L’Italia dà il via al doppio cognome. Lo scorso 27 aprile, la Corte Costituzionale, con una sentenza storica, ha dichiarato illegittima la norma che attribuisce in modo automatico ai nuovi nati il cognome paterno. In pratica i giudici hanno dichiarato incostituzionale la legge che non consente ai genitori, di comune accordo, di attribuire al figlio il solo cognome della madre e quella che, in mancanza di accordo, assegna il solo cognome del padre. Poi sarà il Parlamento a chiarire ulteriori aspetti normativi, con una nuova legge.
Per secoli, in questo universo è regnata la genealogia maschile, solo alle principesse o alle nobili di casate sull’orlo dell’estinzione per mancanza di altri eredi capitava di poter tramandare il cognome della propria madre. Crescere col doppio cognome insegnerà ai figli che l’esistenza della madre non è subordinata, accessoria, ininfluente. Che ha lo stesso potere, gli stessi diritti, ma soprattutto lo stesso valore. Un vero passo in avanti sulla parità di genere.
San Marino, invece, è ancora nel pieno dibattito sull’interruzione volontaria di gravidanza. Sempre Medioevo.
La proposta di legge che accoglie il quesito referendario, promosso a furor di popolo, è nuovo terreno di scontro tra le diverse ideologie, ma anche tra partiti e consiglieri dello stesso gruppo, perché comunque bisogna fare la battaglia di sbarramento. Non si è ancora capito che l’unica cosa da fare è consentire la libera scelta della donna, senza condizionamenti e senza costrizioni. Tutto il resto è accessorio e potrà essere contenuto in altre leggi, in altri provvedimenti. Circa 20 aborti all’anno fatti dalle donne sammarinesi fuori confine, impongono celerità e operatività. Significa che bisogna abbattere il muro dell’ipocrisia che da sempre circonda questo argomento.
Le questioni di coscienza. La legge non impone nessun obbligo, anzi libera dai vincoli e non per questo può essere usata come contraccettivo. Nessuna persona, nessuna famiglia farà ricorso all’IVG se non per motivazioni forti, sulle quali il legislatore non deve avere alcun potere.
La legge non parla del padre. Chi decide se uno dei due non fosse d’accordo? Nella legge italiana è la volontà della donna ad avere il sopravvento. Anche a San Marino, la legge dovrebbe mettersi nei panni della donna: sarà lei a dover affrontare il parto, a correre dei rischi per la propria salute, a dover affrontare il cambiamento fisico e mentale che la gravidanza porta con sé. Di conseguenza è più che comprensibile che la decisione di abortire o continuare la gravidanza spetti a lei.
Se ad abortire è una minore. Il caso è contemplato nell’articolo 3 della legge in maniera molto dettagliata.
L’obiezione di coscienza. Il testo presentato in prima lettura non contempla questa possibilità. L’esperienza di altri Paesi racconta che è diventata uno strumento per impedire alle donne l’esercizio del diritto ad abortire. In questo caso, molti Paesi europei hanno preso a modello la legge sanitaria svizzera, la quale recita: “nessun operatore sanitario può essere tenuto ad effettuare o partecipare a prestazioni o terapie incompatibili con le proprie convinzioni etiche o religiose. Tuttavia egli non può, con la sua obiezione, compromettere l’esecuzione di prestazioni o terapie non contrarie alla legge da parte della struttura sanitaria ove egli opera”.
La tutela della donna. La tutela sociale della maternità è garantita dalle leggi sul lavoro e sulla famiglia. Non a caso, già nella sessione di aprile, il Consiglio ha affrontato in prima lettura una legge a sostegno della natalità e della maternità.
La donna non deve essere lasciata sola. Questo è un argomento molto delicato perché il sostegno, che deve essere doveroso sia dal punto di vista medico, sia psicologico, deve sempre garantire l’autonomia della scelta. In pratica, non deve comportare l’umiliazione di farsi controllare da organizzazioni più o meno laico-clericali.
La prevenzione. Anche questo è un argomento complesso, ancorché fondamentale perché parlare di sesso è ancora molto spesso un tabù. Incredibilmente, a San Marino, è vietata l’epidurale durante il parto; non si parla di sessualità in soggetti disabili; non c’è un consultorio pubblico; l’omosessualità in molte famiglie è ancora un dramma; non si parla di contraccezione, come se tutti sapessero tutto. Sembra molto difficile far rientrare questi argomenti nella legge sull’IVG. C’è invece una proposta di legge, presentata da Rete in prima lettura, che potrebbe risolvere proprio tutte queste situazioni.
Ci sono infine tutte le questioni relative alla privacy e alla riservatezza, ma in questo caso crediamo che siano già sufficienti le leggi vigenti e in particolare quelle che hanno per oggetto la tutela del malato.
Il battesimo di fuoco della prima lettura è andato. Adesso c’è il passaggio in commissione consiliare, poi la seconda lettura con l’approvazione finale. Ci vorranno ancora dei mesi. L’auspicio è uno solo: rendere operativo il risultato referendario senza tanti ammennicoli, aggiunte, stravolgimenti. Poi si vedrà come aiutare ulteriormente le donne. E magari pensare anche alla faccenda del doppio cognome per sancire – finalmente – l’uguaglianza e la parità morale e giuridica nella coppia.
a/f