Di Chaffè Scorretto
Dopo tanti annunci, attese e disattese, finalmente è stato presentato il famigerato “Tavolo Riformista”. E, neanche a dirlo, è stata scelta, con ben poca originalità, la data del 25 marzo, perché fa più di sinistra, anche se l’avvenimento del 2016 farà sorridere i protagonisti del 1906.
Comunque c’erano tutti: da l’azdora del PSD, ai rivoluzionari radical-scic di SU; dal nuovo “Che” Guevara di Domagnano con i suoi ordinati operai del Laboratorio Democratico a Lazzari che con il consueto coraggio si è definito un semplice “osservatore”, e Pedini, che, fra una cena con gli uni e con gli altri, ha trovato il tempo di sedersi al tavolo. C’erano quelli che sono al governo e quelli che sono all’opposizione, quelli che sono usciti da partiti vari e quelli che nei vari partiti sono invece rimasti. C’erano quelli che vogliono fare il Governo con la D.C. e quelli che la D.C. la vogliono mandare all’opposizione. Ma tutti insieme. Vicini, vicini, vicini.
Peccato che mancasse la gente, come sempre accade quando si fanno operazioni di vertice e non di popolo. D’altronde chi poteva essere interessato a presenziare all’annunciato rimescolamento di un simile minestrone dove si è parlato di tutto per non parlare di nulla e di cui non si capisce niente in termini di prospettiva? Alla fine ognuno è uscito dall’appuntamento del 25 marzo con le stesse opinioni con le quali era entrato, cioè opinioni differenti, molto differenti tra loro. In pratica è come se l’evento non ci fosse stato.
Un sogno? Un incubo? Un miraggio? Bhooo?
Ecco perché il Tavolo, che nelle intenzioni sarà stato pure Riformista, traballa già maledettamente, appena nato, e dunque non lascia presagire nulla di buono. Comunque speriamo non lasci in giro troppi orfanelli, i quali, senza un tavolo, di certo perderebbero anche gli sgabelli su cui siedono attualmente.