Particolare attenzione l’Aula consiliare avrà nel corso dei lavori per il comma 10 che prevede (secondo l’Odg) “Disposizioni in materia di maltrattamenti in famiglia e di minori”.
Una Seconda lettura che la relazione (unica) del consigliere Anna Maria Muccioli intitola invece “Modifiche al codice penale e alla Legge n. 49/1986”.Una disposizione datata e che aveva bisogno di essere rivisitata.
Un lavoro ben fatto se la Commissione competente l’ha licenziata con 13 voti favorevoli e 1 solo astenuto. Dunque un comma ed una Legge che dovrebbero trovare una corsia preferenziale per la promulgazione definitiva.
Un ristrutturazione che doveva necessariamente partire dalle modifiche del Codice Penale anche in forza alle raccomandazioni in materia di Diritti umani dell’Onu risalente al 2010. Questo senza dimenticare i principi sanciti dalla Convenzione Onu sui diritti sul fanciullo ratificata da San Marino il 18 settembre 1991; ventitré anni fa. Ma anticipiamo alcuni concetti che la relatrice Anna Maria Muccioli farà in Aula giovedì prossimo sulla Legge che è suddivisa in “due capi”. Il primo: “Divieto di punizioni corporali”.
In questa parte è riformulato l’art. 234 del codice con l’inasprimento delle sanzioni penali elevando la precedente sanzione dal secondo al terzo grado di prigionia (sarà, dunque, da 2 a 6 anni) se dal fatto ne derivasse uno degli eventi indicati nell’art.156 (aggravanti), mentre, se causasse la morte del minore, la sanzione sarà elevata al quinto grado (quindi da 6 a 14 anni).
Il progetto aggiunge all’articolo 57, legge 49/1986 (“Riforma del diritto di famiglia”) un comma ove è specificato che il minore ha diritto alla tutela e alla sicurezza, e non può essere soggetto a punizioni corporali o ad altri trattamenti lesivi dell’integrità fisica e psicologica. Precisamente il nuovo articolo 234 (sarà eliminato il 235) sul divieto delle punizioni corporali reciterà “Chiunque nell’uso dei poteri di correzione e disciplina infligga punizioni corporali o utilizzi altri mezzi coercitivi o repressivi, è punito con la prigionia o con l’interdizione di primo grado (da 3 mesi a 1 anno) dalla potestà genitoriale, dall’ufficio professionale o arte qualora l’applicazione di tali punizioni o mezzi cagioni un pericolo al corpo o alla mente o una malattia alla persona sottoposta al la sua autorità o a lui affidata. Se sussistessero aggravanti (ancora in campo l’art. 157) si passerebbe alla prigionia di terzo o quinto grado. (….) La Tribuna