SAN MARINO. INCHIESTA di GiornaleSM SULLA RIFORMA IGR 2025. Capitolo 2 bis – Gli emendamenti che cambiano la riforma, la nuova SMaC, il bonus protezione reddito, il TFR e tutte le altre novità

La riforma tributaria del 2025, così come era stata annunciata, sembrava già un pacchetto chiuso e confezionato.

Il Segretario alle Finanze Marco Gatti aveva presentato il nuovo impianto come una svolta: niente più deduzioni, solo detrazioni, con la SMaC card come strumento centrale per costruire un fisco più moderno ed equo.
Ma, come succede spesso nella politica sammarinese, la storia non finisce mai con la prima bozza. Arrivano le discussioni, le pressioni dei sindacati, quelli dei datori di lavoro, i rilievi dell’opposizione, le trattative sotterranee.

E alla fine, venerdì scorso, sono comparsi gli emendamenti, annunciati in conferenza stampa. Non piccoli ritocchi di forma, ma modifiche sostanziali che hanno ridisegnato diversi punti della riforma.

Per capire l’impatto reale di questi cambiamenti bisogna partire dal cuore della questione: la SMaC card. Per anni è stata una compagna fedele della vita quotidiana dei sammarinesi. All’inizio la si guardava quasi come una carta fedeltà, una tessera che dava piccoli vantaggi ai consumatori e spingeva a fare acquisti in territorio. Col tempo, però, è diventata molto di più: una leva fiscale.

Ogni spesa tracciata con SMaC poteva essere usata come deduzione, cioè come abbattimento del reddito imponibile. E questa possibilità ha inciso davvero sulle abitudini di famiglie e lavoratori.

Con la riforma 2025, prima degli emendamenti, la musica era cambiata: non più deduzione, ma detrazione. Questo già da solo era un cambiamento di grande portata, che ho spiegato nel capitolo precedente con esempi chiari. Ma gli emendamenti lo hanno reso ancora più significativo, perché hanno toccato il cuore del meccanismo: la percentuale e il tetto massimo.

La SMaC dal 22% al 15%. Il testo originario parlava chiaro: la detrazione per le spese effettuate con SMaC sarebbe stata pari al 22%, fino a un massimo di 6.000 € di spese all’anno. Tradotto in pratica: ogni contribuente avrebbe potuto ricevere uno sconto massimo sulle imposte di 1.320 €.

Non era poco, anzi. Era un beneficio consistente, uguale per tutti, indipendentemente dal reddito. Certo, per arrivare al massimo bisognava spendere 6.000 € sul Titano, ma per una famiglia media, tra spesa alimentare, carburante, abbigliamento, qualche cena, non era impossibile.

Con gli emendamenti di venerdì, però, la percentuale scende al 15%. Significa che, a parità di spesa, il massimo beneficio scende a 900 €. Una differenza netta: 420 € in meno.

Facciamo un esempio semplice, che aiuta a visualizzare meglio.

Immaginiamo la famiglia Rossi: marito, moglie, due figli. Ogni anno, tra spesa al supermercato, benzina, vestiti, qualche uscita, riescono a spendere con la SMaC quei 6.000 € tondi.

  • Prima degli emendamenti: detrazione di 1.320 €.
  • Dopo gli emendamenti: detrazione di 900 €.

La differenza è secca: 420 € in più di tasse a fine anno.

Ecco perché la notizia della riduzione al 15% ha fatto subito discutere. Sembrava che lo Stato volesse togliere con una mano quello che aveva dato con l’altra. Ma qui entra in scena l’altro protagonista della riforma corretta: il bonus protezione reddito.

Il bonus protezione reddito. Il governo, consapevole che un taglio così netto avrebbe fatto infuriare soprattutto i redditi bassi e medio-bassi, ha deciso di inserire un correttivo. Lo hanno chiamato bonus protezione reddito: un nome che dice già tutto.

Questo bonus non dipende dalla SMaC, ma viene assegnato direttamente in base al reddito. È un’aggiunta che serve a compensare, almeno in parte, la riduzione dal 22% al 15%.

Ecco come funziona:

  • 500 € per chi ha un reddito fino a 15.000 €;
  • 400 € per chi guadagna tra 15.000 e 30.000 €;
  • dai 30.000 € in su il bonus cala progressivamente, fino ad azzerarsi per i redditi oltre gli 80.000 €.

Facciamo subito degli esempi, perché i numeri parlano più delle tabelle.

