San Marino. Il destino di San Marino “raccontato” nel film “Sliding Doors”: se il governo a guida AP avesse scelto Paolo Savona al posto di Renato Clarizia, Banca Cis sarebbe mai nata?

Enrico Lazzari

Ricordate il film “Sliding Doors”? La protagonista, Helen, arriva tardi in ufficio e viene licenziata; decide, quindi, di rientrare a casa, ma arrivata di fronte al vagone della metro la storia si sdoppia. Una parte del film racconta la vita di Helen, dopo che questa è salita sul treno; l’altra parte racconta la stessa vita di Helen, ma di una Helen che ha perso il treno ed è stata, poi, aggredita. Stesso soggetto, due diversi epiloghi di una delle millemila scelte o situazioni che ognuno di noi si trova a vivere… Due vite, una completamente diversa dall’altra.

Vi chiederete cosa c’entra Sliding Doors (1998, diretto da Peter Howitt) con San Marino. Presto detto: sarebbe la stessa San Marino, oggi, se nel febbraio del 2012 la Fondazione Carim non avesse ceduto il Credito Industriale Sammarinese a Banca Partner -operazione che fuse insieme i due istituti dando vita a Banca CIS- ma a una cordata di grandi imprenditori italiani?

Certamente no… Probabilmente, ad esempio, non si sarebbero volatilizzati un centinaio di milioni di euro di fondi previdenziali e, forse, neppure il processo Mazzini (si ricordi chiuso senza alcuna condanna definitiva ma con, fra l’altro, tante assoluzioni con formula piena) e gli altri processi di devastante impatto sugli equilibri di potere si sarebbe celebrato. Non ci sarebbe stato, probabilmente, il governo AdessoSM, né la controversa vendita -svendita?- degli Npl e Asset Bank, forse, sarebbe ancora operativa, al pari di altri istituti di credito invece “cancellati”.

Addirittura, il debito pubblico attuale avrebbe potuto non esserci o, perlomeno, non essere di tale portata.

Ma quale è stata la “sliding door”, la porta scorrevole per la Repubblica di San Marino? Tecnicamente la cacciata dalla guida della Vigilanza di Banca Centrale di Stefano Caringi (il quale sostenne, lasciò intendere di fronte al PM forlivese Di Vizio, che fu “cacciato” a causa “dei controlli disposti su Banca Partner”, poi fusa in Banca CIS dopo l’acquisto del Credito Industriale presso la Fondazione Carim – leggi qui lo stralcio dell’interrogatorio) avvenuta nel 2010 e disposta da un governo a guida Alleanza Popolare, la quale vantava Valeria Ciavatta e Antonella Mularoni alla guida delle due più importanti Segreterie di Stato, ovvero Esteri ed Interni; con un Gabriele Gatti politicamente in declino alle Finanze, Fabio Berardi al Turismo e così via.

Al non rinnovo della fiducia al vertice della vigilanza fecero seguito le polemiche dimissioni del Direttore Generale di Bcsm, Luca Papi e del Presidente Biagio Bossone. Lo stesso governo che tolse la fiducia a Caringi si trovò poi a nominare la nuova triade, la nuova governance finanziaria sammarinese. E in questa scelta, visto ciò che successe -o meglio che sarebbe successo- dopo si è scritto il destino della Repubblica di San Marino.

Il governo a guida AP dell’epoca aveva due strade da percorrere. Ne scelse una e ne scartò un’altra. Grazie all’interessamento dell’ex Presidente della Repubblica Italiana (dal 1985 al 1992) Francesco Cossiga, che poi morì una decina di mesi dopo, una parte della maggioranza e del governo sammarinese presentò agli alleati la disponibilità ad accettare una eventuale nomina a Presidente di Bcsm nientemeno che di Paolo Savona, già ministro italiano dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato dal 1993 al 1994, e successivamente ministro per gli Affari Europei dal 2018 al 2019, attualmente Presidente della Consob.

Quindi, una figura di alto profilo, non “referente” (al contrario delle governance precedenti) di Banca d’Italia… Ma venne scartato a favore di Renato Clarinza, poi nominato nel dicembre 2010, con il minimo dei voti necessari –appena 30 visto che tre consiglieri di maggioranza non votarono- Presidente di Banca Centrale.

