Non si sta facendo evidentemente abbastanza per contrastare l’hate speech. E ancora meno per la violenza di genere che, si badi bene, è anche verbale. Quando si vuole insultare una donna, si può attingere ad un ricco catalogo di luoghi comuni, sempre i soliti, ma non per questo meno squalificanti – soprattutto per chi li proferisce – e gravi. La poca fantasia che accompagna patetici insulti, denota spesso e volentieri il quoziente intellettivo di chi pensa in questo modo di affermare la propria superiorità sull’altro. Alla base di certi attacchi e frasi fatte vi è invece un grave complesso di inferiorità rispetto al proprio interlocutore. Ma la pena che lecitamente si prova per taluni individui, non può e non deve essere una giustificazione per accettare apprezzamenti sessisti. Lascia così interdetti che un professore universitario abbia apostrofato l’onorevole Giorgia Meloni con epiteti che personalmente non ripeterò. Primo perché non voglio rendermi partecipe nel reiterarli. Secondo perché il campionario di bestiario, come spiegavo qualche riga sopra, è sempre il medesimo. Alla Meloni è arrivata anche la solidarietà del capo dello Stato Mattarella, il quale ha messo un punto fermo sul quale sia il limite invalicabile in una democrazia. E in questo caso non si può più parlare, ovviamente, di critica, ma si passa alla vera e propria violenza. A Mattarella si è accodato immediatamente il premier Draghi. A seguito delle veementi polemiche che sono scoppiate per la ignobile vicenda, si registra la replica del “prof” che ha chiesto scusa “per avere usato delle parole sbagliate”. C’è poco da aggiungere, personalmente penso che quanto successo sia incompatibile con l’insegnamento, anche perché non so cosa possa insegnare un figuro del genere ai suoi studenti. Il timore è che come accade troppe volte in Italia, dalla indignazione del momento, il tutto finisca a tarallucci e vino. Mi auguro di sbagliare e sarebbe auspicabile che qualcuno cominciasse ad assumersi la responsabilità di quello che dice. E se questo è ciò che passa il mondo accademico, difficilmente potremo fare passi avanti in una battaglia tutta culturale. Peraltro simili episodi diventano sempre più frequenti. Solo qualche tempo fa Melania Trump è stata bersaglio di insulti sessisti analoghi, con conseguente allontanamento del personaggio che si è permesso di lanciarli dalle trasmissioni del servizio pubblico. Ecco: dalla Rai è arrivato un esempio di ciò che calzerebbe a pennello. Bene, benissimo dissociarsi da certe persone e parole. Ma poi devono seguire atti concreti. Come ha agito la Rai, allo stesso modo dovrebbe muoversi l’Ateneo cacciando a pedate nel sedere il suo “professore”, il quale passerebbe dal farla, a impararla per davvero la lezione…
David Oddone