Non è la prima volta che succede, anzi, fino ad oggi è stata la regola. A parte alcune eccezioni. Eppure i cittadini vorrebbero più celerità nei processi giudiziari e soprattutto desidererebbero che chi ha commesso un reato – come ad esempio un furto in una casa – non venisse rilasciato con troppa leggerezza e con una semplice cauzione di 500 euro, anche perché, così facendo, gli stessi ladruncoli che si aggirano fuori e dentro San Marino sarebbero – e lo sono a tutti gli effetti – maggiormente incentivati a commettere reati come, appunto, furti, rapine e scippi.
Ed è così che è successo pochi giorni fa ad Andrei Vasilache, il secondo ladro arrestato il 2 marzo per furto in via Michele Bucci a Domagnano, il quale è stato rilasciato dal carcere dei Cappuccini di Città su cauzione di 500 euro.
L’uomo di nazionalità rumena era stato beccato dalla Gendarmeria assieme al complice, il quale è già uscito di prigione. Gli agenti lo hanno accompagnato al confine di Stato. Per il rumeno adesso è scattato il divieto di rientrare in Repubblica se non per essere processato.
La notizia ha fatto arrabbiare e non poco molti sammarinesi, in particolare i residenti del Castello di Serravalle, soprattutto quelli di Falciano, Dogana e Galazzano, che più di altri abitanti hanno e devono subire, essendo in prossimità del confine di Stato, furti, rapine e scippi.
Alcuni di loro hanno così commentato sul gruppo facebook “Abitanti di Falciano”, nato dall’esasperazione dei cittadini per i tanti, troppi furti commessi – la scarcerazione dell’uomo rumeno: “Altro incentivo a venire a rubare indisturbati. Venite che anche se ci prendono non ci fanno nulla”. E ancora: “Oltre al danno anche la beffa della cauzione pagata sicuramente con soldi rubati qui…. sai come se la ridono? Che schifo”. Un altro commento: “Rilasciato per 500 euro… ecco cosa succede se non si processa per direttissima”. E infine c’è anche chi considera questo fatto una vera e propria ingiustizia e non sa più cosa dire: “Sono senza parole”.
Ma il caso di Andrei Vasilache non è il primo e probabilmente non sarà l’ultimo. Non sono pochi i malviventi che prima del rumeno sono usciti di galera con una cauzione di 500 euro. Un altro caso simile avvenne infatti l’estate scorsa quando ad essere rilasciati sempre con una cauzione di 500 euro furono due uomini sempre di nazionalità rumena. In quell’occasione, non parlando loro italiano, fu necessario anche l’aiuto di un interprete, il quale per il lavoro svolto durante i colloqui con l’inquirente, ricevette una bella cifra, praticamente superiore alla stessa cauzione. Insomma, anche in questo caso, oltre al danno anche la beffa. Ciò, dunque, che fa più imbufalire i sammarinesi è la mancanza sul Titano del cosiddetto processo per direttissima.
Un caso invece simile proprio al processo per direttissima avvenne nei confronti del cittadino albanese Bari Bega. L’uomo, arrestato a fine novembre, venne condannato tramite un rinvio a giudizio lampo, ad un anno di prigionia, ad una multa di 500 euro, al pagamento delle spese del procedimento e delle spese legali della parte civile e al risarcimento del danno allo Stato da quantificarsi in sede civile. Il pro Fiscale Giovanni Belluzzi aveva chiesto una condanna a 3 anni di prigionia. L’albanese era stato catturato, a conclusione di un rocambolesco inseguimento, subito dopo il furto in una abitazione di Acquaviva. Durante la deposizione, di fronte al giudice Roberto Battaglino, l’imputato ha rivelato che insieme a lui quella sera c’era il suo connazionale Vena Sena, sfuggito alla cattura delle forze dell’ordine. Bari Bega era accusato anche del furto nell’abitazione di Andrej Ceccoli, avvenuto lo scorso 1° luglio. In quell’occasione vennero sottratti 37.500 euro in contanti, gioielli, orologi preziosi e monete d’oro. Per attribuire a Bega anche questo capo di imputazione la gendarmeria si è avvalsa, nelle indagini, della collaborazione dei Ris di Parma. Nell’auto rubata, che secondo l’accusa fu utilizzata per la fuga dopo il furto a casa Ceccoli, vennero infatti rilevate le impronte digitali di Bega. La difesa dell’albanese, che aveva chiesto l’assoluzione o la condanna ad un anno, ha preannunciato il ricorso in appello. Secondo gli avvocati Luca Della Balda e Umberto De Gregorio non può infatti essere attribuito a Bega il furto a casa Ceccoli, sulla base delle impronte digitali trovate su un’auto che – affermano i due legali – non è certo sia stata proprio quella utilizzata dai ladri per la fuga.
L’appello per Bega è stato fissato l’11 maggio, qualche giorno dopo avrà luogo invece il ricorso in terza istanza.
Francesco De Luigi, La Tribuna