A volte basta un articolo. Una sola pubblicazione, se fatta nel momento giusto, con le parole giuste, può cambiare l’equilibrio delle cose. Quello che è accaduto con la nostra inchiesta sul presunto killer dei cani, Giorgio Cellarosi, ha superato ogni previsione.
Il titolo era già di per sé un atto d’accusa:
Ma non è stata una provocazione. È stata una domanda legittima, costruita su fatti, voci raccolte negli anni, segnalazioni rimaste inascoltate. E quel che è successo dopo ha dimostrato una verità semplice: i cittadini sapevano. E aspettavano solo qualcuno che lo scrivesse.
Nel giro di poche ore, l’articolo è diventato virale. Migliaia di accessi, condivisioni, commenti. Una partecipazione che si vede solo per un tema di grande impatto locale. Ma questa volta non si trattava solo di politica o attualità: si trattava di dignità. Di coscienza. Di giustizia, quella che non si è avuta in questi 15 anni.
Perché non stiamo parlando di un sospetto qualsiasi. Il nome di Giorgio Cellarosi circolava da anni tra chi aveva perso un cane, chi aveva trovato carcasse, chi aveva visto ma non aveva parlato. E accanto a questo nome, sempre più spesso, ne comparivano altri. Quelli che lo frequentavano. Che lo elogiavano. Che lo difendevano. Che mangiavano alla sua tavola. Gente che tutti conosciamo e talvolta ci hanno chiesto anche il voto, e che forse alcuni tra i cittadini che ora stanno giustamente protestando li hanno anche votati.
E oggi, leggendo i numerosissimi commenti sotto il nostro articolo una cosa emerge con chiarezza: la gente non vuole più tacere.
Chi ha letto i post su Facebook ha assistito a uno sfogo collettivo. Ma non uno sfogo isterico, uno sfogo consapevole, lucido, profondamente indignato.
C’è chi ha parlato del proprio cane avvelenato, chi delle “cene tru crime”, chi degli imbarazzanti silenzi istituzionali.
C’è chi ha scritto: “Io voterò solo chi lo manderà in galera”, e chi ha aggiunto: “Sono quelli che votate da trent’anni e voterete ancora”.
C’è chi ha chiesto: “Non vi vergognate?”, e chi ha ricordato: “La Repubblica più antica del mondo merita verità”.
E poi c’è la frase che, più di tutte, è rimbalzata tra i commenti:
“Chi tace, acconsente.”
Questa volta, però, a tacere non sono i cittadini. Sono i politici. E questo silenzio dice più di mille insulsi e noiosi comunicati stampa.
Sappiamo tutti che Cellarosi, da solo, non avrebbe potuto durare tanto. Non si resta impuniti per quasi 15 anni in un Paese piccolo come San Marino senza una rete di protezione, senza “agganci”, senza chi ti spiana la strada o ti toglie dai guai. Lo sappiamo. E lo sanno anche quelli che oggi stanno zitti.
Chi sono? Quali Segretari di Stato, ex Consiglieri, dirigenti pubblici o amministratori locali hanno partecipato a quelle cene? Chi ha chiuso gli occhi? Chi ha scelto di non denunciare? Chi ha addirittura beneficiato – direttamente o indirettamente – di quel sistema?
Quello che è emerso in questi ultimi tempi va oltre il singolo caso. Ci parla di un sistema malato, dove chi ha potere può fare tutto, mentre il cittadino onesto viene deriso, ignorato, accusato persino di esagerare se non peggio.
Ci parla di un Paese dove la protezione politica vale più della verità, dove i rapporti personali contano più della giustizia, dove una vita – anche quella di un animale – vale poco, se a toglierla è uno “intoccabile”.
Eppure, qualcosa si è rotto, la voce dei cittadini è più forte di quella delle stanze putride del potere. Quegli stessi cittadini che li hanno votati ora possono realmente tirarli giù dal loro trono dorato.
Ora è il momento delle risposte. E non basta che le diano i magistrati. Le deve dare anche la politica, quella seria e che non ha mai avuto a che fare con Cellarosi. Non possiamo più tollerare il silenzio. Non possiamo più accettare che, in un Paese di 35.000 anime, non si sappia chi proteggeva chi. Noi continueremo. A scrivere. A chiedere. A pubblicare. Perché questa inchiesta non si chiude finché non sarà fatta chiarezza.
Chi ha visto, parli. Chi sa, si esponga. E chi ha sbagliato, paghi.
Perché, come hanno scritto in molti:
“Questa volta non ci accontenteremo delle briciole. Vogliamo la verità. Tutta.”
Ed il nome di quei politici, segretari di partito e di stato che hanno gozzovigliato con Cellarosi, il presunto killer dei cani, mentre quegli stessi cani, i nostri fedeli amici agonizzavano e morivano tra fortissimi dolori.
Tutto questo è ripugnante e bisogna andare fino in fondo.
Marco Severini – direttore GiornaleSM