Provo a fare affermazioni non di circostanza riguardo l’8 marzo.
Siamo tutti consapevoli che la condizione della donna osservata con gli occhi di oggi è ed è stata,anche pesantemente, discriminata. Siamo altresì consapevoli che molte cose sono cambiate in meglio. Se non si corresse il rischio di essere fraintesi e magari accusati di vetero maschilismo, si potrebbe però serenamente osservare che ogni organizzazione sociale tende a produrre ruoli utili al suo funzionamento ed alla sua sopravvivenza per cui più che raffronti fra una società ed un’altra, fra ieri ed oggi ecc, sarebbe più opportuno fare contestualizzazioni e valutare il contesto per quello che è e non secondo schemi ideologici o preconcetti.
Voglio dire che,ad esempio, in un contesto patriarcale, i ruoli erano molto netti e molto rigidi sia per la donna che per l’uomo,entrambi inquadrati in un sistema di regole ferree in grado però di dare, appunto in quel contesto,senso alla vita e possibilità di sussistenza in una società dove necessariamente il gruppo (vuoi famigliare, vuoi di classe, vuoi di nazione,vuoi di fede ecc) veniva molto prima del singolo che quasi in quanto tale non esisteva e non poteva sussistere.
E se ti riconosci fino in fondo in un gruppo, se tu ed il gruppo siete una cosa sola per cui il noi è preponderante rispetto all’io, parlare di discriminazione è assolutamente arbitrario e fuorviante ed in ogni caso la discriminazione è riferibile al gruppo e non al singolo come ha ben dimostrato la lotta di classe che forse non è tramontata per sempre, direbbe compiaciuto il vecchio Marx….
Questo ragionamento è riferito comunque a fenomeni sociali occidentali,vale a dire ad un mondo che ha nel suo DNA la cultura egizia, greca,romana,il cristianesimo,l’umanesimo,l’illuminismo ecc. ecc., per dire un percorso di civiltà che pure con le sue contraddizioni e percorsi tortuosi (la storia non è un processo del peggio verso il meglio ), ha comunque alla sua base una concezione umanistica dell’Uomo fino al punto che il cristianesimo proclama l’uomo “immagine di Dio”.
La società capitalistica, il libero mercato, la globalizzazione come forme di organizzazione economica e sociale hanno determinato la fine dei modelli sociali precedenti approntandone dei nuovi sia per l’uomo che per la donna. sono quelli che stiamo vivendo.
Vivendoli ovviamente li consideriamo migliori.
Oggi il noi è praticamente ridotto al lumicino e l’io è preponderante.
Ci sentiamo più liberi e rivendichiamo sempre maggiore libertà, maschi e femmine, avvicinandoci sempre più ad un cratere nichilistico dove nulla è più certo e dove nulla è più condiviso: ognuno da solo verso la disperazione.
Le contraddizioni che si sommano in una società sempre più fluida al punto di divenire inconsistente e smantellata in ogni sua dimensione dall’egoismo imperante del singolo, probabilmente stanno mettendo le premesse individuali e di gruppo per rivoluzionare l’esistente verso nuovi modelli di convivenza e di società che al momento non si intravedono all’orizzonte se non per segnali contraddittori.
Avviene in occidente con il trumpismo negli USA,i regimi autoritari dell’est europeo, i movimenti nazional- autoritari in Francia, Olanda, Italia ecc. ed in oriente, si pensi solo al caso della Turchia.
Chi vivrà vedrà, ma se questi processi continueranno, i ruoli e “le conquiste” che ora ci sembrano irrinunciabili dovranno-verranno necessariamente essere rivisitate.
Ho voluto dire cose non scontate che spero sollecitino altri interventi ed altri punti di vista.
Un cenno merita infine anche la recente iniziativa della Segreteria di Stato per le pari opportunità.
Ho potuto vedere la locandina e ho trovato discutibile la dedica perché può essere mal interpretata facendo pensare ancora la donna come categoria fragile e quindi da proteggere e non portatrice di diritti-doveri come i cittadini maschi.
Molto discutibile anche l’accostamento della spiga di grano che rimanda al mito di Proserpina – figlia di Cerere – e che simboleggia l’alternarsi delle stagioni ed il risveglio della natura dopo il sonno invernale; e la mimosa, simbolo di forza e femminilità presso gli indiani d’America (e per questo scelta per la festa della donna).
Sempre simbolicamente, l’Acacia dai bei fiori gialli è pianta considerata incorruttibile dagli antichi, è l’albero che consentì ad Iside di ritrovare il corpo di Osiride e resuscitarlo e cosi anche ai discepoli di ritrovare il corpo di Hiram,grande architetto del tempio di re Salomone come riporta la tradizione massonica.
Ma forse per certe “autarchie culturali” – chiamiamole così per non essere maleducati – questo è un po’ troppo ed è meglio chiuderla qui.
Terminano con un omaggio alle donne della mia vita, a partire da quelle più importanti: mia madre, la mia compagna, mia figlia, le mie sorelle. A loro devo tutto e sono felice di poter vivere un tempo in cui,magari con più fatica di me, esse hanno potuto realizzare e realizzarsi in quanto persone ed in quanto donne.
Dario Manzaroli