«La vera sovranità si riflette non nel potere di fare le leggi, come vuole una definizione giuridica di essa, ma nel migliore controllo degli eventi in maniera da rispondere ai bisogni fondamentali dei cittadini: “la pace, la sicurezza e il pubblico bene del popolo”, secondo la definizione che John Locke ne dette nel 1690. La possibilità di agire in maniera indipendente non garantisce questo controllo: in altre parole, l’indipendenza non garantisce la sovranità.»
Così parlava Mario Draghi, quando era ancora presidente della BCE, intervenendo sul tema: la sovranità in un mondo globalizzato. Un intervento che forse è sfuggito al Consigliere di Libera Giuseppe Morganti che si appella a un’idea sovranista prima per difendere la scuola di elementare di Ca’ Caccio, poi per biasimare il recente Protocollo di politica estera siglato tra Italia e San Marino.
Può essere che Morganti, porta insegne della sinistra, auspichi per San Marino un sovranismo modello Orban? Non erano lui e il suo partito a portare avanti l’idea di una San Marino europeista? Nel caso di una formalizzazione del processo di associazione, quante quote di autonomia bisognerà lasciare sul campo?
Allora spieghiamoci un poco, perché ormai, l’idea che basti uscire dalle istituzioni sovranazionali per acquisire una potenza propria e un perimetro di sovranità, come nell’Otto/Novecento, è praticamente esclusa dalla maggioranza degli stati nazionali e dai governi democraticamente eletti. Non è più il tempo in cui moneta, esercito, leggi, governo distinguono uno stato da un altro e ogni stato decide la propria politica economica, militare, monetaria, in necessaria competizione con gli altri stati, che hanno le stesse prerogative. Pensiamo: dove sarebbe andato San Marino se non avesse introdotto l’euro?
Dall’altra parte sta l’idea europeista di un’unione di stati che mettono in comune la propria sovranità con le sovranità degli altri stati. Non si tratta di una “cessione”, come quando qualcuno regala qualcosa a qualcun altro, ma di una messa in comune reciproca di sovranità nel quadro di istituzioni comuni.
Il risultato del modello “sovranista” è l’illusione di un ritorno al Novecento, dovuta all’incapacità di progredire nel modello europeista, un’illusione che non tiene conto dei cambiamenti tecnologici del mondo, del rimpicciolimento del globo e della presenza di potenze globali che si avvantaggiano della riduzione sovranista di stati che da soli perdono significato politico.
La criminalizzazione del Protocollo sulla politica estera da parte di Morganti, rientra probabilmente in una necessità partitica (non politica) che però si basa sull’antico pregiudizio “noti a noi, ignoti agli altri”. Oggi, un piccolo stato come San Marino, che non ha neppure l’acqua a sufficienza per le sue necessità, che deve rivolgersi all’Italia per i rifornimenti alimentari, per la luce, il gas e mille altre cose; che ha bisogno del riconoscimento dei titoli di studio; che ha bisogno dei farmaci; che ha necessità di allargare il raggio di azione del suo sistema finanziario, può fondare la sua politica nazionale solo sulla reciprocità. Cosa se ne farebbe in questo contesto, San Marino, dell’autonomia? E cosa comporterebbe un rapporto basato sull’amicizia protettrice, qual era in tempi ancora non dimenticati?
Reciprocità: è questa la parola chiave del Protocollo di intesa tra i due Ministeri di politica estera. Il famoso paragrafo 3, quello incriminato da Morganti, parla di reciprocità e di confronto tra i reciproci funzionari competenti sui temi di reciproco interesse e qualora se ne ravvisi la necessità.
Basta leggere il testo, che è scritto in italiano corretto e intellegibile, non nel classico politichese, per capire che la piccola Repubblica del Titano è stata collocata nella considerazione che meritano tutti gli Stati del mondo. Non è una sconfitta, non è una perdita, ma una vittoria.
a/f