Che l’Europa è il nostro destino l’ho scritto martedì scorso e lo scriverò ogni volta che ne capiterà l’occasione. Di Europa del resto parliamo tutti, soprattutto in questo tempo in cui il mondo ha lo sguardo fisso sulla Grecia. Ma l’Europa non è solo il dramma della Grecia e quando si parla di Europa si vuole soprattutto parlare di apertura.
E’ la forma mentis che San Marino – ma non solo San Marino – dovrebbe avere e forse ancora non ha. Ciò che rende questa nostra Repubblica così attraente agli occhi del mondo non sono né le sue imprese né le sue banche ma è prima di tutto la sua storia, la sua cultura, i suoi monumenti.
E tuttavia per mantenere le bellezze di San Marino servono soldi. Servono quelli dello Stato, quelli delle banche, quelli dei privati. Ma ancora non bastano come del resto non sono bastati a Roma i soldi dei Della Valle, dei Bulgari, dei Fendi e di tutti coloro che hanno legato il proprio brand al restauro dei principali monumenti della Città Eterna. A mio avviso perciò non si è dato sufficiente risalto alla notizia che il sindaco di Roma ha incontrato e convinto l’imprenditore uzbeco Alisher Usmanov a finanziare un fondo dedicato alla conservazione dei beni culturali dimostrando ancora una volta che il mecenatismo è un asset fondamentale nella sfera dell’arte.
L’oligarca uzbeco – stando alle stime di Forbes il più ricco di Russia – non avrebbe chiesto nulla in cambio. Le sue buone azioni, sostanziate di molti zeri, guardano a orizzonti più grandi degli affari. Quelli che a ben vedere accomunano gli uomini di tutti i paesi. La lista dei mecenati interessati a legare il proprio nome al restauro di monumenti che sono patrimonio dell’anima sarebbe lunga. Basti dire che non si fa in tempo a scoprire nuovi siti che già arrivano proposte di sponsorizzazione.
Eppure prendere consapevolezza del nuovo non è mai facile. Spesso anziché aprirsi al cambiamento si preferisce chiudersi nel proprio guscio. Accadde qualcosa di simile nel 1957 quando il New York Times di sabato 5 ottobre aprì con un titolo dal sapore minaccioso “La Luna Rossa Sopra l’America”. Iniziava allora con lo Sputnik una nuova era, quella dell’uomo sulla Luna. E tuttavia gli Americani percepirono quella nuova fase come una minaccia e anziché vivere il momento ed aprirsi alla storia cominciarono a credere di doversi riparare dal lancio imminente di una bomba atomica.
Da quel momento le famiglie americane ritennero di aver bisogno dello shelter che spuntò immancabilmente in tutte le liste nozze. Esso era un banale rifugio antiatomico attrezzato di acqua, cibo e radiotransistor dove poter sopravvivere, in caso di pericolo, per due settimane. Allora sulla paura degli americani fiorirono industrie che ‘rendevano più del cinematografo’: il costo dello shelter andava da 2mila dollari a 20mila.
Ora tocca a noi scegliere tra l’assecondare le nostre paure e sopravvivere barricati entro gli stretti confini della nostra Repubblica oppure aprirci ad una nuova fase della storia, con tutto il coraggio che essa richiede.
Stefano Ercolani, Asset Banca