La macchina del fango era partita da tempo. Ovvero in tempi in cui il disegno su Asset, quel che sarebbe accaduto, era addirittura inimmaginabile. L’istituto era solido in tutti i suoi parametri e quello della liquidità era superiore a quanto stabilito dalla legge. Non solo: la banca era diventata un punto di riferimento importante nella sfera della cultura e dell’architettura, nel campo del sostegno allo sport e al sociale. Senza contare che principalmente l’istituto iniettava linfa vitale all’economia reale. Non rimaneva – ai suoi detrattori – che sfruttare al meglio il processo di Forlì pur sapendo che si sarebbe pian piano smontato perché di fatto – anche le pietre lo sanno – si trattò di un attacco al sistema San Marino. Quando i suoi vertici furono arrestati nel 2008 la banca non fu messa in amministrazione straordinaria né si videro file agli sportelli. Al loro ritorno i vertici di Asset non si sottrassero in alcun modo a spiegare ciò che era avvenuto e parlarono spesso in prima persona, senza l’intermediazione degli avvocati, per far passare non l’astratto concetto della propria ‘strainnocenza’ ma per ribattere punto su punto ai contenuti delle accuse. Niente da fare perché la patente del cattivo resta e chi fa in modo di affibbiarla a qualcuno evidentemente questo lo sa. Si continua a parlare di Re Nero con le intercettazioni cancellate. Perché le hanno cancellate? Forse il processo di Forlì ha radici sammarinesi? Faceva parte dello stesso progetto? Politici vecchi e nuovi non sembrano diversi in questo e faticano a liberarsi dai pregiudizi che sono poi stati veri trampolini di lancio per disegni che si sono rivelati devastanti. Evidentemente è un po’ di tutti la responsabilità del disastro. Specie di chi non sa vedere oltre e si limita a guardare la superficie delle cose. Chi non ha competenze spesso si affretta ad affibbiare la patente di cattivo a chi fa risiedere la propria forza nei fatti e nel saper fare. Capita così agli incompetenti. Ululano alla luna, finché quella si stufa e gli cade in testa. Le sentenze Pasini che danno ragione ad Asset hanno fatto compiere un passo avanti perché più nessuno si spinge a mettere in discussione l’istituto, il fatto che fosse solido e che sia stato chiuso senza motivazione. Ora ci sono consiglieri di maggioranza che con infinita faccia tosta, dopo aver sempre perorato le scelte di Bcsm, affermano di non aver mai visto un commissariamento fatto così male. Dalle fila dell’opposizione rimarcano invece come non fosse affatto necessario aspettare le sentenze del giudice Pasini considerato che era chiaro che l’istituto fosse stato fatto chiudere perché la sua liquidità serviva ad un altro istituto che invece non ne aveva. Onestà intellettuale vorrebbe che si facesse anche un passo in più: se l’istituto disponeva di molta liquidità non è perché era ben gestito? Non è un paradosso sostenere il contrario? Questa in fondo è davvero la Repubblica del paradosso. C’è chi è strainnocente ed è l’ex ad di una banca che si sarebbe autoinflitta il provvedimento di rigore, l’amministrazione straordinaria prima e il blocco dei pagamenti poi. E c’è un cattivo che ha però gestito la propria banca talmente bene da dar parecchio filo da torcere a chi era stato mandato per distruggerla.
Repubblica Sm