San Marino: In tempi complicati, ci vogliono riforme ragionevoli nei contenuti e nei tempi … di Alberto Forcellini

Due delle riforme cruciali previste nel programma di governo, sono arrivate al passaggio decisivo del Consiglio Grande e Generale e sono pronte per affrontare i vari step previsti dall’ordinamento. Ma dopo averle tanto invocate, ora le forze politiche e i sindacati non sembrano affatto preparati all’inevitabile cambio di paradigma che ogni riforma necessariamente comporta. Sembrano tutti (o quasi) conservatori dello status quo, preoccupati di procurare scontento e di conseguenza di riceverne un calo di consensi.

Dimenticano, probabilmente, che per i cittadini non ci sono solo le elezioni. Ci sono prima di tutto i problemi quotidiani, le ingiustizie, le imperfezioni, le lacune incrostate in anni e anni di inerzia e di personalismi. C’è il profondo mutamento avvenuto nella società, nel mondo del lavoro, nella piramide demografica, nell’approccio scientifico e tecnologico delle attività umane. C’è stata una pandemia che ha cambiato le nostre vite, che ha sconquassato bilanci e previsioni. Che avrà conseguenze ancora non ben studiate, né quantificate. C’è una guerra in corso, che sembra lontana eppure ogni giorno condiziona le nostre viste. E in ogni caso, molti dei problemi attuali hanno radici profonde, non nascono solo dalla contingenza attuale.

Sono tutti elementi che il legislatore deve saper considerare e valutare di fronte alla necessità di dare risposte che, per forza, non possono essere uguali a quelle del passato. La massa critica che si addensa sui social, è fugace, estremamente mobile, un giorno c’è poi sparisce, o cambia. Non può essere un metro di valutazione politica.

Il varo di una riforma implica sia il conflitto, sia la mediazione tra partiti, coalizioni e gruppi che nutrono interessi e valori non omogenei o in contrasto. Ma proprio in questo ambito andrebbe collocata l’indagine sui processi di formazione del consenso intorno a strategie, misure e iniziative politiche.

Una volta i partiti funzionavano attorno ad un’idea. Oggi hanno assunto una struttura oligarchica: funzionano attorno ad un leader e agli amici del leader, che ragionano solo attorno alle poltrone. Per questo le loro scelte si indirizzano prevalentemente sul consenso, cioè se quello che andranno a fare o non fare piacerà agli elettori.

Talvolta accade che le colpe siano anche del cittadino, che si muove attorno ad un dibattito personale, piuttosto che verso un progetto comune. E qui che crolla il cosiddetto “impegno politico” e di fronte ad una riforma che inevitabilmente va a toccare qualche interesse particolare, si scatena la protesta.

Come sta avvenendo ora per la riforma delle pensioni e le norme sull’occupazione, per le quali il sindacato minaccia la mobilitazione generale. Non sta né ai giornali, né agli editorialisti entrare nel merito delle rivendicazioni o del metodo di confronto o delle scelte legislative in discussione. L’unica cosa che si può ribadire è il fatto che l’interesse del singolo, o di una categoria di cittadini, si difende solo nella visione generale di tutela dell’interesse pubblico, cioè dello Stato.

In tempi complicati, ci vogliono riforme ragionevoli. Pensioni e lavoro, temi intimamente connessi, sono una sfida da cogliere, l’importanza è la coerenza con i propri obiettivi: il governo ha i suoi, così pure il sindacato e le associazioni di categoria. La bravura sarà nel sapere trovare la sintesi per assecondare gli obiettivi di tutti. Ma anche i tempi dovranno essere ragionevoli, senza tanti temporeggiamenti. Che di solito non giovano alla bontà degli obiettivi che si vogliono realizzare.

a/f