San Marino. I totalitarismi del Novecento: per non dimenticare! … di Alberto Forcellini

L’arcipelago Gulag e l’universo Lager. Due universi concentrazionari, quello nazista e quello sovietico. Il Novecento e l’impatto dei totalitarismi. Temi di assoluta attualità, che partono da anni di storia ormai lontani, ma determinanti per la nostra epoca. Quando facciamo riferimento ai grandi totalitarismi del Novecento, ci riferiamo ad una storia che ci appartiene strettamente.

È un grande errore concentrare l’attenzione solo sulla Seconda Guerra Mondiale e quasi dimenticare la Prima, le due guerre stanno assieme, esiste una piena continuità. Dobbiamo capire che la prima metà del ’900 europeo, quando l’Europa dominava il mondo, è totalmente segnata dalla guerra, è una guerra che inizia nel ’14 e arriva al ’45. E non finisce di colpo, tutt’altro. Due intere generazioni cresciute nella guerra e formate dalla guerra, in un ambiente dove la creazione del consenso, la repressione politico-culturale, il razzismo antisemita hanno generato fascismo, nazismo, bolscevismo, che per quanto diversi tra loro, hanno i tratti comuni di tutti i totalitarismi. Il totalitarismo rappresenta il cortocircuito della “politica normale” in quanto la politica in senso stretto, anziché rappresentare la società, impone ad essa la sua logica: la politica che diviene totalitaria rispetto alla società è la negazione della politica stessa.

Una domanda che oggi attanaglia gli studiosi riguarda la crudeltà di questi tre regimi. Ci si chiede quale di questi sia stato il peggiore. Di certo tutti gli omicidi commessi sono egualmente condannabili. Tuttavia, fu solo il nazismo ad operare un genocidio, una vera e propria uccisione di massa con “l’intenzione di distruggere completamente o in parte un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso in quanto tale”. È questa la definizione incontestabile della Convenzione delle Nazioni Unite del 9 dicembre del 1948.

Quanto fu preciso “ingegnere sociale” lo stalinismo, tanto fu scrupoloso “ingegnere genetico” il nazismo. Lo sterminio degli ebrei rappresenta l’espressione estrema di distruzione sistematica dell’altro in quanto tale, apice della manifestazione del nazismo.

Nonostante la brutalità dello sterminio ponga gli storici nella condizione di narrare l’inenarrabile, talmente terribile da essere quasi incredibile e pertanto sottoponibile al più bieco revisionismo – che nega lo sterminio nei tempi e metodi trasmessi dalla storiografia – la Shoah (termine ebraico traducibile con “disastro”) è disgraziatamente un fatto storico che come tale va considerato con precisione e puntualità. Lo sterminio di sei milioni di ebrei come insetti nocivi, il tentativo di eliminare un intero popolo in quanto tale, e la sua memoria, costituisce una guerra parallela che Hitler condusse, una volta persa la guerra contro le potenze Alleate, ma che aveva già precedentemente avviato. Lo sterminio degli ebrei infatti, fu realizzato in tre successivi passaggi: 1939 la ghettizzazione in Polonia, 1941 l’uccisione sistematica, ad uno ad uno, degli ebrei nel territorio sovietico, e infine il trasferimento ai campi di concentramento, lo sterminio tecnologico.

Hannah Arendt, nel suo libro La banalità del male, studia il profilo psicologico di Eichmann, colonnello delle SS responsabile delle deportazioni nei campi di sterminio, per comprendere gli ingranaggi che fecero funzionare un totalitarismo quale il nazismo. La cieca obbedienza di uomini “ben educati” garantì la stabilità di uno dei più spietati regimi totalitari della storia. Insomma, la Arendt mostra come la deresponsabilizzazione degli individui fosse alla base dei regimi totalitari. Autori di grandi misfatti, come Eichmann, non si sentirono così responsabili del male commesso, dicendo di aver eseguito solo degli ordini. Infatti l’obbedienza era inculcata come la prima delle virtù nelle scuole totalitarie.
Significative sono le parole di Tocqueville: “Il totalitarismo è un potere che non annulla l’esistenza ma la regola; non tiranneggia, ma comprime, snerva, logora e stordisce un popolo, finché non sia tutto quanto ridotto a un gregge di animali timidi e industriosi di cui il governo è pastore”.

Una lezione, per tutti noi, da non dimenticare!

a/f