Ma perchè quella fu la celebre “porta scorrevole”? Per quanto accadde dopo, con lo stesso vertice di Bcsm che sembrerebbe avere avuto un ruolo decisivo nel “dietrofront” della cordata italiana che sembrava già avere trovato un accordo con la Fondazione Carim, proprietaria del CIS, per rilevare lo stesso istituto di credito sammarinese. Ma cosa successe? È lecito chiedersi.

Premesso che si entra nel campo delle, pur autorevoli, indiscrezioni -come svelato un anno fa su queste stesse pagine, clicca qui)- dalla vicina Italia si manifestarono diversi interessamenti per rilevare il Credito Industriale Sammarinese. Il più interessante fu quello di una cordata rappresentata dal ferrarese Mario Resca, all’epoca Direttore dei Musei Italiani, fra le altre cose già liquidatore di Cirio e AD di Mc Donalds, e composta da sette grandi imprenditori italiani. Una cordata la cui autorevolezza e serietà era garantita -secondo chi ricorda questo  momento chiave della storia finanziaria sammarinese recente- dal curriculum del loro rappresentante.

Nell’autunno del 2010 l’operazione sembrava conclusa. Resca -sostengono le autorevoli indiscrezioni- si confrontò con la Fondazione Carim e raggiunse un accordo di massima concordando in 50 milioni di euro costo dell’operazione di acquisizione del CIS. 

Lo stesso Resca si presentò, quindi, in Banca Centrale per illustrare l’operazione, dove incontrò, fra gli altri, il Presidente Clarizia. Cosa successe in quell’incontro non è ancora dato a sapere con certezza, ma è lasciato all’immaginazione di ognuno. Sta di fatto che quell’incontro fu il primo passo che portò la cordata a rinunciare, lasciando campo aperto a quanto poi successe: Banca Partner, nel 2012, acquisì per una quarantina di milioni -in parte sembra finanziati da Carisp- il 100% del Credito Industriale Sammarinese dando vita a Banca CIS…

Con Savona al posto di Clarizia la cordata-Resca avrebbe fatto dietrofront? Impossibile -al momento- dirlo con certezza. Come è impossibile sapere se Banca Commerciale (che era arrivata ad una raccolta di 600 milioni) ed Euro Commercial Bank (liquidate ai tempi della stessa governance di Banca centrale) avrebbero ricevuto stessa sorte con un gruppo dirigente di Bcsm diverso.

Il dubbio, comunque, appare sensato, se non altro alla luce delle parole di Caringi, secondo cui sarebbe stato “cacciato” perchè “colpevole” di aver disposto una ispezione presso Banca Partner. Se -è quindi ovvio chiedersi- un “non amico” di Banca Partner viene -dando per buona la tesi dello stesso- “cacciato” e con lui se ne vanno i vertici, perchè la nuova governance nominata in sostituzione della precedente dovrebbe non essere “amica” di Banca Partner? Ognuno può trarre le sue personali conclusioni…

Ma, alla luce di queste, con Savona al posto di Clarizia sarebbe nata Banca Cis? Dubbi… Quasi amletici.

La certezza, comunque, è che è nata e che, da quel momento la “storia” di San Marino ha imboccato una precisa e, soprattutto sul fronte finanziario, controversa strada che ha visto sparire -a torto o a ragione?- gran parte della concorrenza della stessa Banca Cis e trasformare in una “guerra” ogni nomina dei vertici di Banca Centrale…

Sarà un caso che la “quiete” sia ritornata solo con la salita alla Presidenza di Bcsm di Catias Tomasetti e, questa stessa quiete (eccezion fatta per i rituali e inefficaci attacchi di Repubblica Futura, nata sulle ceneri di AP, e di qualche organo di informazione sammarinese) si sia consolidata con la caduta del governo AdessoSm e l’uscita di RF dal governo, nonché con la liquidazione di Banca CIS?

Infine, cosa sarebbe successo se nel 2006 la politicamente scellerata scelta socialista di formare un governo di sinistra, spingendo il Pdcs nelle mani di AP, non avesse avuto successo? E che sarebbe successo se nelle successive elezioni politiche del 2008 nessun sammarinese avesse votato Alleanza Popolare, compromettendone, quindi, il ruolo di forza cardine del governo che scelse Clarizia e scartò Savona per la governance di Bcsm?

Oggi, ogni sammarinese -e mi rivolgo a quella massa che non vota o che sostiene l’inutilità del voto- starebbe meglio o starebbe peggio?

Enrico Lazzari