L’inflazione morde, a ottobre sfiora il 12 per cento, trascinata dal costo delle energie e da tutti i rincari che ne sono conseguiti. La BCE, a fine ottobre risponde con il rialzo dei tassi di interesse di 75 punti base. Succede per la terza volta consecutiva, in controtendenza rispetto all’orientamento accomodante della politica monetaria fin qui perseguita.
Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da una crescita dei prezzi piuttosto bassa. Addirittura il timore dei Banchieri Centrali era di assistere ad una riduzione dei prezzi (deflazione) che avrebbe portato ad un’implosione della domanda. Gli stimoli monetari inoculati nel sistema finanziario per fronteggiare la crisi da COVID-19, tuttavia, hanno avuto un impatto sulla richiesta di beni e servizi.
Finita la crisi, infatti, la richiesta di materie prime è notevolmente aumentata. Inoltre, sebbene il PIL globale fosse in crescita, le difficoltà nel ripristino delle catene di approvvigionamento hanno fatto crescere i prezzi. Ciò ha costretto le Banche Centrali ad adottare un orientamento restrittivo di politica monetaria.
Significa che le banche private nell’area euro, dopo questa decisione, devono corrispondere un tasso pari al 2% quando assumono prestiti dalla BCE. Ovvero, le banche ora pagano lo 0,75% in più rispetto a ieri; fino a ieri invece il tasso era fissato all’1,25%. Questo nuovo tasso, fissato al 2%, è il più importante dei tre tassi della BCE ed è il cosiddetto tasso di rifinanziamento principale. Spiegano che la decisione è in linea con le aspettative del mercato.
La mossa della BCE non è isolata, dato che l’aumento dell’inflazione è un fenomeno globale. Sono molte le Banche Centrali che stanno aumentando i tassi di interesse per contrastare la crescita dei prezzi.
Le Banche centrali devono agire con indipendenza dai governi e questo va sottolineato. Lo strumento principe per frenare l’inflazione è attualmente soltanto uno: il rialzo dei tassi. Se si vuole un “carrello della spesa” meno costoso, si deve agire aumentando i tassi di interesse, con buona pace di qualche critico. Che comunque non manca.
I tassi più alti sono considerati nelle teorie economiche capitalistiche strumenti potenti per combattere l’aumento dei prezzi. Essi rendono più costoso un prestito, il che pesa sulla domanda dei consumatori e sull’espansione delle imprese, raffreddando a sua volta la crescita economica e rallentando le assunzioni. Questa combinazione può tradursi in una crescita salariale più debole per le famiglie e in un minore potere di determinazione dei prezzi per le imprese, finendo per far scendere l’inflazione.
Ma è stato subito controversia tra governi europei e Bce su questa manovra, che può aggravare la recessione. Meloni (Italia), Macron (Francia), Marin (Finlandia) e Costa (Portogallo) si sono schierati contro strette eccessive: temono l’impatto sulla domanda e sul credito. Ma non sono stati ascoltati: è in arrivo un altro maxi-rialzo della banca centrale
La presidente dell’Eurotower infatti ha ribadito: “Il nostro mandato è la stabilità dei prezzi. I tassi di inflazione elevati sono più dannosi per la società perché rendono tutti più poveri”.
Molto sinteticamente, la BCE punta a un tasso di interesse che consenta di raggiungere l’obiettivo di inflazione a medio termine del 2%. Che è chiaro ed auspicabile, ma apparentemente molto lontano. Di qui l’ipotesi di ulteriori aumenti dei tassi in futuro. Un numero non è stato ancora annunciato perché comunque la BCE punta sempre alla forward guidance (guida in avanti) nell’attuale contesto di grande incertezza. Si deciderà il percorso futuro e il ritmo degli aumenti dei tassi riunione per riunione.
Tempi duri dunque per chi ha mutui a tasso variabile, per le piccole imprese che hanno bisogno di finanziamenti bancari (soprattutto in questo momento), per artigiani e commercianti che hanno bisogno di liquidità, e in generale un po’ per tutti. A San Marino l’argomento non è stato toccato da nessuna voce istituzionale, eppure le banche locali hanno subito provveduto all’aumento dei tassi, che erano già altissimi, e che con la nuova correzione sono diventati appena inferiori al tasso di usura.
Tutto questo fa il gioco dei poteri forti e non aiuta certo le classi medie. BCSM non può fare nulla? Non può confrontarsi con la Segreteria Finanze, con l’Industria e quant’altro possa essere utile ad attivare una politica finanziaria più a misura di Paese e di cittadini?
a/f