Presagi di Apocalisse: una pandemia che fa milioni di morti; una guerra prossima a diventare nucleare; una tensione sociale ormai incapace di accettare sia la vita sia la morte; cambiamenti climatici che stanno sconvolgendo tutti gli equilibri ambientali; un terremoto in Turchia che sposta la terra, distrugge città intere e fa migliaia di morti.
I pessimisti vedono la fine della nostra epoca. Eppure fatta eccezione per la stupidità del genere umano, capace di distruggere perfino l’ambiente in cui abita, il terremoto è un fenomeno naturale che si manifesta dagli inizi del tempo. È grazie ai terremoti, o meglio agli spostamenti delle faglie, che oggi abbiamo montagne, deserti, oceani e continenti. Il problema, come sempre, è la scarsa intelligenza umana che, per sue speculazioni, non costruisce case capaci di resistere alle scosse. Ci sono ancora in piedi ponti e palazzi di epoca romana, abbiamo le piramidi, i nuraghi sardi: tutti costruiti senza un filo di cemento armato. Ma crollano palazzi e alberghi costruiti nell’epoca della tecnologia, della scienza, delle macchine.
Cosa è successo lunedì 6 febbraio in questa zona dell’Asia? Il terremoto nel sud della Turchia, vicino al confine con la Siria, è stato causato da uno scivolamento orizzontale di circa 3 metri della placca Anatolica rispetto alla placca Araba, facendo attivare la faglia Est Anatolica per almeno 150 chilometri. Ciò ha provocato una scossa di magnitudo 7.9 seguita da uno sciame sismico molto violento. Come 130 bombe nucleari.
Gli effetti sulle strutture vengono calcolati dai tecnici con precise misurazioni chiamate: accelerazione spettrale. Essa rappresenta una misura dell’entità delle forze che sollecitano la struttura durante l’evento sismico. I valori più alti registrati in Turchia sono al di sopra di 2 g, ovvero due volte l’accelerazione di gravità. È come se un edificio dovesse sopportare due volte il suo peso in senso orizzontale. Grossolanamente, si immagini di ruotare di 90 gradi l’edificio e applicarci sopra un altro edificio dello stesso peso.
In poche parole, l’effetto che questo terremoto ha avuto sulle costruzioni è tutt’altro che modesto. Volendo confrontare il dato con la sismicità italiana, si potrebbe dire che azioni di questa portata sono attese a L’Aquila (zona di alta sismicità) mediamente ogni 10.000 anni circa. Guardando le immagini in tivù e le foto sui giornali, si possono notare edifici residenziali apparentemente analoghi (per conformazione e tecnologia costruttiva) a quanto presente in Italia. Appare anche evidente la presenza di svariati collassi principalmente innescati da crisi strutturali che partono dai piani bassi: si tratta di sintomi della mancanza di adeguati criteri di progettazione antisismica.
In casi come questo, in cui lo sciame sismico è così violento e ripetitivo, potrebbe succedere che edifici già danneggiati, possano subire ulteriori danni. Questo fenomeno è molto enfatizzato nel caso della Turchia, in quanto alcune scosse secondarie a quella principale hanno avuto valori di magnitudo così elevati da essere paragonabili alle prime, quindi capaci di compromettere la stabilità del sistema edilizio e condurlo al collasso.
Quindi, case e città costruite senza criteri di sicurezza, il tutto aggravato dai ritardi del sistema di soccorso e un presidente che, per evitare le polemiche e le critiche, chiude i social. Come se questo potesse giustificare i morti, fermare un fenomeno naturale che nessuno può controllare. E mentre il mondo si mobilita per aiutare le popolazioni colpite, specialmente quelle siriane, già stremate dalla guerra civile, il vero rischio dei prossimi giorni è un’epidemia sismica, ovvero l’insieme di eventi che possono susseguirsi nel tempo dopo un forte terremoto. Potrebbero esserci decine di migliaia, se non centinaia di migliaia, di scosse di assestamento. Speriamo che la maggior parte di esse siano di piccola intensità e che non causino danni, ma c’è la possibilità che ce ne siano di forti. E a quel punto anche un “potente” come Erdogan non ha davvero scusanti.
a/f