avrebbe fatta. Sulla carta infatti, la Russia aveva le maggiori chances, se non altro per la potenza e la grandezza del suo esercito, considerato al secondo posto tra le forze armate di maggior rilievo al mondo dopo quelle degli Stati Uniti. Salvo poi, mostrarsi un po’ troppo “sgarruppato”, come hanno scritto alcuni giornali. Circa 20.000 soldati uccisi, almeno 1.600 veicoli corazzati distrutti, insieme a decine di aerei e alla nave ammiraglia della flotta del Mar Nero. L’assalto alla capitale Kiev, un caotico fallimento. Leon Trotsky ha scritto che “l’esercito è una copia della società e soffre di tutte le sue malattie, di solito ad una temperatura più alta”. Forse qui sta la ragione delle tantissime atrocità contro i civili di cui abbiamo sentito raccontare quotidianamente in tivù e i continui ricatti del Cremlino in relazione all’erogazione del gas e alle spedizioni di grano.
Eppure, in questi mesi molte cose sono cambiate negli equilibri geopolitici mondiali, specialmente dopo il G20 di Bali. La stretta di mano tra Biden e Xi non ha cambiato la partita tra Usa e Cina, ma ha cambiato il rapporto tra Xi e Putin. Le due economie mondiali più grandi e più potenti, Usa e Cina, rimarranno competitive, ma ben intenzionate a non fare saltare gli equilibri per colpa di questo o quello. Putin non c’è, all’ultimo minuto manda il suo ministro degli esteri Lavrov, ma ormai la sua debolezza è conclamata.
Cosa succederà adesso? Si può sperare nella fine della guerra? Il 13 novembre scorso l’esercito ucraino libera quasi tutta Kherson, oltre 30mila soldati russi si riposizionano sulla riva sinistra del fiume Dnipro, ma il Cremlino rivendica: “Il nostro ritiro non è un’umiliazione”. Poi bombarda Mykolaiv. Cosa sta succedendo? Il canale Telegram Generall Svr, gestito da un ex ufficiale russo oggi dissidente, riporta che dietro le quinte i mediatori finalmente parlano: “Il presidente russo Vladimir Putin ha ricevuto offerte di pace e ha avviato negoziati attraverso intermediari di fiducia con il tentativo di raggiungere il congelamento delle ostilità in Ucraina o di concludere un accordo di pace ovviamente tenendo conto degli interessi della leadership russa”. Per l’Occidente, una Russia “ammaccata” e non umiliata è meglio di una Russia nella morsa della Cina.
Secondo “Generall”, a Putin è stato fortemente consigliato di non scartare la proposta, ma di cogliere l’opportunità per uscire da un’invasione insensata senza perdere la faccia. L’account riporta anche i possibili dettagli del negoziato: “La Russia ritira le sue truppe dai territori occupati e consente alle forze armate ucraine di raggiungere il confine. La Crimea viene tolta dalle discussioni per sette anni, viene smilitarizzata e la flotta della marina russa lascia il tratto del Mar Nero di fronte alla Crimea. In cambio sarà garantito che l’Ucraina non aderirà alla Nato per sette anni. Il confine della Russia e della Repubblica di Bielorussia con l’Ucraina sarà smilitarizzato dalle armi pesanti russe per 100 km. La Transnistria passa sotto il controllo della Moldova. Saranno previste garanzie di reciproco non attacco”. Vladimir Putin dovrà valutare la proposta e subito si instaura un clima di fiducia.
Eppure, non sembra che sul fronte di guerra le cose stiano migliorando: attacchi mirati alla centrale di Zaporizhzhia, milioni di persone al freddo e senza cibo, i russi hanno distrutto un terzo delle infrastrutture energetiche ucraine. Andrà a finire come in Siria?
Il Cremlino, ieri come oggi, ragiona in termini di rapporti di forza. Durante gli anni del conflitto in Siria, la Russia ha usato tredici volte il suo diritto di veto al Consiglio di sicurezza dell’Onu per bloccare qualsiasi condanna delle proprie azioni. Mosca ha seguito la stessa strategia recentemente ponendo il veto sulla condanna per l’annessione dei territori conquistati in Ucraina. Nulla esclude che la guerra possa durare altri 10 anni, come in Siria. Come se nessuno avesse mai imparato nulla. Ma speriamo di sbagliare…
a/f