San Marino, in Consiglio Grande e Generale passa la riforma dello Statuto di Banca Centrale. Scontro sul segreto d’ufficio

Il Consiglio Grande e Generale ha approvato nella serata di ieri, lunedì 17 novembre, la legge che modifica lo statuto della Banca Centrale, al termine di un dibattito acceso e non privo di tensioni. Il provvedimento è passato con 36 voti favorevoli e 14 contrari, con la maggioranza che ha difeso la necessità di un adeguamento agli standard europei, mentre le opposizioni hanno denunciato il rischio di un pericoloso sbilanciamento dei poteri a favore dell’istituto di via del Voltone.

Secondo il Segretario di Stato per le Finanze, Marco Gatti, la riforma introduce interventi mirati per allineare la normativa sammarinese al quadro europeo, un passaggio cruciale in vista dell’Accordo di associazione con l’UE. Gatti ha spiegato che la legge serve a chiarire aspetti rimasti ambigui e a imporre alla stessa Banca Centrale gli stessi rigorosi standard di trasparenza e onorabilità che l’istituto richiede ai soggetti vigilati. Le modifiche tecniche riguardano la composizione del collegio sindacale, per cui ora sono richieste specifiche competenze legali e contabili, e l’aggiornamento dei criteri di onorabilità per i vertici di BCSM.

Proprio su quest’ultimo punto, le opposizioni hanno espresso critiche, con esponenti come Matteo Casali e Antonella Mularoni di RF che hanno giudicato i nuovi requisiti “troppo laschi”, tali da permettere la permanenza in carica di figure che non sarebbero eleggibili con una nuova nomina. Gatti ha replicato sostenendo la necessità di trovare un equilibrio per non causare la “morte civile” di una persona in assenza di sentenze definitive.

Il confronto più aspro si è registrato sulla modifica della disciplina del segreto d’ufficio. La versione originale del testo prevedeva che un decreto delegato, necessario per l’adeguamento alle normative EBA, venisse adottato “su proposta di Banca Centrale”. Questa formulazione ha scatenato la reazione compatta delle opposizioni, che l’hanno definita un “abominio” e un tentativo di esautorare il Consiglio del suo potere legislativo. Perplessità sono state sollevate anche da alcuni consiglieri di maggioranza, come Gerardo Giovagnoli, che ha ricordato il rischio di una Banca Centrale “debordante” rispetto agli altri organi dello Stato. Di fronte alle critiche, il Segretario Gatti ha acconsentito a rimuovere la frase controversa dal testo, precisando che l’intento non era dare potere legislativo all’Autorità, ma solo permettere un allineamento tecnico.

Nonostante la modifica, nelle dichiarazioni di voto finali le forze di opposizione hanno mantenuto una posizione critica. Nicola Renzi ha parlato di “un’altra occasione persa”, mentre per Emanuele Santi la legge è “nata male e finita peggio”. Fabio Righi ha ironizzato su quelli che ha definito “ritocchini” volti a ottenere un “silenzio tombale” sull’operato dell’Autorità. A difesa del provvedimento, Gian Nicola Berti della maggioranza ha ammesso che non si tratta di una “rivoluzione”, ma di interventi necessari su aspetti specifici emersi nel tempo, elogiando la governance attuale di Banca Centrale. Conclusa la votazione, i lavori del Consiglio sono proseguiti con la discussione della relazione sullo stato della giustizia.