  • Lucia, pensionata con 12.000 € l’anno:
    Con la nuova SMaC otterrebbe 900 €. Ma con il bonus di 500 € arriva a 1.400 € di vantaggio complessivo. Risultato: addirittura meglio rispetto al vecchio sistema da 1.320 €.
  • Mario, impiegato con 20.000 € l’anno:
    Con la SMaC prende 900 €, più 400 € di bonus: totale 1.300 €. Risultato: praticamente invariato rispetto al sistema del 22%.
  • Anna, insegnante con 35.000 €:
    Per lei niente bonus, solo 900 € di SMaC. Risultato: 420 € in meno rispetto a prima.
  • Gianni, dirigente con 100.000 €:
    Stesso discorso: solo 900 €, contro i 1.320 € iniziali. Perdita secca.

La logica è chiara: i redditi bassi sono protetti, i medio-bassi quasi del tutto salvati, il ceto medio resta penalizzato e i redditi alti pagano di più. È il cuore della progressività fiscale.

E questa volta non lo dico io, ma i numeri ufficiali della Segreteria Finanze ed il testo degli emendamenti. Le tabelle diffuse spiegano esattamente questo meccanismo.

I casi concreti: residenti e variazioni. Guardiamo cosa succederà, dal 2026, a seconda del reddito.

  • Con 15.600 € di reddito annuo (circa 1.200 € al mese, tredici mensilità + TFR), il contribuente residente risparmierà circa 20 € al mese rispetto a oggi. Sì, avete capito bene: pagherà meno tasse.
  • Con 19.500 € di reddito annuo (1.500 € al mese), il risparmio sarà di circa 10 € al mese.
  • Con 26.000 € di reddito: aumento di 10 € al mese.
  • Con 39.000 €: aumento di 35 € al mese.
  • Con 50.000 €: aumento di 70 € al mese.
  • Con 70.000–110.000 €: aumento tra 115 e 180 € al mese.

Ecco la fotografia del sistema: chi guadagna meno non solo non perde nulla, ma guadagna, chi guadagna tanto paga di più, chi sta nel mezzo paga un po’ di più ma in misura contenuta.

Residenti e frontalieri, differenze. Gli emendamenti hanno introdotto una distinzione molto chiara: il bonus protezione reddito è riservato solo ai residenti. I frontalieri, cioè chi lavora a San Marino ma vive in Italia, avranno diritto solo alla detrazione SMaC del 15%, massimo 900 €.

Perché questa differenza? Il governo ha spiegato che i frontalieri già oggi beneficiano di un reddito più alto rispetto a quello che prenderebbero in Italia, e non partecipano pienamente alla vita economica e sociale del Titano. Quindi, i sostegni mirati restano ai cittadini sammarinesi.

Anche qui, gli esempi aiutano:

  • Mario, residente con 25.000 € di reddito: SMaC 900 € + bonus 400 € = totale 1.300 €.
  • Giuseppe, frontaliere con lo stesso reddito: solo 900 €. Differenza: 400 €.

Eppure, Gatti ha insistito: “Per i frontalieri resta comunque conveniente”.

Capiamo assieme il perché?

Per capirlo bisogna guardare al passato. Prima della riforma, la deduzione massima era di 9.000 € dal reddito. Ma in realtà pochissimi frontalieri riuscivano a sfruttarla davvero: vivendo fuori territorio, spendevano molto meno a San Marino, spesso 2.000–3.000 € l’anno. Quindi il vantaggio era più teorico che reale.

Con il nuovo sistema, invece, basta spendere 6.000 € per avere il massimo, ed ogni euro speso genera il 15% di detrazione. Soldi che non si pagano in tasse, Ogni 100 euro spesi a San Marino, e certificati dalla SMaC, lo Stato di San Marino ti fa uno sconto di 15 euro dalle tasse: un assegno sicuro ad ogni spesa e non è poco!

È un meccanismo più semplice e lineare, più alla portata. In questo senso, per i frontalieri la riforma non peggiora davvero le cose rispetto all’attuale sistema fiscale, anzi la migliora.

La franchigia italiana di 7.500 €. C’è poi un aspetto che non bisogna dimenticare: la tassazione in Italia. I frontalieri devono dichiarare i redditi a casa loro, ma godono di una franchigia di 7.500 €. Significa che quella quota non viene tassata.

