È il primo investimento che fa la Repubblica ormai da qualche anno a questa parte. Parliamo di una tecnologia molto avanzata, che il territorio sammarinese non ha mai avuto e che è precisamente finalizzata alla qualità della cura, cioè il robot chirurgico sul quale si sono innestate le frecce dei detrattori a prescindere.
Che cos’è, cosa si fa con questa strumentazione, quali sono le sue peculiarità e possibili evoluzioni è stato spiegato da una significativa rappresentanza del gotha della chirurgia italiana, nel corso di una tavola rotonda che si è tenuta ieri nell’Aula Magna dell’Università all’ex Santa Chiara. Presenti il Segretario Ciavatta, il direttore Bevere, il chirurgo Giovanni Landolfo.
Nati negli anni ’80, i primi robot nel campo medico offrivano assistenza chirurgica tramite le tecnologie a braccio robotico. Nel corso del tempo, la visione artificiale consentita dall’intelligenza artificiale e l’analisi dei dati hanno trasformato la robotica sanitaria, espandendone le funzionalità in molte aree dell’assistenza sanitaria. Insomma, un passo avanti (o forse molti passi) rispetto alla laparoscopia, che già a suo tempo fu una grande innovazione.
Con l’avanzare delle tecnologie di controllo del movimento, i robot di assistenza chirurgica sono diventati sempre più precisi. Questi robot aiutano a eseguire microprocedure complesse, senza l’esigenza di praticare grandi incisioni, evitando al contempo nervi e altri ostacoli.
Il robot Da Vinci (il più famoso e il più usato negli ospedali italiani) attualmente possiede quattro bracci: tre per gli strumenti chirurgici e uno per la telecamera con due lenti, che viene inserita all’interno del paziente per consentire al chirurgo di avere una visione completa in stereoscopia dalla console. Il chirurgo, in questo caso, rimane seduto nella propria postazione e guarda nei mirini per esaminare le immagini 3D, che sono proiettate dalla telecamera inserita all’interno del paziente, e controlla gli strumenti sorretti dai bracci robotici, i quali a loro volta sono manovrati in tempo reale da due pedali e un joystick.
I vantaggi sono presto detti. Pensiamo alla fase post operatoria, spesso molto lunga per via di operazioni molto invasive. Con l’utilizzo di un robot chirurgico, essa si riduce grazie alla possibilità di eseguire delle micro-incisioni, limitando il trauma, il rischio di complicazioni, il tempo di ricovero e consentendo di ritornare presto alla vita quotidiana. Sono, inoltre, sistemi altamente versatili che permettono di eseguire operazioni a distanza; a questo proposito è senz’altro emblematico ricordare la storica operazione eseguita nel 2001 da Jacques Marescaux, che per la prima volta eseguì un’operazione di colecistectomia a 6200 Km di distanza. Il paziente si trovava a Strasburgo e il chirurgo a New York.
Inoltre, i robot chirurgici garantiscono una visione migliore delle strutture anatomiche garantendo un’immersione del chirurgo in uno spazio 3D ad alta risoluzione, invece che utilizzare le immagini e video 2D della tradizionale chirurgia invasiva. Pertanto, la robotica sanitaria consente un elevato livello di cura dei pazienti, processi efficienti negli scenari clinici e un ambiente sicuro sia per i pazienti che per gli operatori sanitari.
Questo hanno spiegato i vari esperti, chirurghi di grandissima fama, che si sono alternati ieri ai microfoni dell’ex Santa Chiara. Al direttore generale il compito di dare una lettura tutta sammarinese. Bevere è un tecnico, non un politico, eppure la sua presentazione ha avuto un forte taglio politico nel rispondere a coloro che obiettano sul fatto che “spendiamo ma non prendiamo personale”. Sarebbe stato molto semplice citare un articolo di ieri sul Carlino in cui si raccontava le grandi difficoltà della medicina di base a Rimini. Cioè Rimini. Cioè la regione Emilia Romagna. Cioè uno dei sistemi sanitari più attrezzati e più all’avanguardia di tutta Italia. Sarebbe altrettanto facile chiosare: mal comune, mezzo gaudio. Ma non è così. Medici e infermieri mancano ovunque. Ciascuno corre al riparo come può. E Bevere spiega: “I medici non si comprano. I medici hanno bisogno di un progetto, di un’innovazione. Ecco perché si spostano. O rimangono”.
San Marino ha un ospedale di alto livello, ma è affetto da un immobilismo che non valorizza le sue potenzialità, ha detto. Per questo, il Comitato Esecutivo ISS ha appoggiato la richiesta del dottor Landolfo, che a sua volta era appoggiato da altri medici ospedalieri. Il che costituisce già uno staff pronto ad misurarsi con le nuove tecnologie, a crescere e a dare risposte sempre più qualificate.
“La medicina di precisione aiuta il personale a crescere. La crescita professionale va tutta a vantaggio dei malati con una risposta che è sempre più efficiente”. Ha poi affrontato il tema del sistema sanitario universalistico, che a San Marino è un vero fiore all’occhiello mentre in Italia è molto mitigato. “Qui, il cittadino riceve tutto ciò di cui ha bisogno – ha rimarcato – e ci sono strategie per dare il meglio, per una medicina di qualità e sostenibile”.
Insomma, se è vero che il futuro passa attraverso la medicina robotica, San Marin l’avrà presto in casa. Si parla addirittura entro l’estate.
a/f