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  • San Marino. In Europa molti Stati stanno già eliminando il green pass, mentre il Titano tratta con l’Italia la proroga delle esenzioni … di Alberto Forcellini

    La strumentalizzazione politica sugli argomenti che riguardano la salute, è molto dannosa, anche perché si aggiunge a forme comunicative mai univoche e spesso viziate da interessi di parte, o addirittura dal continuo proliferare di fake news.

    La questione è molto ben presente sui media italiani, che ogni giorno si arrovellano tra chi ancora non accetta il vaccino, figuriamoci la terza dose; chi non vuole in green pass, né tutte le altre misure restrittive, mentre a San Marino le attenzioni si concentrano sulla scadenza dell’esenzione da green pass, fissata al 15 ottobre. Già da qualche tempo, c’è chi ha cominciato il countdown, con il classico contorno di polemiche sull’incapacità del governo, sul fallimento dei rapporti bilaterali, sulla non attenzione alle necessità dei cittadini, sullo sfascio della sanità.

    Ognuno la può pensare come vuole, ma certo è che questa è una visione molto parziale e opportunistica che non tiene conto del successo politico ottenuto il 5 agosto scorso con la deroga indicata all’articolo 6 del decreto 111 del Consiglio dei Ministri italiano. L’Italia non ha previsto alcuna deroga sull’uso del green pass, anzi sta provvedendo ad una sua progressiva estensione. Quindi, in qualche maniera i sammarinesi sono stati privilegiati, rispetto a molti altri paesi che hanno usato vaccini diversi da quelli approvati Ema.

    Ciò non toglie che ci siano categorie di persone con forti difficoltà, come gli studenti universitari, i lavoratori transfrontalieri, i cittadini sammarinesi residenti in Italia. I quali si trovano nelle stesse condizioni di cittadini stranieri aventi rapporti con l’Italia, ma che non godono degli stessi privilegi dei sammarinesi.

    Ora, sostenere che il governo non faccia niente, che non sia interessato, che non dialoghi con i referenti italiani, è davvero azzardato oltre che impreciso.

    Più volte è stato specificato che il livello di confronto non è solo sui tavoli italiani ma anche con gli organismi internazionali, dalla UE all’OMS. Sin dalla scorsa primavera infatti, San Marino si è battuto sul riconoscimento del titolo anticorpale e non della tipologia di vaccino somministrato. Questo sarebbe il criterio più giusto per abbattere il muro delle differenze e delle diffidenze, ma sappiamo molto bene che le dinamiche commerciali spesso prevaricano le ragioni più squisitamente scientifiche. E contro le super potenze mondiali, che ovviamente difendono i propri interessi, poco o nulla possono fare i piccoli paesi.

    Dalla sua parte, San Marino può rivendicare le ingiuste penalizzazioni subite in avvio di campagna vaccinale europea, l’aver risolto comunque il problema con le proprie forze, l’aver condotto una campagna vaccinale di massa che ha tutelato i sammarinesi, ma anche i vicini italiani. Pensiamo solo se fosse successo il caso contrario, cioè che il Titano fosse rimasto un focolaio esplosivo di contagi. Sarebbe stato un problema anche per l’Italia, senza contare i danni economici e sanitari che si sarebbero verificati all’interno.

    Assodato tutto ciò, San Marino non può fare altro che insistere su tutti i tavoli sulla necessità di un’equiparazione di trattamento, indipendentemente dal vaccino somministrato alla popolazione. Per questo il Segretario di Stato Ciavatta ha spiegato in Consiglio la necessità di “prendere tempo”. Le trattative hanno bisogno di tempo, questa trattativa in particolare, perché deve mettere d’accordo la linea politica di Stati diversi con le misure sanitarie anti contagio.

    Tra l’altro, va tenuto in considerazione che alcuni paesi hanno già abolito il green pass. Tra questi: Inghilterra, Danimarca, Spagna, presto seguite da Francia, Svezia e Norvegia. La situazione è in continua evoluzione, poiché dove si è arrivati all’80 per cento di vaccinati, i governi hanno deciso di eliminare ogni restrizione, nonostante le varianti non siano state affatto debellate.

    C’è poi la questione della terza dose. Ormai la scienza ha appurato che in mancanza di studi prolungati sull’efficacia temporale dei vaccini e sulla loro capacità mnemonica di immunizzare nel lungo periodo, è meglio provvedere ad un richiamo. Quindi ha consigliato la terza dose per i più anziani, le persone immunodepresse e chi è più esposto a rischio professionale. L’Italia comincia il 20 settembre. Tuttavia il dibattito è ancora più che mai aperto, in particolare sulla terza dose eterologa, cioè diversa alle prime due dosi. La diversità di opinioni ad esempio su AstraZeneca, sta provocando scontri molto accesi. Quindi non è solo un problema di Sputnik, ma soprattutto non è una questione che possa dirimere la politica.

    Anche in questo caso, l’impegno del governo è massimo. “Porteremo la possibilità di prendere tempo per effettuare la terza dose vaccinale non appena avremo tutte le basi scientifiche che ce lo consentano” ha assicurato il SDS Ciavatta in Consiglio. Quindi, al momento ogni altro tipo di speculazione è inutile. Anche perché è già ora di pensare al vaccino antinfluenzale. Che speriamo si possa fare senza tanti distinguo.

    a/f