Un esempio:

  • Roberto, frontaliere con 30.000 € di reddito: in Italia dichiara 22.500 €. Su quella cifra pagherebbe circa 5.000 € di IRPEF, ma siccome a San Marino ha già versato più o meno lo stesso importo, in Italia non paga nulla.
  • Stefania, con 50.000 € di reddito: imponibile in Italia 42.500 €, IRPEF circa 11.000 €. A San Marino ne paga 9.000, quindi deve aggiungere 2.000 in Italia.

È per questo che Gatti parla di convenienza: nella maggior parte dei casi, la combinazione di franchigia e credito d’imposta fa sì che i frontalieri non paghino di più in Italia.

Il TFR annuale. Un’altra modifica importante riguarda il TFR, cioè il trattamento di fine rapporto. A differenza dell’Italia, dove il TFR si riceve solo a fine carriera, a San Marino il TFR è pagato ogni anno, come una mensilità extra, circa. Per tanti lavoratori è un’entrata preziosa, che arriva a metà dell’anno, circa, e viene usata per spese importanti: il mutuo, le bollette, le vacanze, o semplicemente per mettere qualcosa da parte.

Finora il TFR godeva di una tassazione agevolata. Con la riforma, dal 2026, la tassazione crescerà gradualmente.

Esempio:

  • Oggi, su un TFR di 2.000 €, si pagano circa 200 €.
  • Dal 2026 si pagheranno circa 240 €.
  • Dal 2029 si salirà a 300 €.

Non è una rivoluzione, ma significa che anche questa voce di reddito sarà chiamata a contribuire un po’ di più alla stabilità del bilancio.

Le micro-deduzioni sociali. Gli emendamenti hanno portato anche buona notizia. Sono state introdotte delle piccole agevolazioni mirate alla vita quotidiana delle famiglie. Le chiamano micro-deduzioni sociali.

Ecco qualche esempio:

  • 250 € per spese veterinarie;
  • 300 € per pannolini e latte artificiale;
  • 4.000 € per baby-sitter;
  • 1.600 € per cure odontoiatriche.

Possono sembrare cifre minori, ma in realtà hanno un impatto diretto. La famiglia Bianchi con un cane che spende 600 € dal veterinario recupera 250 €. La famiglia Rossi con due gemelli che spendono 500 € in pannolini recupera 300 €. La famiglia Verdi con un figlio che ha bisogno dell’apparecchio dentale recupera 1.600 € su 2.000 spesi.

Sono misure simboliche, certo, ma danno un segnale politico chiaro: lo Stato non guarda solo ai grandi numeri, ma anche alle esigenze concrete delle famiglie.

Le imprese e gli altri interventi. La riforma non tocca solo i lavoratori e le famiglie. Anche le imprese sono coinvolte, con un contributo temporaneo: un’addizionale dell’1% sull’IGR per cinque anni, che dovrebbe garantire 5 milioni di euro l’anno. È un gesto di solidarietà chiesto al mondo produttivo, in nome della stabilità generale.

Poi ci sono le modifiche sugli interessi dei conti correnti (tassati dal 11% al 13%), sulle obbligazioni (+1%), sui leasing immobiliari (deducibili solo se durano almeno 12 anni). E c’è un meccanismo di gradualità, che rende più digeribile la transizione: rendite catastali tassate al 100% nel 2026, al 75% nel 2027, al 50% nel 2028, al 25% nel 2029.

Gli emendamenti alla riforma tributaria 2025 hanno cambiato in modo profondo il senso del progetto originario. La SMaC al 15% sembrava un colpo secco, ma il bonus protezione reddito ha corretto la rotta, proteggendo i redditi bassi e medio-bassi. Le tabelle ufficiali mostrano che, dal 2026, molti cittadini pagheranno uguale o addirittura meno. I redditi alti, invece, dovranno fare la loro parte con contributi maggiori.

I frontalieri non hanno accesso al bonus, ma il nuovo sistema per loro è più lineare e, nel complesso, resta competitivo rispetto all’Italia. Il TFR sarà un po’ più tassato, ma resta un’entrata annuale importante. Le micro-deduzioni sociali danno un piccolo respiro alle famiglie. Le imprese partecipano con un contributo straordinario.

È una riforma più complessa, più sfaccettata, che cerca di bilanciare equità, sostenibilità e crescita. Non è perfetta, e non può essere piacevole come tutte le riforme fiscali, ma rappresenta un passo avanti: un fisco che chiede di più a chi ha di più, e tutela chi ha meno ed ho dimostrato perchè.

Spero di essere stato abbastanza chiaro anche se la materia è molto ostica e difficile da comprendere ai non addetti ai lavori, come gran parte di noi.

Cordialità,

Marco Severinidirettore GiornaleSM