E’ stato, in Aula ai Tavolucci, il giorno del Commissario della Legge Alberto Buriani, protagonista con le sue dichiarazioni spontaneee dell’ultima udienza dibattimentale dell’ormai noto processo denominato “Buriani-Celli” che, nelle sue udienze, nelle sue testimonianze e nei suoi atti potrebbe andare ben oltre il merito delle accuse che è chiamato a sentenziare.
Infatti, unendo tutti i “puntini” emersi nel corso del dibattimento, sembra prendere forma uno scenario inquietante degli equilibri di potere dello scorso decennio sammarinese.
Potere che ben poco sembra avere in comune con un sistema democratico e del Diritto.
Di questo ho scritto tanto nei mesi scorsi, e, riassumendo all’estremo, l’impressione che si trae da quanto visto e ascoltato fino ad ora è che un gruppo di potere, con la complicità o compiacenza di parte della magistratura, della politica e dei media, abbia potuto spradoneggiare incontrastato, sovvertendo i principi democratici e del diritto.
Ma, come detto, questa è solo un’impressione dettata da tanti singoli fatti ed eventi uniti fra loro.
Le prime certezze, forse capaci di trasformare qualche “impressione” in vero e proprio indizio, se non prova, arriveranno con questa sentenza, se la prescrizione non ne vanificherà l’espressione nel merito dei fatti e delle accuse.
L’ultima udienza tenuta in questo delicato procedimento che vede imputati un ex ministro, Simone Celli, e il giudice inquirente dei più altosonanti processi del decennio scorso, è stata catalizzata dalle dichiarazioni spontanee di Buriani, nel corso delle quali ha cercato di esporre la sua posizione e, forse, ha anche lanciato qualche velato messaggio…
Infatti, ridimensionandone il “peso” processuale e indicandola come l’unica in quella compagnia, ha ammesso di aver fatto una vacanza con Marino Grandoni e Daniele Guidi, rispettivamente azionista e Direttore Generale di Banca Cis. Nello stesso momento, però, il Commissario della Legge ha affermato di essere in grado di fare i nomi di diversi professionisti che hanno fatto, si deduce ben più spesso di una volta, vacanze con i magistrati…
Difficile comprendere la valenza di questa affermazione nel procedimento in corso, anche se sarebbe interessante -nell’ottica del tentare di ricostruire gli equilibri del Tribunale e del Paese nello scorso decennio- conoscere a fondo anche questo aspetto.
Ma perchè, vien da chiedersi, il Commissario Buriani ha fatto la sopra citata affermazione? Intendeva forse fare pressione verso chi potrebbe avere un peso nel suo giudizio? O, forse, il duro scontro che sembra aver caratterizzato la giustizia nella seconda metà dello scorso decennio non è ancora del tutto superata? Chissà… Sta di fatto che l’emersione di questo aspetto non sembra avere alcuna attinenza con le accuse né con la strategia di difesa.
Quella di Buriani, comunque, seppure un poco scomposta e ben più ampia del necessario, è stata una deposizione appassionata. Al punto che, ad un certo punto, lo stesso imputato non è stato in grado di trattenere la commozione, cedendo ad un emozionante pianto che non può non aver generato -nei più sensibili e distaccati dei presenti- un senso di comprensibile “pena”, nelle sfumature positive del termine e del sentimento.
Mi balza la mente, però, a questo punto, a chi ha sicuramente pianto per giorni e giorni, perchè condannata ad una sorta di isolamento cautelare, incarcerata per mesi e mesi su ordinanza -a mio parere assai controversa, non so se tale anche per chi la legge la conosce meglio di me- dello stesso Giudice Buriani, che l’accusava di reati in complicità con il compagno di vita, quel Claudio Podeschi, poi assolto perchè “il fatto non sussiste” per alcuni reati e prosciolto per gli altri.
Avrà pianto, il Giudice inquirente che l’ha “condannata” senza processo, senza una condanna definitiva a mesi e mesi, forse addirittura quasi un anno, al carcere e, soprattutto, l’ha allontanata dal figlioletto, all’epoca quattordicenne e già orfano di padre? Ha, qualcuno di coloro che ora sta leggendo, avuto il privilegio di poter vedere questa madre incarcerata e disperata piangere e, quindi, provare quell’intrinseco e nobile senso di “pena” nei suoi confronti? O, qualcuno, ha potuto vedere piangere il piccolo, già senza più il padre, ritrovatosi anche senza l’unica guida e senza l’unico rifugio familiare che gli era rimasto?
Al contrario di tanti che provano un senso di soddisfazione e di gratificazione a prescindere dal nome, dal ruolo o dal rapporto con lo sventurato protagonista che “cade”, a me crea sempre angoscia vedere un potente “disarcionato” repentinamente e in modo traumatico… Sono portato ad immedesimarmi nel dramma di chi lo vive e farei di tutto per consolarlo o rincuorarlo. Non è diverso il sentimento che provo, ora, di fronte a Buriani che piange. Ma, in questo caso, c’è un ma…
Certo, correrei a consolarlo. Mi piacerebbe indicargli, suggerirgli la strada che porterebbe al recupero della dignità, se non professionale almeno personale, oggi in discussione visti i procedimenti che direttamente o indirettamente lo coinvolgono e rischiano di far ricadere sulle sue spalle -e su quelle di pochi altri “miseri” capri espiatori- tutte le responsabilità di un decennio drammatico per l’economia, per la finanza e per il Diritto sammarinese.
Egregio Commissario, non so se lei sia caduto o se alla base delle accuse che la riguardano vi siano solo stupidaggini, lo diranno le sentenze. In ogni caso, vorrei rammentarle che tutti possono cadere… La differenza la fa il modo in cui si tenta di rialzarsi! E, nei suoi panni, se realmente si fosse macchiato di ciò per cui è accusato, se realmente potesse avere avuto un ruolo importante nel favorire i piani della “cricca”, io mi rialzerei ammettendo ogni eventuale errore o “malefatta”, scusandomi con gli eventuali “danneggiati” e svelando tutti quei retroscena oggi misteriosi che i sammarinesi hanno il diritto di sapere su ciò che sia realmente accaduto -e chi, dal primo all’ultimo lo ha favorito e ci ha tratto vantaggio- nel decennio scorso.
Affinchè tutti gli eventuali “golpisti” vengano resi inoffensivi per il futuro e la più antica Repubblica del mondo posa blindare la sua millenaria democrazia.
Ricorda, Commissario, il caso italiano Palamara? Le sembra, oggi, lo stesso ex togato romano, un personaggio che ha perso la sua dignità o, invece, un uomo che è caduto ma che, rialzandosi, ha cercato di smascherare e sgominare un malaffare dilagante che minava Diritto e Democrazia in Italia, recuperando in pieno il rispetto della società, almeno di quella più intelligente e razionale?
Enrico Lazzari
