Cari sammarinesi, il vostro Monte Titano, con le sue torri che sfidano il cielo, sembra essersi appisolato. Un tempo digrignava i denti di rabbia contro il “killer dei cani”, quel mostro che spargeva esche avvelenate come un pescatore che, prima di estrarre le canne, prepara le acque alla pesca abbondante. Oggi, invece, il silenzio regna sovrano, come se la vicenda fosse stata sepolta sotto una coltre di nebbia burocratica.

Ricordate il clamore? Primavera 2025, un ultraottantenne – Giorgio Cellarosi, nome ormai scolpito nelle cronache – fermato, denunciato, arrestato e confinato ai domiciliari. La politica sbandierava trasparenza, la cittadinanza “abbaiava” giustizia per i 40-50 cani uccisi in 15 anni di veleno.
E ora? Cinque mesi dopo, il nulla. Un buco nero dove le promesse di chiarezza si sono dissolte come un osso lasciato troppo a lungo nella cuccia di Fido.
Facciamo un passo indietro, perché questa storia merita di essere ripercorsa, non per rivangare nel fango, ma per capire dove ci si è persi. Tutto inizia il 17 aprile 2025: le telecamere inchioderebbero Cellarosi, 84 anni, sospettato di aver disseminato topicidi e polpette con aculei metallici nelle campagne di Faetano, Fiorentino e Monte Cerreto. Denunciato a piede libero, la notizia rimbalza su giornalesm.com e San Marino RTV, con APAS che, dapprima, canta vittoria: “Fine di un incubo”. Ma la denuncia, da sola, non basta per fermare l’incubo. Così, il 29 aprile, l’epilogo temporaneo: arresto e domiciliari. La comunità tira un sospiro, i politici si affrettano a cavalcare l’onda.
A maggio, però, il copione cambia: segnalazioni sostengono di aver visto il Cellarosi “a spasso”, come un lupo che fiuta l’aria, nonostante i domiciliari. APAS grida allo scandalo, parla di “Far West”. Giugno porta promesse solenni: il governo annuncia il 10-11 giugno la costituzione di parte civile, un piantone davanti alla casa del sospettato e bonifiche delle aree a rischio. Rete spinge un OdG in Consiglio, prima respinto, poi approvato all’unanimità dopo un tira e molla politico che ne ha affinato gli spigoli. Sembra l’inizio di una svolta…
Ma poi? Agosto, il piantone viene revocato, sostituito da “altri sistemi di sorveglianza”, vaghi – nelle comunicazioni ufficiali, come un comunicato stampa scritto con la stilografica guasta. E da lì, silenzio. Nessun aggiornamento su indagini, rinvii a giudizio o udienze. Solo un’eco lontana di “latrati” indignati.
Non fraintendetemi, amici del Titano. Non sono qui a fare il cane da guardia che morde le gomme dei motorini che passano. Ma so che un cane non è solo un compagno di passeggiate, ma un pezzo di cuore. Il mio Ettore – ve lo raccontai, se non erro – avvelenato anni fa in Valconca, mi ricorda ogni giorno quanto bruci una perdita così. Ma proprio per questo mi chiedo: dove sono finite le promesse di trasparenza? Il governo, che a giugno si batteva il petto come un condottiero, ora sembra distratto da altre crociate… Poi, il segreto istruttorio, sacro e intoccabile, sembra un paravento di comodo. Se non ci sono complici, perché nascondere lo stato delle indagini? I cittadini, che hanno pianto i loro animali e temuto per i propri figli, hanno il diritto di sapere a che punto è la giustizia. Non un resoconto da romanzo giallo, ma una data, una milestone, un segnale che il fascicolo non sia finito in un cassetto polveroso.
E poi c’è la questione del braccialetto elettronico. È stato messo? Funziona? O è solo un altro gadget annunciato per placare gli animi, come un collare luccicante allacciato su un cane senza padrone? Le segnalazioni di Cellarosi in giro, vere o presunte, non hanno ricevuto risposte chiare. Se il piantone è stato revocato, chi controlla? Il braccialetto elettronico? La Gendarmeria tace, il Tribunale e la politica pure.
Intanto, le cronache recenti parlano di lupi che sbranano gatti – 37 scomparsi in due mesi, dice ANIMA – e, anche se appare inverosimile collegare i due casi, l’ombra del lupo avvelenatore aleggia ancora, alimentando paure mai sopite.
Non è tempo di ululare alla luna, cari sammarinesi. La presunzione d’innocenza è un pilastro, ma lo è anche il diritto di sapere. La politica deve smettere di usare i vari casi come un trofeo da esibire e poi riporre ad impolverarsi. La magistratura deve capire che il silenzio non protegge, ma ferisce e alimenta dubbi.
Chiediamo – sì, perchè sono certo di esprimere il sentimento di tanti sammarinesi – poco: un aggiornamento sullo stato del processo, una verifica sull’efficacia dei controlli, un piano concreto per prevenire nuove esche.
Non lasciamo che il Titano continui a russare. Svegliamolo, con un ringhio civile ma deciso, perché la giustizia non sia solo un osso promesso, ma un diritto azzannato e conquistato. Altrimenti, il prossimo lupo – che sia un avvelenatore o l’oblio – non faticherà ad azzannarci tutti…
Enrico Lazzari